Non si fermano in tutto l’Egitto le proteste contro l’uccisione della giovane attivista egiziana, Shaimaa al-Sabbagh. Anche i testimoni oculari dell’assassinio della poetessa e rivoluzionaria del partito dell’Alleanza socialista sono stati arrestati dalle forze di sicurezza. Le autorità egiziane continuano a difendere l’operato della polizia che si è resa responsabile della morte della giovane, mentre di 23 morti è il bilancio finale degli scontri per il quarto anniversario dalle rivolte del 2011.

Lo scorso giovedì si sono riunite in piazza Talaat Harb centinaia di donne per Shaimaa, uccisa mentre portava una rosa per i martiri di piazza Tahrir.
Le manifestazioni delle donne rivoluzionarie contro la polizia
Le attiviste tenevano tra le mani cartelli in cui il ministro dell’Interno Mohamed Ibrahim veniva definito «assassino» e i suoi uomini «criminali». Gli organizzatori hanno deciso di indire una manifestazione di sole donne per evitare infiltrazioni di uomini in borghese che avrebbero potuto sparare sulla folla. L’attacco a Shaimaa ha provocato le rare critiche contro il ministero dell’Interno del giornalista Sayed el-Naggar che, dalle colonne del quotidiano filo-governativo al-Ahram, ha scritto: «I proiettili non erano il metodo di Shaimaa, ma è stata uccisa a sangue freddo dalla stessa persona che ha ucciso i martiri che lei stava andando a onorare, da chi ha infuocato i cuori e seminato il vento della violenza». Ma el-Naggar ha richiamato anche le responsabilità di al-Sisi. «Siamo tutti responsabili di vendicare la morte di Shaimaa, primo fra tutti il presidente eletto che ha l’incarico di proteggere le vite della popolazione di questo paese almeno contro gli abusi di potere», ha scritto il giornalista. La sinistra egiziana e in particolare l’Alleanza popolare socialista hanno annunciato che boicotteranno le elezioni parlamentari di marzo. Shaimaa è stata seppellita nel cimitero di Alessandria d’Egitto a pochi metri dalla tomba dell’altro simbolo delle proteste del 2011 Khaled Said, anche lui ucciso brutalmente dalla polizia. Lo scrittore egiziano Alaa al-Aswany ha ricordato così Shaimaa: «Rappresenta la gioventù rivoluzionaria, costituita da una maggioranza di donne. Viene dalla piccola borghesia di Alessandria d’Egitto, una delle città più attive durante la rivoluzione. È stata una vera rivoluzionaria con il suo gesto di portare una rosa in piazza Tahrir ha voluto dire che la rivoluzione continua. Ci è andata con suo marito e suo figlio: il suo dramma rappresenta il nostro dramma – prosegue Aswany – Dall’altra parte, ha trovato la brutalità della polizia. Perché un generale, armato fino ai denti, avrebbe ucciso una donna disarmata come Shaimaa? Perché si è accorto che lei non aveva paura della polizia e ha voluto ucciderla».
La guerra nel Sinai
Non si placa neppure il conflitto nel Sinai. Sono 32 i morti e 42 i feriti in quattro attacchi dinamitardi tra al-Arish e Rafah contro le forze di sicurezza di Sheikh Zuweid dello scorso venerdì. Gli attentati sono stati rivendicati da Ansar Beit al-Maqdis (Abm), gruppo jihadista che ha proclamato la sua affiliazione allo Stato islamico in Iraq e Siria (Isis). Anche un neonato e un bambino di sei anni si contano tra le vittime. Dopo gli attacchi, l’esercito egiziano ha annunciato l’avvio «di una larga offensiva» nella penisola con l’uso di elicotteri Apache.
A ognuno i suoi martiri, e così il presidente Abdel Fattah al-Sisi, che nulla ha detto sui 23 attivisti uccisi dalla polizia nel quarto anniversario dalle rivolte di piazza Tahrir, ha subito fatto sapere che «vendicherà i suoi martiri». Al-Sisi è rientrato al Cairo lasciando il summit dell’Unione africana a cui stava partecipando per discutere della questione controversa della diga della Rinascita. Si tratta del più grave attentato contro le forze di sicurezza egiziane dallo scorso ottobre, quando persero la vita 31 tra militari e poliziotti. Da quel momento nel Sinai vige lo stato di emergenza ed è stato imposto un coprifuoco permanente. Non solo, è stata avviata la costruzione di una zona cuscinetto con la Striscia di Gaza che ha fin qui causato la demolizione e lo spostamento forzato di almeno due mila famiglie. Dopo il colpo di stato del 3 luglio 2013, la penisola del Sinai è diventata il teatro dello scontro tra milizie jihadiste e militari.
Non si fermano in tutto l’Egitto le proteste contro l’uccisione della giovane attivista egiziana, Shaimaa al-Sabbagh. Anche i testimoni oculari dell’assassinio della poetessa e rivoluzionaria del partito dell’Alleanza socialista sono stati arrestati dalle forze di sicurezza. Le autorità egiziane continuano a difendere l’operato della polizia che si è resa responsabile della morte della giovane, mentre di 23 morti è il bilancio finale degli scontri per il quarto anniversario dalle rivolte del 2011.