Numerosi Capi di Stato hanno voluto cimentarsi con la poesia.
Solitamente si immagina il poeta un intellettuale un po’ sognatore e perlopiù dedito alle sole cose spirituali.
Una storiella, riportata dal poeta Alfonso Gatto nella bella raccolta La palla al balzo, riassume la visione convenzionale: un illustre filosofo napoletano, sentendosi chiedere in sposa la propria figlia da un giovane scrittore, rispose bruscamente che più che di poesia sarebbe stato meglio parlare di terre e di proprietà.
Come dargli torto. Ha a cuore il futuro della propria figlia, e la vita con un “poeta affamato” – la visione che solitamente ci lascia la letteratura – non è per niente ciò che aveva in mente per lei. E oltre alla miseria economica, l’immagine della figura del poeta che sospira alla luna con la mano tesa al cielo ci ha fatto sempre sorridere, quando non ha addirittura suggerito una certa debolezza di mente.
Eppure i poeti, alcuni di essi in particolare, sono stati tutt’altro che inconcludenti. Prendiamo ad esempio l’imperatore Mutsuhito Meiji, che regnò dal 1868 al 1912, forse il principale artefice della modernizzazione del Giappone. Egli svolse una fortunata attività di riorganizzazione ed espansione, che trasformò il suo Paese in grande potenza mondiale in pochi decenni.
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Numerosi Capi di Stato hanno voluto cimentarsi con la poesia.