Dopo la celebrazione del disgelo, già scricchiola la tregua olimpica. Kim annulla un evento congiunto e convoca una parata militare alla vigilia dell’inaugurazione. Moon paga nei sondaggi l’apertura. Riaffiora così la paura di Giochi minacciati dai missili
Dopo la celebrazione della rinnovata vicinanza tra Corea del Nord e Corea del Sud per le Olimpiadi invernali – ormai prossime all’inaugurazione il 9 febbraio – si era specificato che eventuali passi in avanti anche sotto altri profili – politico, militare e diplomatico – non andavano certo dati per scontato. Lo stesso presidente sud coreano Moon Jae-in aveva lasciato intendere che i tempi ancora non erano maturi, quanto meno non prima della conclusione dei Giochi.
Insomma, l’incontro del 9 gennaio a Panmunjom, il “Villaggio della Pace”, che aveva stabilito la possibilità da parte di Pyongyang di partecipare ai Giochi, di vedere sfilare tutti gli atleti sotto un’unica bandiera e di creare una squadra mista per quanto riguarda l’hockey femminile, era da considerarsi un segnale positivo ma non certo risolutivo.
Non a caso, negli ultimi giorni i segnali che sono arrivati – specie dalla Corea del Nord – non invitano all’ottimismo. In primo luogo Pyongyang ha fatto sapere di avere annullato, senza alcun preavviso, un evento culturale congiunto con la Corea del Sud che si sarebbe dovuto svolgere il 4 febbraio presso il Monte Kumang, nel territorio nordcoreano. Ad annunciarlo è stato il il ministero dell’Unificazione sudcoreano: Pyongyang avrebbe sostenuto di aver annullato tutto a causa del comportamento “prevenuto” dei media sudcoreani, che avrebbero incoraggiato l’opinione pubblica del Paese ad atteggiamenti ed esternazioni ritenute offensive nei confronti del Nord.
Pyongyang, dunque, si sarebbe vista costretta a rinunciare alla manifestazione, nonostante avesse profuso sforzi per creare un’atmosfera conciliante. Va infatti dato atto alla Corea del Nord di avere invitato – nei giorni scorsi e attraverso i media di Stato – i propri cittadini a ragionare in termini di unificazione, di vedere l’evento olimpico come un’occasione importante per il futuro di una Corea riappacificata.
La decisione del rinvio dell’evento congiunto, oltre a gettare una luce sinistra su questo attuale processo di riavvicinamento, ha un suo fondamento: se infatti il presidente Moon Jae-in, figlio di coreani del Nord, aveva detto in campagna elettorale che la sua speranza era di vedere unificata la Corea e di poter tornare mano nella mano con la madre nei suoi luoghi d’origine, in realtà dalle parti di Seul questa politica così aperta nei confronti del Nord non ha trovato un supporto unanime.
Mentre tra la popolazione più anziana del Sud l’unificazione viene ancora vista come un risultato da raggiungere, agognato, perché la divisione viene letta come un’ingiustizia patita da troppo tempo dalla popolazione coreana, tra i giovani, stando a sondaggi pubblicati in questi giorni dai media sud coreani, la Corea del Nord viene invece vista come qualcosa di distante, di diverso e tutto sommato come un Paese da cui va bene mantenere una distanza – quasi tutti i giovani sentiti dai media specificano di non volere “pagare” l’arretratezza del Nord -. Anche per questo i sondaggi danno la popolarità di Moon Jae-in in calo di almeno sei punti rispetto alle scorse settimane. I media di Seul, inoltre, non avrebbero granché gradito la decisione di schierare una squadra unica di hockey su ghiaccio femminile.
Appare quindi in qualche modo giustificabile la decisione di annullamento dell’evento congiunto da parte di Pyongyang, che in ogni caso era passata sopra a decisioni forse più offensive, come ad esempio la scelta di scrivere in maiuscolo la “c” di PyeongChang – luogo che ospiterà le Olimpiadi – per paura che potesse confondersi con la capitale del Nord. Non si può dire la stessa cosa della decisione di svolgere proprio l’8 febbraio – il giorno prima dell’inizio dei giochi olimpici – una maestosa parata militare per celebrare le proprie forze armate.
In questo caso saremmo davvero di fronte a un provocazione, dato che solitamente quell’anniversario viene celebrato in altra data, ovvero il 25 aprile. A confermare questa possibilità sarebbero le immagini satellitari esaminate dall’intelligence sudcoreana. Si vedrebbero militari in marcia e colonne di veicoli militari mobilitati verso Pyongyang. Il capo di stato maggiore delle forze armate sudcoreane – non a caso – ha sottolineato alla stampa nazionale che in passato Pyongyang non ha mai organizzato eventi militari l’8 febbraio.
E per dare ancora più incertezza a questo processo di pace, non potevano mancare gli Stati Uniti. Mike Pompeo, direttore della Cia, in un’intervista alla Bbc di alcuni giorni fa, ha specificato che la Corea del Nord «potrebbe avere un missile nucleare in grado di colpire gli Stati Uniti». Un argomento di cui, secondo Pompeo, la Cia discuterebbe quotidianamente.
@simopieranni
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