CRISI MIGRANTI – Se il buonsenso non era sufficiente, adesso sono i numeri a dimostrare l’avvenuto fallimento delle scelte adottate dall’UE per l’emergenza migranti. 3930 è la cifra. Tante sono le persone morte in mare nel tentativo di raggiungere le coste europee nei primi 10 mesi dell’anno.
Qualche giorno fa è stata superata la soglia record del 2015, annus horribilis delle migrazioni con 3.771 vittime su un totale di 1.015.078 arrivi via mare. Ciò significa che il deal siglato il 18 marzo a Bruxelles con la Turchia ha mancato l’obbiettivo di rendere più sicure le condizioni per chi fugge da guerre, fame e persecuzioni. “Tratte più lunghe, più pericolose e più costose” promettevano i broker della ‘borsa nera’ di Izmir, i trafficanti di uomini, che all’indomani della firma davano per certo il rafforzamento dei passaggi verso il Sud Italia, sulla cosiddetta Via del Mediterraneo Centrale. Così è stato e sul campo rimangono segni eloquenti dell’impasse europea, come accade nelle isole egee pesantemente sovraffollate da decine di migliaia di uomini, donne e bambini. Sono loro ad alimentare i passaggi in gommone dalle coste di Izmir, nel tentativo di fuggire dalla Turchia, ‘paese terzo sicuro’ dove la vita dei rifugiati siriani, gli unici a poter uscire dall’ombra, inizia e finisce nelle fabbriche illegali allestite nei sottoscala, o come braccianti nelle vaste distese agricole.
Le cose non vanno poi meglio nel continente. A partire dalla Grecia, dove i campi di accoglienza governativi assomigliano di più a squallide tendopoli, rispetto a centri in cui registrare e poi redistribuire i rifugiati in Europa, così come previsto dal piano teorico. In pratica però ci sono i Goro e i Gorino, dove un commando di vongolari blocca l’unica strada con pile di bancali e ricaccia al mittente 12 donne africane, una delle quali incinta, destinate all’unico ostello del paese. “Quelli ci fanno paura” hanno affermato, tra un bicchiere di rosso e una fetta di salame, ignorando di certo le emozioni che il loro gesto può aver suscitato agli occhi del mondo, finiti per 24 ore a diradare le nebbie sul delta del Po. E mentre Papa Francesco si ostina a sottolineare il dovere cristiano dell’accoglienza, don Paolo di Gorino risponde (da tempo) con un avviso destinato ai musulmani terroristi. “Visto che noi siamo, per voi, infedeli: ma perché non ve ne andate nel vostro califfato di Iraq con il santo Califfo El Baghdadi, il quale vive di armi e uccide a tutto spiano coloro che non sono sunniti?”. Nulla da obbiettare sulla raffinatezza dell’analisi geopolitica, ma qualche dubbio resta sul valore cristiano di una dichiarazione così schietta. Se non altro per la possibilità che qualche timorato di dio possa davvero credere alle parole di un prete, confondendo barba e islam come marchi del terrorismo. Improbabile, ma intanto per i migranti che sopravvivono al Mediterraneo l’Italia sta un po’ stretta, così continuano le corse verso il confine, a Ventimiglia per esempio, dove le autostrade di notte diventano sentieri da percorrere ancora e ancora per arrivare in Francia. Chi si stanca di marciare punta 150 euro sulla roulette dei passeur, trovando spazio nel bagagliaio di un’utilitaria, o stipato con 17 sconosciuti nel vano frigo di un furgone. Per fortuna, il mezzo è stato poi fermato per un controllo dalla polizia e aperto, giusto in tempo per evitare la morte per asfissia dei passeggeri.
Respinti dunque, ancora una volta, ma almeno vivi. Chi passa invece si dilegua in terra francese, dove è da poco giunto a termine il disboscamento della giungla, a Calais. Qui, in vista della costa britannica, le fiamme e il fumo sprigionati dalle case di tela incendiate hanno coperto la fuga di qualche decina di ospiti, spariti tra i boschi e le industrie nei dintorni. Sono chiamati “gli irriducibili di Calais”, ma non sono altro che migranti terrorizzati all’idea di essere intercettati dalle ronde della gendarmerie e magari rimandati nei Paesi di origine. Il rimpatrio resta tuttavia un’evenienza improbabile. Troppo costoso, poi mancano accordi bilaterali con molti dei Paesi di destinazione. Pertanto, tornando in Italia, ci sono 50 mila migranti cui è stato rifiutato il diritto di asilo (il 61% delle richieste presentate in Italia nel 2016) quindi teoricamente destinati al ritorno in patria, ma in realtà dotati di un foglio di via che concede una manciata di giorni per lasciare il territorio nazionale. Sono i diniegati, formalmente condannati ad un limbo di insicurezza e clandestinità, la cui sola alternativa in molti casi è offerta dalle organizzazioni criminali. Così in Italia i costi dell’accoglienza crescono, proporzionalmente al numero di arrivi via mare, giunto oltre la soglia di 158 mila, superando il record dello scorso anno di 153.852. Primato o no, la gestione dei migranti resta un problema italiano, almeno per ora. La prospettiva della redistribuzione continua a dividere l’Europa, il cui fallimento politico continua ad essere messo a nudo dalla crisi in corso. Il Presidente del Consiglio dei ministri, Matteo Renzi cerca di alzare la voce, dichiarandosi disposto a porre il veto sul Bilancio pluriennale dell’Unione Europea se alcuni Stati membri, gruppo Visegrad in primis, non rispetteranno gli obblighi sulle politiche di solidarietà, a partire dalla ricollocazione dei rifugiati giunti sulle coste europee. La prima replica arriva dall’Ungheria, dove avanza il progetto di incrementare la “difesa dei confini” caro al premier Orban, a sud, lungo il confine serbo. Da Budapest il ministro degli Esteri Peter Szijjarto gira le responsabilità al mittente: “è l’Italia che non adempie agli obblighi. Se rispettasse meglio norme e regole, la pressione dei migranti sull’UE sarebbe minore”.
Il botta e risposta sull’asse Roma-Budapest è destinato a continuare, così come gli arrivi via mare. Sono 933 i migranti tratti in salvo nelle ultime ore nel Mediterraneo, in 8 diverse operazioni coordinate dalla Guardia costiera. Mentre scriviamo a Catania si apprestano a sbarcare 290 persone e alla lista delle vittime vanno aggiunti altri 3 corpi.
CRISI MIGRANTI – Se il buonsenso non era sufficiente, adesso sono i numeri a dimostrare l’avvenuto fallimento delle scelte adottate dall’UE per l’emergenza migranti. 3930 è la cifra. Tante sono le persone morte in mare nel tentativo di raggiungere le coste europee nei primi 10 mesi dell’anno.