La sanità pubblica in Italia è mutato in modo rilevante negli ultimi anni. Il suo costo non è solo un onere a carico dello Stato ma un investimento e un modello di innovazione
La sanità pubblica in Italia è mutato in modo rilevante negli ultimi anni. Il suo costo non è solo un onere a carico dello Stato ma un investimento e un modello di innovazione
Personale medico dell’Ospedale Spallanzani di Roma, Italia, 24 agosto 2020. REUTERS/Yara Nardi
Il Covid-19, con la sua manifesta virulenza epidemiologica e sociale, ha innescato delle reazioni comportamentali, tipiche sì delle emergenze sanitarie che hanno investito il modello assistenziale sanitario del nostro Paese nel breve periodo, focalizzando tutti gli sforzi al fine di rallentare da una parte il diffondersi dell’infezione e dall’altra di assistere nel miglior modo possibile i cittadini colpiti da questa patologia. Tutto questo “funziona” nel breve periodo con l’obiettivo primario di ripristinare una condizione di vita sociale che ci possa riportare il più presto possibile alla “normalità”.
Ma, un sistema sanitario e sociale e un “Sistema Paese” che aspirino a porre le basi di una reale sostenibilità economica, organizzativa e finanziaria in un momento di crisi devono dotarsi di una visione in termini di programmazione e pianificazione che superi la mera logica dell’emergenza e quindi del breve periodo, bensì guardando alle sfide che li attendono nel medio e lungo periodo.
Sanità e settore farmaceutico
Negli ultimi anni lo scenario della sanità pubblica in Italia è mutato in modo rilevante: il progresso scientifico, la ricerca continuamente in divenire, lo sviluppo di nuove tecnologie e di farmaci innovativi hanno determinato un netto miglioramento della qualità e aspettativa di vita dei pazienti.
Dovrebbero essere rispettati alcuni principi chiave in materia di politica sanitaria, tra i quali la pianificazione degli investimenti nel medio e lungo periodo, per consentire sì una corretta e razionale allocazione delle risorse (che devono essere adeguate al fabbisogno reale) ma anche con l’obiettivo di garantire ed incentivare gli investimenti nel settore industriale farmaceutico che tanto sta contribuendo in termini di impatto economico per il Paese.
Il valore della produzione farmaceutica in Italia (cfr. Farmindustria, 2020) è stato pari a 34 miliardi di euro nel 2019. Un valore importante che ha registrato negli ultimi cinque anni, in termini di investimenti ed occupazione, una crescita del 10% (cfr. Istat) e una stabilità nell’ultimo anno accompagnata da una crescita del +26% dell’export, rispetto al 2018. Non c’è dubbio che quello farmaceutico, in Italia, sia un settore in buona salute, capace anche di attirare importanti investimenti dall’estero. Merito di risorse umane altamente preparate, di impianti a elevata produttività e di sinergie consolidate con i grandi player del manifatturiero italiano, in particolare della meccanica.
Il settore farmaceutico è anche impegnato su più fronti nella lotta al Covid-19. Se da una parte è continuata con successo la ricerca di vaccini e terapie per neutralizzare il coronavirus, che ha causato più di 87.381 decessi in Italia (dati aggiornati al 28 Gennaio 2021), dall’altra è stato fondamentale assicurare la continuità dei trattamenti farmacologici anche durante la fase del lockdown, sia agli affetti da Covid-19 che in generale.
Iniziative per l’emergenza Covid
I gruppi internazionali, le grandi aziende a capitale italiano e diverse Pmi si sono attivate, durante tutta l’emergenza Covid, con iniziative specifiche per affrontare l’emergenza sanitaria sia attraverso progetti di ricerca che mediante iniziative di sostegno ai pazienti, ai medici, a tutto il personale della filiera della salute e alle strutture sanitarie. Sempre consultando il sito di Farmindustria è possibile verificare come le aziende biofarmaceutiche abbiano avviato attività di studi clinici in Italia per il trattamento della polmonite da Covid-19 o hanno partecipato a progetti specifici di ricerca, anche con un ruolo guida e con l’aggiudicazione di fondi del programma europeo Horizon 2020.
Molte aziende hanno anche modificato le linee produttive per rispondere a esigenze di salute e in particolare soddisfare la crescente domanda di prodotti disinfettanti, ceduti gratuitamente alla Protezione Civile. Ancora, grazie alle donazioni effettuate da molte aziende farmaceutiche sono stati garantiti farmaci per uso compassionevole e forniti per gli studi clinici così da garantire assistenza diretta. Farmindustria sostiene anche la raccolta fondi lanciata da Fimmg e Cittadinanzattiva per acquistare i dispositivi di protezione collettiva e collabora con i medici nelle campagne di comunicazione ai pazienti.
Il settore farmaceutico ha dimostrato di saper collaborare proattivamente con le Istituzioni durante la pandemia e tutti dicono che è un settore su cui puntare.
L’industria farmaceutica rappresenta, quindi, uno dei soggetti più importanti in questo scenario. Il settore si distingue per l’entità degli investimenti, in risposta alle crescenti sfide in termini di domanda di salute ed è attualmente al primo posto per intensità di ricerca e sviluppo; caratteristiche, queste, che possono renderlo un valore per il sistema Paese. Tuttavia, nessuna azienda può mettere in atto strategie e proporre soluzioni efficaci all’interno di un Sistema caratterizzato da un certo grado di inefficienza, altamente burocratizzato, con regole poco chiare e di breve periodo e poco attento ai bisogni del cittadino.
Gli investimenti sono ancora pochi
Purtroppo, e qui ci si attende una rapida inversione di tendenza, negli ultimi quindici anni l’Italia ha faticato a restare competitiva per quanto riguarda gli investimenti nella ricerca farmacologica. L’instabilità politica e la mancanza di regole certe, hanno scoraggiato gli investimenti esteri. Inoltre (e purtroppo) il farmaco sembra proprio essere stato rimosso dalle priorità della politica industriale del nostro Paese.
In questo contesto, lo scenario di riferimento ha subito notevoli trasformazioni: attualmente e come sopra specificato, il settore cresce principalmente grazie alle esportazioni; si appesantiscono, poi, i controlli burocratici, e, soprattutto, diminuisce la produttività degli investimenti in Ricerca e Sviluppo. L’innovatività e, conseguentemente, la presenza e la disponibilità di nuovi farmaci sul mercato, costituiscono i principali drivers dello sviluppo del settore farmaceutico e sono garanzia per il paziente di poter disporre di nuovi e più efficaci strumenti terapeutici.
Di conseguenza, alcuni recenti interventi “regolatori” (vincolare l’intervento sulla rimodulazione dei tetti della spesa farmaceutica alla chiusura della partita sul payback pregresso) rischiano di destabilizzare il sistema sanitario poiché pongono a rischio la salute della popolazione. Le riforme nel lungo periodo dovrebbero, invece, essere finalizzate ad innescare il circolo virtuoso innovazione-sviluppo-tutela del paziente.
Spesa sanitaria e innovazione tecnologica
In quest’ottica, il costo della sanità deve essere interpretato non più solo come un onere a carico del SSN, ma anche come investimento per la salute. Questa interpretazione è coerente con una concezione avanzata di un modello di sanità pubblica che esamina le relazioni tra spesa sanitaria, innovazione tecnologica, adozione di nuove tecnologie, benessere della popolazione, crescita economica.
In conclusione, si possono avanzare alcune considerazioni e proposte a livello micro e macroeconomico per favorire l’innovazione: a) occorrono regole chiare che definiscano e tutelino l’innovazione tramite modelli di prezzo che riconoscano il valore aggiunto e l’innovazione incrementale dei farmaci definiti innovativi; b) occorrono regole certe di accesso ai farmaci innovativi all’interno dei prontuari terapeutici regionale e locali; c) occorre abbandonare l’approccio dei “silos budget” (come recentemente affermato anche a livello di Ministero della Salute) così da garantire una valutazione del percorso terapeutico del paziente in un’ottica di percorso integrato; d) occorre ripensare i tetti di spesa sulla base dei fabbisogni e delle patologie, compatibili con un quadro finanziario certo e stabile, in linea con gli obiettivi del Patto della Salute.
Le emergenze pubbliche possono e devono aumentare la consapevolezza delle problematiche che attanagliano un sistema, come il nostro SSN, così da riuscire a trovare, nel breve periodo, le soluzioni idonee al superamento di queste problematiche e all’introduzione di atteggiamenti migliorativi per tutto il sistema. Infatti, cosa succederà quando sarà terminata l’emergenza da Covid-19? Come verranno riattivati i percorsi assistenziali classici (interventi chirurgici, vaccinazioni, visite diagnostiche, etc…), evitando il fenomeno delle liste di attesa? Come ci si comporterà in materia di approvazione e accesso delle tecnologie sanitarie? Oggi più che mai la politica è chiamata a prendere decisioni che determineranno la vita del nostro Paese e la struttura organizzativa, gestionale ed economica del nostro Sistema di welfare nel suo complesso negli anni che verranno. È nella stagnazione dell’emergenza che si cela il rischio di non prevedere cosa succederà domani. L’intervento dello Stato deve essere perentorio non solo per rispondere alla crisi del momento ma anche per scongiurare crisi future ancora più drammatiche.
La sanità pubblica in Italia è mutato in modo rilevante negli ultimi anni. Il suo costo non è solo un onere a carico dello Stato ma un investimento e un modello di innovazione
Personale medico dell’Ospedale Spallanzani di Roma, Italia, 24 agosto 2020. REUTERS/Yara Nardi
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