La Germania stupisce ancora. Mentre in Europa si plaude alla sigla del contratto per la Grande Coalizione, tra i tedeschi il dibattito è più acceso che mai.

Per partorire i punti programmatici del futuro governo, ci sono volute cinque settimane e una lunga tirata finale di serrate trattative tra il Partito socialdemocratico (Spd) da una parte, e l’Unione cristiano-democratica (Cdu) e l’alleato bavarese Csu, dall’altra. Anche così, il futuro governo dell’economia più forte d’Europa e la quarta del mondo, non c’è ancora: per ora è semplicemente un “GroKo” – neo-acronimo che in tedesco richiama la parola “coccodrillo” – che non cammina ancora sulle proprie gambe, perché prima deve essere approvato dalla base dell’Spd.
È la prima volta che i socialdemocratici esercitano così chiaramente la democrazia interna. Secondo l’ultimo sondaggio Forsa, gli elettori dell’Spd favorevoli sono il 78%. “È un voto di realismo politico, perché l’Spd nel contratto ha sacrificato molto” è uno dei commenti che più si sente tra un gruppo di elettori di centrosinistra – socialdemocratici e verdi – in una piccola cittadina vicina a Bonn. “Se si andasse a nuove elezioni, Angela Merkel otterrebbe la maggioranza assoluta, e sarebbe peggio, perché riesce ad appropriarsi di tutti i temi dell’Spd e dei Verdi, come ha fatto con la svolta energetica. Nella base c’è un certo timore”, dice Rudolf Bayer, funzionario in pensione da poco.
Come un grande piranha nero che tenta di mangiarsi un pesciolino rosso, ecco com’è stata raffigurata la Cdu in un volantino che ha accolto il segretario dell’Spd, Sigmar Gabriel, per un incontro con la base nella cittadina di Hofheim. La leadership dell’Spd, che secondo molti nella base rischia di essere divorata nuovamente da Merkel, si è quindi lanciata in una frenetica campagna che, superando 32 voti regionali, dovrà portare all’approvazione del contratto entro il 15 dicembre.
Il nuovo meccanismo di democrazia interna, Votum, decisioni partecipate, non va giù a molti conservatori. Un professore di diritto costituzionale ha dichiarato che, in questo modo, i 475.000 membri dell’Spd, hanno più potere sui destini della democrazia tedesca di quanto non ne abbiano i tedeschi. Il quesito è stato posto in diretta tv a Gabriel, proprio mentre era a Hofsheim, da una giornalista della Zdf con una certa sfumatura polemica. Il battibecco che ne è risultato e che si è chiuso con un “facciamola finita con queste panzane” di Gabriel, rende l’idea di quanto siano scaldati gli animi.
Mentre nel campo conservatore si sostiene che nel contratto non ci sia un solo punto nel quale l’Spd non si sia imposta – pensionamento a 63 anni in certi casi, quota rosa del 50% per i ministri del nuovo governo, doppia cittadinanza per gli stranieri residenti, salario minimo – alcuni elettori socialdemocratici, che ora hanno difatti in mano la sorte del futuro governo, li considerano brutti compromessi.
È il caso della doppia cittadinanza che, secondo la responsabile dell’Spd per l’integrazione, Aydan Özoguz, doveva estendersi a tutti i residenti stranieri che dimostrano di essere dei buoni cittadini tedeschi, e non solo ai figli nati nel Paese. O del salario minimo di 8,5 euro l’ora che entrerà in vigore solo nel 2015. Marco Bülow, parlamentare per Dortmund, accusa il contratto di ridimensionare la cosiddetta svolta energetica e di perpetuare l’abuso dei contratti aziendali che violano i diritti dei lavoratori.
Alcuni intellettuali sostengono che il contratto apre ancora di più la forbice tra ricchi e poveri, che si è allargata da quando le riforme avviate dal cancelliere Schröder hanno favorito i ricchi e le aziende, costringendo la classe media a pagare in proporzione più tasse. La paura dei conservatori è quella opposta: che sia stata decretata la fine di quelle “riforme virtuose”.
Comunque sia, considerando che il contratto di coalizione nero-rossa dovrebbe passare, altri due aspetti di primaria importanza restano da dipanare. Il primo è il costo: 23 miliardi di euro secondo l’attuale e probabile prossimo ministro delle Finanze, Wolfgang Schäuble (Cdu), ma “almeno il doppio”, stando al quotidiano di Francoforte, Faz.
Il secondo riguarda l’Europa, ma è legato al primo. I pro-europeisti sono rimasti a bocca asciutta. L’Spd, commenta l’analista politico Carsten Nickel di Teneo Intelligence a Cnbc, ha capito che nel Paese non paga discostarsi molto dalle politiche europee di Merkel, e il contratto non contiene, infatti, alcun accenno a una collettivizzazione del debito dei paesi in crisi e, anzi, insiste perché i pacchetti di aiuto siano condizionati ad accordi per le riforme pro-competitività vincolanti.
Si può proporre agli altri paesi membri dell’Europa degli accordi vincolanti in cambio dei pacchetti di aiuto, e poi aumentare il proprio debito? Anche se l’Spd ha promesso di non alzare le tasse, “non è escluso che si debba farlo”, dice la signora Andrea Nahles, segretario generale dell’Spd, perché “aumentare il debito sarebbe peggio”.
Il contratto di coalizione che certi chiamano la “grande pappa” e altri un “GroKo” passerà, ma non soddisfa nessuno.
La Germania stupisce ancora. Mentre in Europa si plaude alla sigla del contratto per la Grande Coalizione, tra i tedeschi il dibattito è più acceso che mai.