Eduardo Cunha, il male necessario che ha distrutto il Brasile
«Prima salta Dilma, dopo Cunha». Oppure tutti e due insieme. La frase, spesso intonata dai manifestanti brasiliani, comincia ad assumere contorni definiti. Sì, perché dopo il primo passo verso l’impeachment di Dilma Rousseff, è arrivata la sospensione per Eduardo Cunha, deputato del PMDB e Presidente della Camera dei Deputati. Il grande artefice della messa in stato d’accusa della “Delfina di Lula”, l’eroe nazionale applaudito in aula, e in strada, per aver “liberato” il Paese.

«Prima salta Dilma, dopo Cunha». Oppure tutti e due insieme. La frase, spesso intonata dai manifestanti brasiliani, comincia ad assumere contorni definiti. Sì, perché dopo il primo passo verso l’impeachment di Dilma Rousseff, è arrivata la sospensione per Eduardo Cunha, deputato del PMDB e Presidente della Camera dei Deputati. Il grande artefice della messa in stato d’accusa della “Delfina di Lula”, l’eroe nazionale applaudito in aula, e in strada, per aver “liberato” il Paese.
Il Supremo Tribunale Federale brasiliano ha deciso di sospenderlo, accogliendo la richiesta di Rodrigo Janot, Procuratore generale della Repubblica. Il deputato del PMDB è stato provvisoriamente allontanato perché nell’esercizio delle sue funzioni potrebbe condizionare i processi a suo carico. È imputato presso la Corte Suprema per «corruzione passiva» e «riciclaggio di denaro». Il sospetto è che abbia ricevuto due tangenti: una da 5 milionidi dollari nel corso dello scandalo Petrobras; un’altra da 52 milioni di dollari (comodamente divisi in 36 rate) per aver favorito lo sblocco di fondi in favore dell’impresa che a Rio de Janeiro ha realizzato il Porto Maravilha, un’opera forzatamente inclusa nelle strutture olimpiche. Dilma Rousseff ha commentato nell’unico modo possibile: «Meglio tardi che mai». Cunha ha fatto altrettanto: «Mercoledì potremo dire “meglio tardi che mai”», riferendosi alla decisione dell’11 maggio sull’impeachment maggio, che potrebbe interdire la Presidente per una durata di 180 giorni. Cunha – sostituito alla Camera da Waldir Maranhão, anche lui indagato nella maxi operazione anti-corruzione Lava Jato – si sente “vittima” di una congiura politica per aver sfidato e, di fatto, fatto crollare il governo di sinistra del PT. La relazione del Supremo Tribunale, però, dice ben altro su Cunha. Nelle 73 pagine della relazione viene accusato di aver fatto pressioni, minacce e accordi pur di salvarsi. È stato esplicito con i colleghi del consiglio di etica della Camera, che hanno dato seguito alle sue accuse. Cunha è l’uomo meno amato del Brasile: il 77% approva la sua sospensione, ma in tanti l’hanno giudicato “un male necessario” per “guarire” il Brasile. Un prezzo da pagare per porre fine al governo Rousseff. E Cunha, messo alle spalle dalla Corte, ha agito sul fronte politico, l’unico possibile, accettando una richiesta di “impeachment” da molti giudicata forzata. Dilma cadrà, ma sarà interessante vedere quanti morti si porterà dietro. Eduardo Cunha rappresenta la peggior faccia della classe politica brasiliana: corrotta, trasformista, conservatrice e omofoba. Di formazione evangelica, ha sempre disprezzato le unioni gay, la legalizzazione delle droghe leggere e l’aborto. Il Procuratore generale l’ha definito «un delinquente», mentre la Corte, pur non esistendo precedenti simili, ha sospeso sia il suo mandato da deputato che quello da Presidente della Camera. Una fronda propendeva addirittura per il carcere, risolvendo il problema alla radice. La gloriosa storia di Cunha comincia nel 1989, quando viene nominato tesoriere della campagna, a Rio de Janeiro, di Fernando Collor de Mello, Presidente poi allontanato dopo l’impeachment per aver accettato 8 milioni di dollari in tangenti. Due anni dopo viene trasferito alla statale TeleRj, dove gonfia i conti, distribuendo linee telefoniche ai politici. A quel punto, intuisce le potenzialità del bacino d’utenza dell’elettorato protestante, gettandosi in una lunga campagna mediatica che lo conduce fino alla vita politica nel PMDB. Il partito che in pochi giorni potrebbe “comandare” il Brasile. In prima linea ci sarebbero 3 personaggi coinvolti o citati nell’operazione Lava Jato: Michel Temer, vice-presidente; Eduardo Cunha, presidente della Camera; Renan Calheiros, presidente del Senato. In attesa che venga definita la situazione di Waldir Maranhão, presidente della Camera ad interim, e anche lui indagato. Dilma Rousseff si rammarica perché la Corte avrebbe dovuto sospendere Cunha prima che avanzasse il processo d’impeachment. Sarebbe cambiato qualcosa? Le prime quattro cariche dello Stato sono indagate o sott’accusa. La quinta sarebbe Ricardo Lewandowski, presidente del STF, un giudice. Il fondo del pozzo è profondo. E nessuno politico brasiliano, per adesso, sembra capace di guardare oltre.
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