
Mercato. E’ questa la parola chiave che pare uscire dall’incontro del Terzo Plenum del Partito Comunista cinese. Ci sarà tempo per capire nel dettaglio le riforme promosse dal Partito; per ora appare chiaro il tentativo di coniugare stato e mercato, nell’ambito di un modello economico che in un modo o nell’altro dovrà modificarsi.

Nell’attesa di interpretare al meglio le direttive del Partito Comunista, la rivista cinese Caixin, a margine del Plenum, conferma attraverso diverse fonti quanto già circolava da mesi, ovvero una modifica della legge del figlio unico.
Una legge controversa, oggetto di dibattito da tempo e che prevede in ogni caso molte “eccezioni”: per le minoranze etniche, per le coppie composte da figli unici ad esempio. Di sicuro il controllo delle nascite ha portato a mutamenti demografici importanti e fin dal Diciottesimo Congresso del PCC sembra essere nel mirino di una volontà di cambiamento.
Si era parlato dapprima di una nuova “eccezione”, che sembra essere confermata proprio da Caixin: le coppie composte da almeno un figlio unico, dovrebbe essere liberate dalla legge. Nel 2015 potrebbe esserci infine un cambiamento radicale consentendo a tutte le famiglie di avere più di un figlio.
Ci sono infatti dei bisogni pratici, da parte della Cina, per modificare tale legislazione: una popolazione che invecchia e la necessità di avere manodopera per le zone economiche che costituiscono ancora il motore dell’economia nazionale.Nonostante i cambiamenti alla legge del figlio unico, alcuni osservatori ritengono che eventuali modifiche potrebbero non essere sufficienti: per l’agenzia di stampa ufficiale Xinhua «una riforma potrebbe risolvere molti problemi attuali del paese, ma non è detto che si decida per un’abolizione totale della legge», mentre per secondo una ricerca presentata dalla Bank of America Merrill Lynch la popolazione della Cina (composta da un miliardo e 381 milioni di persone sulla base del censimento del 2011) aumenterebbe di circa 9,5 milioni di bambini all’anno per i primi cinque anni. Questo cambio di direzione però potrebbe essere tardivo, perché ci vorranno almeno sedici anni affinché un eventuale baby boom cinese possa dare i risultati sperati nel mondo del lavoro.
Mercato. E’ questa la parola chiave che pare uscire dall’incontro del Terzo Plenum del Partito Comunista cinese. Ci sarà tempo per capire nel dettaglio le riforme promosse dal Partito; per ora appare chiaro il tentativo di coniugare stato e mercato, nell’ambito di un modello economico che in un modo o nell’altro dovrà modificarsi.