Cinque studenti del Model EU 2020, corso organizzato da Eastwest European Institute, analizzano la risposta che l’Ue sta dando alla pandemia
Il Covid-19 ha indubbiamente presso il mondo d’assalto grazie a una diffusione globale mai vista prima che ha finito per paralizzare economicamente l’operatività su scala mondiale insieme a notevoli perdite di vite umane. In mancanza di un accordo generalizzato sulle azioni da intraprendere, la maggior parte degli Stati membri hanno agito da soli concentrandosi sulla gestione della crisi interna e chiudendo unilateralmente le frontiere, disattivando al contempo le quattro libertà del mercato interno. La frattura nord-sud, retaggio della crisi finanziaria, è ancora in atto: specialmente per quanto riguarda la necessità e l’implementazione delle misure di supporto fornite dalla Ue, richieste con maggior insistenza dagli Stati membri orientali e meridionali, e invise agli stati nordici, che sono stati abbastanza autosufficienti nella gestione della crisi e in generale hanno avuto bisogno di meno sostegno.
Queste divisioni diventano ancor più preoccupanti se viste nel contesto della competizione con la strategia “Made in China 2025” che minaccia di smantellare la sovranità della Ue in questa condizione frammentata.
Attraverso la sua One Belt, One Road Initiative, la Cina si offre come la salvatrice dell’Europa orientale dal modello del Brussels Consensus attraverso la sua strategia 17+1, cosa che ha spinto la Ue a riconciliare le divisioni interne, come sottolineato dalla Commissione nel Documento di indirizzo strategico Ue-Cina 2019. Detto questo, i rapporti con la Cina sono fondamentali per il ruolo che la Ue vuole ritagliarsi nel mondo multilaterale che sta emergendo attualmente con la fine dell’egemonia Usa. La possibilità che la Ue riesca a salvare la propria economia dopo il Covid-19 dipenderà pertanto dall’efficacia delle sue politiche nel far fronte al disincanto degli stati membri e dalla sua capacità di riconciliare le forti disparità economiche, inasprite dalle misure di austerity neoliberali introdotte in seguito alla crisi finanziaria in Europa.
Come risposta alla diffusione del Covid-19, l’Unione europea ha riorganizzato le proprie priorità in modo da proteggere la salute e la sicurezza dei propri cittadini e sostenere le economie nazionali. Per raggiungere questo obiettivo, l’Unione si è assicurata la fornitura di apparecchiature mediche, ha promosso la ricerca di trattamenti e vaccini e sostenuto l’occupazione e le imprese con il proprio programma di “Trasformazione Digitale e Transizione Verde“. Tutte queste misure sono illustrate nel Piano di Rilancio e finanziate dalla Commissione attraverso un drastico incremento del tetto di spesa degli Stati e attivando la ‘clausola di salvaguardia generale’. Ciò nonostante, la decisione finale sulle valutazioni finanziarie dipendeva in ogni caso da un accordo tra i Capi di Stato dei Paesi europei.
Il dibattito su una potenziale strategia finanziaria della Ue per risollevare le sorti dell’Unione dopo la pandemia da Covid-19 pareva essere stato definito durante il vertice del Consiglio Ue nel luglio 2020. I leader europei hanno raggiunto un accordo che ha portato una ventata d’aria fresca e sancito una svolta nei negoziati. Per affrontare la peggior recessione nella storia della Ue, è stata approvata l’istituzione di un fondo del valore di €750 miliardi. Questi fondi saranno in parte recuperati mediante finanziamenti congiunti che garantiranno prestiti e fondi da elargire agli Stati membri più colpiti della Comunità. In generale, la Ue prevede di spendere €1.074 trilioni del budget generale dell’Unione. Sebbene l’accordo sul budget paia essere salvifico, si sa già oggi che non sarà interamente implementato. Anche se il Fondo per la Ricostruzione è stato approvato in toto, il Parlamento europeo ha respinto il resto dei piani in quanto troppo poco dipendenti, tra le altre cose, dal riconoscimento dello stato di diritto negli Stati membri. Il lavoro, nonostante sia stato in parte approvato, non è perciò finito.
Tutto sommato, c’è ancora molto da fare per risolvere la crisi, ma queste misure rappresentano sicuramente un buon passo in avanti nell’affrontare le disuguaglianze economiche insite in Europa e riparare le fratture manifestatesi nell’Unione. La mutualizzazione dei debiti tra Stati membri potrà effettivamente rappresentare una soluzione per una risposta europea incentrata sulla solidarietà o porterà la Ue su una pericolosa china verso il collasso economico? E, a sua volta, questo potrebbe aggravare la dipendenza dalla Cina e possibilmente scardinare la sovranità europea? Solo il tempo può dirlo.
Daria Derevianchuk (Kiev), iscritta al 4° anno di Relazioni internazionali, comunicazione pubblica e studi regionali all’Università Nazionale dell’Accademia di Kiev-Mohlya.
Ana Maša Leskovšek (Lubiana), iscritta al 4° anno di laurea in Legge all’Università di Lubiana. Interessata al Diritto Internazionale, Diritto Ue, Diplomazia e Legge Consolare.
Giorgia Polo (Verona), avvocato tirocinante. Master all’Università di Trento. Specializzata in Diritto Comparato Europeo e Transnazionale.
Clement Wallace (York), iscritta al 2° anno di Storia e Politica presso l’Università di York. Fa parte della squadra di canottaggio dell’Università.
Marta Wawrzyniak (Vienna), laureata in Relazioni Internazionali all’Università di Leeds e svolge un Master in Tecnologie Ambientali e Affari Internazionali presso l’Università della Tecnologia di Vienna.
Cinque studenti del Model EU 2020, corso organizzato da Eastwest European Institute, analizzano la risposta che l’Ue sta dando alla pandemia
Il Covid-19 ha indubbiamente presso il mondo d’assalto grazie a una diffusione globale mai vista prima che ha finito per paralizzare economicamente l’operatività su scala mondiale insieme a notevoli perdite di vite umane. In mancanza di un accordo generalizzato sulle azioni da intraprendere, la maggior parte degli Stati membri hanno agito da soli concentrandosi sulla gestione della crisi interna e chiudendo unilateralmente le frontiere, disattivando al contempo le quattro libertà del mercato interno. La frattura nord-sud, retaggio della crisi finanziaria, è ancora in atto: specialmente per quanto riguarda la necessità e l’implementazione delle misure di supporto fornite dalla Ue, richieste con maggior insistenza dagli Stati membri orientali e meridionali, e invise agli stati nordici, che sono stati abbastanza autosufficienti nella gestione della crisi e in generale hanno avuto bisogno di meno sostegno.
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