Tensione alle stelle nel Sinai e in tutto l’Egitto. Con l’approssimarsi delle elezioni parlamentari, la cui data non è ancora stata stabilita nonostante il ritardo rispetto alla tabella di marcia approvata all’indomani del golpe del 2013, è tornato il terrorismo nel Sinai. Una serie di esplosioni, contro un checkpoint a Sheikh Zuwayd nel Sinai, e due attentati kamikaze, hanno provocato 31 vittime e decine di feriti lo scorso venerdì.

Il presidente Abdel Fattah al-Sisi ha dichiarato lutto nazionale per tre giorni, l’ex generale ha parlato di «tentativi mirati di dividere la popolazione dall’esercito». Il portavoce delle forze armate egiziane ha parlato di una nuova strategia militare per combattere i continui attacchi dei jihadisti contro polizia e militari nel Sinai. Nella regione è stato imposto lo stato di emergenza per tre mesi, un coprifuoco dalle 5 del pomeriggio alle 7 della mattina.
Sanaa Seif condannata a tre anni
Non si placa la censura degli attivisti laici egiziani. Sanaa Seif, sorella di Alaa Abdel Fattah e figlia del compianto avvocato che ha speso una vita per difendere i diritti umani in Egitto, Seif al Islam, è stata condannata a tre anni di detenzione. La giovane, in sciopero della fame da due mesi, resterà in carcere insieme ad altri 23 attivisti, colpevoli soltanto di aver manifestato contro la legge anti-proteste, che impedisce ogni assembramento in Egitto, marciando la scorsa estate verso il palazzo presidenziale di Heliopolis. Sanaa aveva lavorato come editor al film documentario The Square, sulle rivolte di piazza Tahrir del 2011, tra i nominati per il premio Oscar lo scorso anno. Ma le cattive notizie per i giovani attivisti egiziani non finiscono qui, anche suo fratello Alaa, condannato a 15 anni per aver protestato contro la stessa legge, è stato arrestato di nuovo. Alaa, attivista socialista, non fa che entrare e uscire di prigione, denunciando costantemente le gravi condizioni detentive delle carceri egiziane. Il partito Corrente popolare del candidato alle presidenziali Hamdin Sabbahi, insieme ad altri partiti laici tra cui il liberale Dostour, hanno chiesto di emendare immediatamente la legge che impedisce le manifestazioni. Come se non bastasse, 17 attivisti sono stati condannati a 5 anni per aver manifestato contro la Costituzione, voluta dall’esercito, lo scorso gennaio.
Il ritorno dei processi militari ai civili
Laddove Hosni Mubarak non era mai arrivato e Mohammed Morsi non pensava neppure di poter giungere, Abdel Fattah al-Sisi è stato capace di condurre il paese: alla completa militarizzazione. L’esercito ha iniziato a demolire le case a Rafah nel Nord del Sinai dopo l’evacuazione dello scorso martedì come parte di un piano più generale per creare una zona cuscinetto al confine con la Striscia di Gaza. Con l’intento ufficiale di fermare gli attacchi jihadisti, 1156 famiglie sono state cacciate dalle loro case e a loro saranno anche espropriati 910 acri di terra. L’operazione avrà solo l’effetto di umiliare ulteriormente le tribù locali senza toccare i meccanismi di attivazione delle azioni terroristiche, direttamente connessi ai servizi di Intelligence.
Sisi ha preso anche tutta una serie di provvedimenti senza precedenti. L’ex generale ha autorizzato i militari a proteggere ogni infrastruttura pubblica. Questo dà il diritto all’esercito di presidiare permanentemente strade, ponti e centrali elettriche. La legge si estende alle università dove ha fatto ritorno la polizia militare a protezione degli atenei. Sono tornati poi i processi militari contro i civili contro i quali avevano puntato le più dure campagne anti-regime. Hassiba Hadj Sahraoui, vice direttore per il Medio oriente di Amnesty International, ha definito le leggi come l’avvio di processi di militari di massa contro i civili, inclusi studenti e contestatori pacifici.
All’annuncio dell’introduzione della nuova norma, che prevede anche l’impossibilità per uno studente espulso da un’università pubblica di essere riammesso in un ateneo privato, sono scoppiate proteste in tutte le principali università del paese. Sono 230 gli studenti arrestati dall’inizio dell’anno accademico, 76 nell’Università di Al Azhar: anche tre studentesse sono state arrestate da poliziotti in borghese all’interno dell’ateneo. Le giovani sono state rilasciate mentre non si hanno notizie di una quarta studentessa, Aliaa Tarek, scomparsa da nove giorni. Trenta accademici delle principali università egiziane hanno criticato la presenza delle forze di sicurezza nei campus. Ma ormai è direttamente Sisi a nominare i capi Dipartimento all’interno degli atenei, interferendo direttamente nell’indipendenza dell’insegnamento universitario.
Tensione alle stelle nel Sinai e in tutto l’Egitto. Con l’approssimarsi delle elezioni parlamentari, la cui data non è ancora stata stabilita nonostante il ritardo rispetto alla tabella di marcia approvata all’indomani del golpe del 2013, è tornato il terrorismo nel Sinai. Una serie di esplosioni, contro un checkpoint a Sheikh Zuwayd nel Sinai, e due attentati kamikaze, hanno provocato 31 vittime e decine di feriti lo scorso venerdì.