Cosa ci facevano dei fucilieri di Marina a protezione di una nave civile? Facevano parte di una missione internazionale della Nato o dell’Onu? Un po’ di chiarimenti di piccoli dettagli che, a livello legale e di opinione pubblica, fanno la differenza.

Un altro punto molto fumoso sul quale si ha gioco facile a creare confusione è lo status dei marò a bordo di imbarcazioni civili, come nel caso dell’Enrica Lexie. Inserendo l’incidente, e il seguente arresto di Latorre e Girone, all’interno della lotta alla pirateria internazionale, l’impressione è che l’India – cercando di perseguire per legge l’operato dei due fucilieri – stia contrastando gli sforzi internazionali della Nato e dell’Onu a contrasto della pirateria, mettendo automaticamente a repentaglio l’immunità di tutti i nostri soldati impegnati in missioni internazionali.
L’Italia, con la Marina Militare, partecipa attivamente – da anni – a due operazioni internazionali di contrasto alla pirateria: Atalanta, dell’Unione Europea, e Ocean Shield, della Nato. Entrambe le operazioni si concentrano in un’attività dissuasiva e di monitoraggio del Mar Rosso e del golfo di Aden, al largo della Somalia, dove il rischio pirateria è maggiore. I militari, a bordo di navi da guerra, scortano i cargo di passaggio e pattugliano le acque limitrofe.
Come si legge sul portale della Marina Militare:
Il suo [dell’operazione Atalanta, ndr] mandato consiste nel proteggere le navi mercantili che transitano da e per il Mar Rosso ed inoltre svolge attività di scorta alle navi mercantili del Programma Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite, incaricate di consegnare aiuti alimentari in Somalia.
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La Marina Militare partecipa all’Operazione Ocean Shield con unità navali inserite nella forza navale SNMG1 o SNMG2.
Quindi l’Italia, quando partecipa come nazione alle operazioni internazionali di contrasto alla pirateria, lo fa con e su delle navi da guerra.
I marò a bordo dell’Enrica Lexie, invece, tecnicamente non partecipavano a nessuna missione internazionale.
Nel 2011 il Ministero della Difesa e Confitarma, la Confederazione Italiana Armatori, hanno firmato un’intesa, seguita da una convenzione, che permetteva, agli armatori che ne facessero richiesta, di imbarcare dei Nuclei Militari di Protezione (Npm) formati da fucilieri di Marina, impiegati in servizio anti pirateria a difesa, quindi, di navi commerciali italiane, ma private (nel caso specifico della Lexie, di proprietà dell’armatore Fratelli D’Amico).
La protezione delle attività commerciali su navi cargo italiane veniva quindi “appaltata” a personale militare pagato, secondo quanto sancito dall’addendum alla convenzione, 467 euro a testa per giorno di navigazione.
Questo, legalmente parlando, è il “peccato originale” commesso dall’Italia: aver esposto i propri militari in attività private che non rientrano in operazioni internazionali, non vengono condotte su mezzi militari e ricadono in una zona grigia del diritto in cui l’India ha potuto, a rigor di legge, non applicare l’immunità funzionale garantita al personale militare all’estero poiché difendere la merce e gli interessi di privati non dovrebbe essere il lavoro dei soldati, ma quello dei contractor.
Un unicum a livello internazionale molto pericoloso, come mi ha spiegato il security advisor Antonio De Felice, in un’intervista contenuta nel saggio I due marò – Tutto quello che non vi hanno detto.
Ad oggi [marzo 2013, ndr] nessun Paese occidentale consente a privati armati di salire a bordo. Le uniche bandiere che hanno varato una legge in tal senso sono Panama, Marshall Islands e Liberia, che da sole coprono però quasi il 75 per cento del tonnellaggio mondiale. In Europa, oltre all’Italia, gli unici Paesi che hanno accordato la presenza a bordo di Nuclei militari di protezione sono il Belgio e la Francia, ma imponendo condizioni di utilizzo molto ristrette. La Francia, ad esempio, utilizza soldati del proprio esercito solo per difendere pescherecci che operano nelle acque vicino Mahé, ex colonia francese nei pressi di Pondicherry, in India sud orientale. In tal senso anche il peschereccio italiano Torre Giulia, di proprietà Iat di Bari (Industria Alimentare Tonniera) e associato a Federpesc, ha ammainato la bandiera italiana a favore di quella Francese.
Un discorso a parte deve essere fatto per la Spagna che ha modificato con un Regio Decreto il proprio Testo di Pubblica Sicurezza introducendo la possibilità per i privati autorizzati dal Governo spagnolo di imbarcarsi con armi e materiali; tuttavia la norma studiata anch’essa per la flotta (due imbarcazioni…) di pescherecci che incrociano nell’oceano Indiano non è mai stata presa in considerazione da alcun armatore rendendo di fatto la norma inutile.
Ricapitolando: i contractor possono salire su navi battenti bandiera panamense, liberiana e delle Isole Marshall; l’Italia è l’unico Paese ad aver legalizzato un uso così esteso delle proprie Forze Armate a bordo di mercantili privati, esponendosi a rischi e conseguenze legali che il caso Enrica Lexie esemplifica in tutta la sua gravità.
Resisi probabilmente conto dell’errore, a seguito del groviglio Enrica Lexie Confitarma è riuscita a modificare la precedente convenzione col Ministero della Difesa, inserendo tra le opzioni di ingaggio anche le guardie giurate; i contractor, che sono dei privati e in caso di errori ne rispondono penalmente in quanto privati, non in quanto organi dello Stato.
Nonostante l’apertura, la Marina Militare gode comunque di una sorta di diritto di prelazione: l’armatore, secondo la convenzione, è obbligato a chiedere in prima istanza la disponibilità di Npm della Marina; se la Marina non potesse garantirne la disponibilità, allora il servizio potrebbe essere richiesto ai contractor.
Cosa ci facevano dei fucilieri di Marina a protezione di una nave civile? Facevano parte di una missione internazionale della Nato o dell’Onu? Un po’ di chiarimenti di piccoli dettagli che, a livello legale e di opinione pubblica, fanno la differenza.