Sale la tensione in Gabon in vista delle elezioni del prossimo 27 agosto. Le ultime notizie che giungono dal piccolo Stato dell’Africa centrale rivelano che il partito al governo e l’opposizione sono ai ferri corti, mentre in vista del voto è stata incrementata la presenza delle forze di sicurezza nella capitale, con posti di controllo lungo le strade nelle ore notturne.
Alla fine della scorsa settimana, il rappresentante della missione di osservatori dell’Unione europea ha invitato i politici a “fare di tutto per evitare ogni violenza e ogni forma di provocazione” e ha chiesto “il rispetto della libertà di espressione, associazione e riunione, nonché un equo accesso ai media pubblici locali”.
Da quando, lo scorso 13 agosto, dopo settimane di insulti e battaglie legali tra governo e opposizione è ufficialmente cominciata la campagna elettorale, il presidente uscente Ali Ben Bongo Ondimba, in carica dal 2009, ha ricordato all’elettorato l’atmosfera pacifica che continua a prevalere nel Paese, che sotto il suo governo non ha conosciuto né violenza né terrorismo.
È evidente che il capo dello Stato intende presentarsi come una garanzia per la nazione e allo stesso tempo intende mettere in guardia l’opposizione dall’organizzare eventuali iniziative che possano turbare l’ordine pubblico.
Alcune di queste iniziative sono state già vietate come la manifestazione che Guy Nzouba Ndama, uno dei 14 candidati alla massima carica dello Stato, doveva tenere sabato scorso in uno stadio di Libreville. Tuttavia, il comizio dell’ex presidente dell’Assemblea nazionale è stato autorizzato e tenuto due giorni dopo.
Ndama ha più volte messo in guardia il presidente sull’eventuale ricorso all’uso della forza per reprimere le manifestazioni, che produrrebbe un grave danno alla sua immagine. Mentre un altro candidato di spicco, l’ex premier Casimir Oyé Mba, contesta anche le origini di Ondimba, insistendo che sarebbe un nigeriano di etnia igbo adottato durante la guerra del Biafra da suo padre Omar Bongo.
Per questo, secondo l’articolo 10 della Costituzione non sarebbe candidabile alla presidenza del Gabon. Da parte sua, Bongo ha definito “ridicola” la tesi sostenuta da Mba e da altri membri dell’opposizione e continua a ripetere che “i suoi avversari non hanno alcuna possibilità di vincere”.
Il principale sfidante di Ondimba è il candidato unico del Fronte di opposizione per l’alternanza (FOPA), Jean Ping, che fin dal momento della sua designazione, ha annunciato che, se vincerà le elezioni, ripristinerà la Costituzione del 1991, che prevedeva un mandato presidenziale di cinque anni (contro i sette attuali) e un limite di due mandati per il capo dello Stato. L’ex presidente della Commissione dell’Unione africana ha inoltre affermato che è sua intenzione aumentare gli investimenti in sanità, istruzione e nelle infrastrutture.
L’obiettivo prioritario del 73enne e di tutti gli altri candidati dell’opposizione è porre fine al dominio assoluto dei Bongo, che da oltre cinquant’anni governano il Gabon. Era il 1967 quando il padre di Ali, El Hadj Omar Bongo Ondimba salì al potere in Gabon dopo l’improvvisa morte per malattia di Leòn Mba, padre dell’indipendenza dalla Francia.
Papa Obo, come era soprannominato Bongo, ha governato per 41 anni con il pugno di ferro un Paese dalle mille contraddizioni, tra i maggiori esportatori di petrolio del continente ma fra i più arretrati per chilometri di strade costruiti.
Il suo dominio incontrastato, insieme a quello del Partito democratico gabonese (PDG), si è andato delineando attraverso una gestione statale che ha posizionato nei principali punti nevralgici sia i familiari del presidente, sia le élite ad esso vicine.
Un sistema che ha continuato ad assicurare fino a oggi il potere alla sua famiglia, che nel tempo ha accumulato fortune colossali in Africa, in America e in Francia.
Negli ultimi anni, il Paese è stato teatro di manifestazioni di dissenso represse anche nel sangue, originate dalle difficoltà economiche originate in gran parte dalla diminuzione del prezzo degli idrocarburi che incidono per l’80% sulle esportazioni, il 45% sul Pil e il 60% sulle entrate fiscali.
Una situazione grave che sta penalizzando le numerose aziende del settore estrattivo e provocato un vistoso incremento del debito pubblico, passato dal 28,9% del Pil nel 2014, al 38,6% nel 2015, con prospettive di peggioramento per il 2016.
A tutto questo bisogna aggiungere, che il percorso di riforme strutturali iniziato durante il primo settennato di Ali Bongo, noto come Plan Strategique Gabon Emergent (PSGE) e avviato per rilanciare il comparto industriale all’interno di una gestione sostenibile dell’ambiente e una migliore redistribuzione delle ricchezze, non è riuscito a diversificare l’economia del Gabon ed emanciparla dalla rendita petrolifera.
Sale la tensione in Gabon in vista delle elezioni del prossimo 27 agosto. Le ultime notizie che giungono dal piccolo Stato dell’Africa centrale rivelano che il partito al governo e l’opposizione sono ai ferri corti, mentre in vista del voto è stata incrementata la presenza delle forze di sicurezza nella capitale, con posti di controllo lungo le strade nelle ore notturne.