Nemmeno sul calcio il nostro Paese riesce a prendere una decisione netta. Pareri vincolanti e indecisioni ministeriali tengono tutti fermi
I bambini giocano a calcio per le strade di Roma, Italia, 23 aprile 2020. REUTERS/Alberto Lingria
Mentre la Lega calcio in Italia chiede a gran voce che si torni a giocare, la Germania è il primo Paese europeo che riparte: la Bundesliga a maggio torna in campo! La Cancelliera Angela Merkel ha dato il via libera “purché tutto avvenga in sicurezza”!
A fine maggio, dovrebbero ricominciare a giocare anche in Portogallo e Serbia, seguiti da Croazia (6 giugno) e Turchia (12 giugno), poi Ucraina e Russia. Una data indicativa, salvo contrordini, c’è anche per Spagna e Inghilterra. La Liga potrebbe ripartire tra il 15 e il 29 giugno, la premier League potrebbe riprendere da lunedì 8 giugno, anche se ancora non c’è accordo fra tutti i club in tal senso. Olanda e Francia, che ha assegnato il titolo al Paris Saint-Germain, hanno chiuso i battenti in via definitiva, il Belgio decide a metà mese.
In Italia, invece, si discute ancora su come far ripartire gli allenamenti (non basta il sì del Governo, ma serve anche il parere positivo del comitato tecnico scientifico!), senza una data concordata per tornare a giocare. “È impossibile dare una data certa: dobbiamo almeno verificare la curva dei contagi delle prossime due settimane”, ha dichiarato il Ministro per le politiche giovanili e lo sport Vincenzo Spadafora.
In Italia, il calcio dà lavoro a più di 300mila persone, generando l’1% del Pil nazionale e il 12% del Pil del calcio mondiale. La Serie A, da sola, produce ogni anno circa 3 miliardi di euro di ricavi totali, genera un indotto di 8 miliardi a beneficio dell’intera piramide calcistica, oltre a una contribuzione fiscale e previdenziale di 1 miliardo di euro, si legge in una nota della Lega Serie A. Soldi con i quali vive anche il resto dello sport italiano, che incassa i contributi annuali grazie soprattutto all’indotto calcio.
Prolungare il lockdown rischia di far collassare un settore importante per la nostra economia, che non dà lavoro solo a pochi giocatori miliardari. Negli ultimi anni, la crescita del valore della produzione del mondo calcistico è stata di gran lunga superiore a quella dell’intero sistema Italia. Se continueremo a rimanere immobili, ritardando la ripartenza di attività produttive (come il calcio, tante altri settori sono in attesa di giudizio…), milioni di italiani perderanno il posto di lavoro e con esso la dignità di vivere.
La sicurezza sanitaria è stata declinata in modi molto diversi nel mondo: non ci sono solo i fallimenti inglesi o americani (costretti poi al lockdown), ma anche gli esempi virtuosi di Taiwan o della Svezia, che non hanno mai chiuso il Paese, ma richiesto e ottenuto grande senso di responsabilità individuale.
La politica non può pensare di abdicare ai tecnici decisioni che solo chi ha la responsabilità istituzionale può prendere. Vanno infatti contemperate esigenze di salute con bisogni sociali e altri diritti fondamentali. Un politico sa di cosa parliamo, un medico, con tutto il rispetto, no.
Nemmeno sul calcio il nostro Paese riesce a prendere una decisione netta. Pareri vincolanti e indecisioni ministeriali tengono tutti fermi
I bambini giocano a calcio per le strade di Roma, Italia, 23 aprile 2020. REUTERS/Alberto Lingria
Mentre la Lega calcio in Italia chiede a gran voce che si torni a giocare, la Germania è il primo Paese europeo che riparte: la Bundesliga a maggio torna in campo! La Cancelliera Angela Merkel ha dato il via libera “purché tutto avvenga in sicurezza”!
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