Il parlamento indiano, dopo giorni di proteste veementi durante i lavori della Lok Sabha (la camera bassa), pare sia riuscito a convincere l’esecutivo Modi ad analizzare e pronunciarsi formalmente sulla crisi di Gaza. Condannando Israele, con ogni probabilità. Un rischio che gli Esteri di Delhi hanno cercato di scongiurare.

Man mano che le cifre della carneficina attualmente in corso nella striscia di Gaza guadagnavano i titoli di telegiornali e quotidiani in tutto il mondo, le sezioni più politicamente attive della società civile indiana – Aam Aadmi Party e gli studenti della progressista Jawaharlal Nehru University di Delhi – hanno iniziato a protestare contro i luoghi del potere statale e nei pressi dell’ambasciata israeliana, chiedendo la sospensione dei bombardamenti e un segnale chiaro di presa di distanze dal governo indiano in carica. Gli universitari, in particolare, tre giorni fa hanno subito cariche della polizia, che è intervenuta per “tenere sotto controllo” la protesta pacifica degli studenti nei pressi dell’ambasciata.
Parallelamente, in parlamento, la discussione inserita nell’ordine del giorno di inizio settimana era stata fatta saltare con un colpo di mano dalla ministra degli Esteri Sushma Swaraj, nel tentativo estremo di scongiurare un imbarazzo politico di fronte allo stato amico israeliano, uno dei principali fornitori di tecnologia bellica per l’arsenale indiano.
La derubricazione della discussione, giustificata da Swaraj con la necessità di non formulare un comunicato “irrispettoso” nei confronti di un altro stato e mantenere un basso profilo visto che ci sono ancora 39 ostaggi indiani in Iraq, ha prodotto il blocco completo dei lavori dell’assemblea, interrotta continuamente dalle proteste veementi di Indian National Congress e del Left Front, decisi a far sì che – almeno – se ne potesse discutere.
Oggi, secondo i media nazionali, pare che la discussione sia stata reinserita e, con ogni probabilità, Delhi uscirà con un comunicato a stigmatizzare l’escalation di violenza israeliana – giudicata proprio oggi dal vice primo ministro britannico Clegg “volutamente sproporzionata” – che ha già fatto quasi 200 morti e migliaia di feriti in sei giorni di bombardamenti. Vittime tutte palestinesi, poiché l’offensiva – scellerata – di Hamas contro gli obiettivi israeliani è sistematicamente neutralizzata da Iron Dome (tecnologia alla quale l’India è molto interessata, in chiave anti-pakistana lungo il confine del Kashmir).
L’imbarazzo di una posizione ufficiale non filoisraeliana andrebbe a discapito personale di Narendra Modi e Sushma Swaraj. Come ha ricordato Sandip Roy in un brillante articolo publicato su Firstpost, NaMo è stato descritto dall’International Business Times come “il miglior amico di Israele nell’Asia Meridionale”, mentre Swaraj ha presieduto l’Indo-Israel Parliamentary Friendship Group dal 2006 al 2009.
Convergenze, tagliate con l’accetta, che si poggiano su uno spirito anti musulmano comune alle attuali amministrazioni di India e Israele ma che evidentemente non rispecchiano il sentimento dei rispettivi popoli.
Il parlamento indiano, dopo giorni di proteste veementi durante i lavori della Lok Sabha (la camera bassa), pare sia riuscito a convincere l’esecutivo Modi ad analizzare e pronunciarsi formalmente sulla crisi di Gaza. Condannando Israele, con ogni probabilità. Un rischio che gli Esteri di Delhi hanno cercato di scongiurare.