L’ex potente capo di gabinetto dell’ex presidente cinese Hu Jintao Ling Jihua, è stato condannato al carcere a vita, colpevole di corruzione, abuso di potere e di aver ottenuto illegalmente segreti di Stato. La decisione è stata comunicata dalla Corte intermedia del Popolo di Tianjin che ha emesso il suo verdetto a meno di due mesi dall’incriminazione formale, a pochi giorni dalle celebrazioni del 95/mo anniversario della nascita del Partito Comunista e a ridosso del conclave estivo annuale della leadership cinese a Beidaihe, località turistica vicino a Pechino.
Quest’anno proprio a Beidahe si parlerà probabilmente di probabile rimpasto dei funzionari di partito di alto livello al congresso che si terrà nel 2017. Ling Jihua – nel massimo della sua carriera politica – era anche stato considerato in odore di ufficio centrale del politburo. Parliamo dunque di un pezzo «grosso».
L’ex vice presidente della Conferenza consultiva politica, secondo quanto riferito dall’agenzia Xinhua, si sarebbe «appropriato» di oltre 77 milioni di yuan (circa 12 milioni di dollari) o personalmente o attraverso la sua famiglia in cambio di «trattamenti di favore», insieme alla «grande quantità» di segreti di stato raccolti, senza però alcuna specificazione.
Sotto inchiesta a fine 2014 per «presunti gravi violazioni della disciplina» (ovvero corruzione) e formalmente arrestato a luglio 2015, Ling, 59 anni, è l’ultimo target di altissimo profilo finito nella morsa anti-corruzione e di rafforzamento del potere del presidente Xi Jinping.
Ling è anche protagonista di una storia misteriosa, che ha visto la defezione negli Usa di suo fratello Ling Wancheng e «un’intricata matassa di sesso e corruzione capace di scuotere i palazzi del potere di Pechino con ulteriori e possibili strascichi nei prossimi mesi», come riportato dalle agenzie internazionali.
«Accetto tutte le accuse mosse contro di me e non ho alcun reclamo sul giudizio. Non dimenticherò mai il processo di oggi, come se si trattasse di qualcosa inciso sulle mie ossa e nel mio cuore», ha affermato Ling nelle dichiarazioni finali, nell’ultima udienza a porte chiuse di cui la tv di Stato Cctv ha trasmesso alcune immagini.
Destinato ai vertici del partito, le disgrazie di Ling ebbero inizio il 18 marzo 2012 con lo schianto della Ferrari nera dalle cui lamiere furono recuperati, moribondi o deceduti per il terribile impatto, il figlio ventitreenne Ling Gu e due ragazze.
I sospetti sui tentativi di insabbiare la vicenda con l’aiuto dell’ex zar della pubblica sicurezza Zhou Yongkang, condannato al carcere a vita per corruzione a giugno 2015, spinsero Ling, sapendo di essere a rischio, a copiare come «polizza sulla vita» 2.700 documenti interni riservatissimi da una sezione speciale del Partito Comunista di cui era a capo fino al 2012 col compito di classificarli, girandoli al fratello in California che si ritiene collabori con le diverse agenzie di intelligence Usa.
Oltre al sequestro dei suoi beni, il Tribunale ha condannato Ling al carcere a vita per corruzione, cinque anni per aver ottenuto illegalmente segreti di stato, e quattro anni per abuso di potere.
@simopieranni