Pochissime ore e il Brasile tornerà alle urne per decidere chi sarà il trentasettesimo Presidente della Repubblica. Salvo sorprese, però, il primo turno elettorale non consegnerà al paese la nuova guida, ma bisognerà attendere il ballottaggio.

Le candidature forti rimangono le solite tre: Dilma Rousseff, presidente in carica ed esponente del PT (Partido dos Trabalhadores); Marina Silva del PSB (Partido socialista brasileiro), subentrata dopo la tragica morte di Eduardo Campos del 13 agosto; e Aécio Neves del PSDB (Partido da social democracia brasileira).
È stata una campagna elettorale atipica, nella quale l’emotività e le sorprese hanno ribaltato più di una volta gli apparenti equilibri. Nelle ultime settimane, ad esempio, è tornata forte la posizione predominante della Rousseff, capace di sottrarre preferenze alla leader ambientalista Silva, dirottandole verso il proprio partito.
Ma è stato anche il periodo della rinascita, non del tutto inaspettata, del conservatore Neves, supportato da un partito tradizionale e meglio organizzato rispetto al PSB. Nelle cinque settimane successive alla morte di Eduardo Campos, allora designato come candidato alla Presidenza della Repubblica del PSB, la campagna elettorale è stata segnata da due grandi oscillazioni: l’ascesa di Marina Silva nei primi quindici giorni, arrivata quasi a sfiorare la possibile vittoria nel primo turno, e la rimonta della Rousseff e di Neves, ai danni della stessa Silva.
L’ultimo sondaggio Datafolha (2 ottobre), istituto appartenente al Grupo Folha, attribuisce a Dilma Rousseff il 40% delle intenzioni di voto; il 24% a Marina Silva, e il 21% ad Aécio Neves. Solo il 29 agosto scorso la candidata del PT e quella del PSB godevano entrambe del 34%, mentre il PSDB si attestava sul 15%. Una tendenza in parte spiegabile con gli errori commessi dalla leader ambientalista – troppo indecisa su argomenti sensibili come le nozze gay, l’aborto e l’indipendenza della banca centrale – e in parte giustificabile con i ripetuti attacchi subiti sia da destra che da sinistra.
L’aggressività filo-governativa ha pagato, almeno per adesso. Nel sondaggio effettuato da Vox Populi-Carta Capital, ambienti molto vicini a Dilma, la Presidente in carica riceverebbe il 38% delle preferenze, Marina Silva il 25% e Aécio Neves il 17%. L’11% non risponde, il 7% voterebbe in bianco e l’1% per altri candidati. L’aspetto interessante, però, risiede nel fatto che non tutti gli elettori, pur avendo una preferenza, hanno definito il loro voto. E quindi le preferenze certe della Rousseff calerebbero al 33%, quelle della Silva al 20% e quelle di Neves al 12%. Si arriverebbe al 66% considerando tutti gli undici candidati. Sommando il 6% delle schede nulle, si giungerebbe a un definitivo 72%. A questo punto, resterebbero indefinite il 28% delle preferenze, a cui si possono sottrarre il 18% di astensioni riscontrate nelle elezioni del 2010.
Il risultato è che, secondo gli analisti, il 10% dei brasiliani è ancora fortemente indeciso e probabilmente si chiarirà le idee solo in cabina elettorale.
A partire dalla possibilità (non certissima) che Marina Silva e Dilma Rousseff disputino il secondo turno, Mauro Leos – analista senior di Moody’s e responsabile per il rating del Brasile – ha tracciato quattro possibili scenari post-elettorali.
Il primo è definito «al limite del Nirvana» e prevede la vittoria di Marina Silva, con l’ex-senatrice in grado di tener fede all’80-90% delle promesse elettorali.
Il secondo è definito «la grande delusione», con la stessa candidata capace di compiere solo il 50% del programma.
Il terzo scenario è il «Lula light», una situazione in cui Dilma Rousseff, confermata a Brasilia, sarebbe costretta a compiere scelte più favorevoli ai mercati, migliorando allo stesso tempo la trasparenza e la prevedibilità della propria amministrazione.
Il peggior scenario possibile prevede la rielezione della Rousseff e pochi cambi sia nella squadra di governo che nelle strategie, e Leos lo definisce «peggio del solito».
Il felling fra il PT e i mercati non è mai stato dei migliori, tutt’altro. A confermarlo l’arresto dell’Ibovespa, principale indice locale, coinciso con il recupero nei sondaggi della Rousseff. Nel giorno della pubblicazione, l’indice è sceso fino al 4,52%, caduta che non si registrava dal 22 settembre del 2011. Al momento, però, le previsioni sono tutte a breve termine: «Sia per Dilma che per Marina – ha confermato Leos durante un congresso promosso da Moody’s a San Paolo – lo scenario sarà definito solo dopo le elezioni, e dipenderà dalla pressione dell’opinione pubblica per il cambiamento». Oltre che dalle alleanze e dalla posizione del conservatore Neves.
Pochissime ore e il Brasile tornerà alle urne per decidere chi sarà il trentasettesimo Presidente della Repubblica. Salvo sorprese, però, il primo turno elettorale non consegnerà al paese la nuova guida, ma bisognerà attendere il ballottaggio.