
Dato per morto dopo la sfortunata esperienza di governo, il fronte progressista giapponese è stato rimesso in piedi dall’infaticabile Yukio Edano. E domani si presenta alle elezioni come l’unica vera alternativa ai conservatori
Di certo a Yukio Edano non si può rimproverare la mancanza di dedizione al lavoro.
A marzo 2011 durante la peggiore crisi che il suo paese avesse mai vissuto dopo la seconda guerra mondiale, da capo segretario di gabinetto — il capo della comunicazione del governo — compariva costantemente in tv a reti unificate per dare aggiornamenti alla popolazione sulla situazione della centrale nucleare di Fukushima Daiichi. Tre giorni dopo l’incidente nucleare, visibilmente esausto, si appellava alla popolazione chiedendo a tutti di ridurre i consumi di energia elettrica in vista dello spegnimento di tutti i reattori del paese. Erano le 5:15 del 14 marzo 2011 e lui, probabilmente, non dormiva da 72 ore. Su Twitter era partito l’hashtag, non certo lusinghiero: Edano nerò!, «Va’ a dormire Edano».
Quella crisi fu la sua «palestra». Oggi Edano, 53 anni, è alle prese con dieci giorni di intensa campagna elettorale durante la quale ha presentato il suo nuovo partito, il Partito democratico costituzionale (Cdp). Rispetto a sei anni fa, appare più a suo agio tra il pubblico. Lo scorso 14 ottobre diverse centinaia di persone si sono radunate a Shinjuku, a Tokyo, per ascoltare il suo comizio. Tre i temi su cui Edano cerca di sfidare il governo e gli altri contendenti alle elezioni di domenica prossima: protezione dei diritti individuali, della costituzione pacifista e lotta alle disuguaglianze sociali. E sui social — su Twitter il neonato partito ha più follower del Partito liberal-democratico al governo — si è diffuso un nuovo hashtag: Edano tatsu, «Edano c’è». «Dormirò sul treno», scherza rispondendo a una domanda del quotidiano Nikkan Sports (in giapponese).
Dal governo allo scioglimento
L’ex ministro democratico è l’ultimo superstite del centro-sinistra giapponese e di quello che era il suo partito di riferimento: il Partito democratico del Giappone (DPJ, Minshuto). Nata nel 1998 dall’unione di politici fuoriusciti dal Partito liberal-democratico (conservatore), dal Partito socialista e altri piccoli partiti di opposizione di stampo conservatore, nel 2009 vince le elezioni generali mettendo fine al quasi monopolio politico, durato per oltre 50 anni, del Partito liberal-democratico. Il Dpj riesce ad esprimere tre governi: Hatoyama, Kan e Noda.
Gli esecutivi non riescono a imprimere una svolta al paese, la cui economia rimane stagnante a causa dello yen ai massimi sul dollaro che scoraggia l’export. Il governo democratico subisce un ulteriore colpo con il triplo disastro del marzo 2011, quando viene accusato dalle opposizioni di incompetenza e incapacità di rispondere all’emergenza, e sigla la propria condanna politica annunciando un aumento della tassa sui consumi dal 5 all’8 per cento.
Il tutto, manco a dirlo, favorisce il ritorno al potere dei conservatori che a fine 2012 stravincono le elezioni.
Per i democratici, il periodo tra il 2012 e il 2017 è un momento di riorganizzazione. Questo processo, invece di riportarlo a galla, affonda il Dpj quasi definitivamente. Alle elezioni (anche allora anticipate) per la Camera bassa del 2014, il Dpj ottiene appena 1/4 dei seggi dei liberal-democratici di Abe. L’allora presidente e candidato premier della formazione, Banri Kaieda, non riesce a farsi rieleggere nel proprio distretto elettorale perdendo così il proprio seggio in parlamento.
Sorpasso su Koike
A marzo 2016, i democratici si uniscono in una nuova formazione con i conservatori dello Ishin no kai mantenendo il nome di Partito democratico. La dirigenza decide di cercare consensi a destra più che a sinistra: tra le sue prime mosse Renho, la prima donna eletta a capo della formazione, esclude ogni possibile alleanza a livello nazionale con comunisti e socialdemocratici, tattica che invece aveva premiato in precedenza a livello locale. Infine, a fine settembre di quest’anno, il definitivo scioglimento del Dp, confluito, su proposta del neoeletto presidente Seiji Maehara votata all’unanimità dall’assemblea straordinaria, nel Partito della Speranza di Yuriko Koike.
E proprio sulla governatrice che voleva sfidare Abe — ma probabilmente, visto il divario di forze in campo, farà il suo gioco, allargando il campo conservatore in parlamento — Edano sarebbe in vantaggio. Gli ultimi sondaggi prevedono un bottino di seggi compresi tra i 30 e i 60 con appena 78 candidati. Numeri simili per Koike che di candidati però ne presenterà oltre 230: un mezzo successo per il nuovo partito che spera di raccogliere consensi anche tra i più giovani (quelle di domenica saranno le prime elezioni con l’età di voto abbassata a 18 anni). «(a parte il Cdp) al momento non ci sono alternative liberali per cui votare», ha spiegato a Reuters lo scienziato politico Yu Uchiyama. «Se la formazione attrarrà i voti dei progressisti avrà possibilità di fare bene».
@Ondariva
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