Nelle settimane in cui annetteva la Crimea senza sparare un colpo, la Russia metteva a segno anche un’altra conquista a ben altre latitudini. La commissione dell’Onu sui limiti della placca continentale ha riconosciuto il diritto di Mosca su un’area di 52mila chilometri quadrati nel mare di Okhotsk, al largo della Kamchatka.

“È solo l’inizio delle nostre rivendicazioni sull’Artico”, ha detto il ministro delle Risorse naturali e dell’Ambiente russo. Intanto Putin riapre le basi militari sovietiche nell’Artico.
Artur Chilingarov sta alle profondità marine come Indiana Jones alle sabbie del deserto. Occhietti torvi e sangue georgiano, l’esploratore ha due medaglie d’oro sul petto: eroe dell’Unione sovietica e della Russia di Putin. Nell’agosto del 2007, a bordo del sottomarino Mir-2, piantò una bandiera russa in titanio sul fondo del Polo nord, facendo saltare sulle poltrone le diplomazie di mezzo mondo e dando il via alla più grande corsa al Polo nord dai tempi di Amundsen. “L’Artico appartiene alla Russia. Il Polo nord è un’estensione della placca continentale russa“, non fa che ripetere.
Adesso che l’espansione territoriale russa non è più un tabù, che la Crimea è il trofeo del putinismo e che la guerra telecomandata nell’est dell’Ucraina lascia tiepidi i partner occidentali, l’Artico è a portata di mano.
Un affare da miliardi di dollari
Secondo gli scienziati la calotta polare artica si è ridotta del 40 per cento negli ultimi vent’anni ed è destinata a scomparire nel giro di un’altra decina. Succhiare gas e petrolio dove ora c’è ghiaccio non sarà più impossibile. L’Artico si appresta a essere un duro campo di battaglia tra la Russia e gli altri Paesi artici, Stati Uniti e Canada prima di tutti, e Chilingarov è l’uomo chiave. Il ghiaccio polare che si sta sciogliendo sta per liberare un’immensa ricchezza in termini di gas e petrolio: riserve stimate nel 10-15% di tutto il petrolio e addirittura nel 30% di tutto il gas non ancora scoperti rendono l’Artico il più grande giacimento di risorse naturali ancora non sfruttate. Il gigante di stato Gazprom ha investito finora miliardi di dollari in prospezioni e progetti di sfruttamento. Il suo fiore all’occhiello, da solo costato 6 miliardi di dollari, è il progetto Prirazlomnaja, la gigantesca piattaforma marina dell’affaire Greenpeace dello scorso anno.
Le mire della Russia puntano in particolare a una regione chiamata dorsale Lomonosov, una cresta sottomarina lunga 1800 chilometri che collega la costa della Russia al Polo nord. L’equipe guidata da Chilingarov ha spedito a New York un’imponente documentazione scientifica per provare che la dorsale è un naturale prolungamento del continente eurasiatico. Se l’Onu dovesse riconoscere il diritto della Russia sulla dorsale Lomonosov, Mosca metterebbe le mani su un terzo di tutte le riserve di idrocarburi non ancora scoperte. Quanto basta a far mettere in campo al Cremlino tutte le armi di cui dispone.
La militarizzazione del Polo
La facile conquista della Crimea deve aver galvanizzato Mosca. Ad Aprile Putin ha ordinato la creazione di un sistema di basi militari artiche gestite da una speciale agenzia sotto il diretto controllo del Cremlino. Il piano di militarizzazione dell’Artico ha avuto un’improvvisa accelerata dopo che lo scorso anno Putin aveva disposto riapertura di una base abbandonata dai tempi del crollo dell’Urss e imponenti esercitazioni militari si erano svolte tra i ghiacci. “Le strutture petrolifere, le stazioni di carico, i porti e gli oleodotti russi nell’Artico devono essere protetti dalla minaccia terroristica”, ha detto Putin. Quale organizzazione terroristica possa colpire al Polo è ancora da chiarire.
A seguito della crisi ucraina, Hillary Clinton ha chiesto ai canadesi di fare fronte comune contro l’aggressività russa nell’artico e non a caso il Canada è stato tra i Paesi che più hanno appoggiato le sanzioni contro Mosca. Il mese scorso due F18 Hornet dell’aviazione canadese si sono dovuti levare in volo per intercettare e rimandare indietro un bombardiere russo Tu-95 nei cieli artici. Lo scontro più duro tra Stati Uniti e Russia non si svolgerà in Ucraina ma al Polo.
Il deterioramento dei rapporti con l’Europa e l’America a seguito della crisi ucraina potrebbe avere il duplice effetto di ostacolare la cooperazione e la soluzione della controversia sulla dorsale in sede Onu e rendere ancora più aggressiva la Russia oltre il 70° parallelo.
La posizione di Mosca, al Polo come in Ucraina, è splendidamente sintetizzata dalle parole di Chilingarov: “Quello che ci sta a cuore sono gli interessi della Russia. Semplicemente, non ci sono altre priorità per noi”.
Nelle settimane in cui annetteva la Crimea senza sparare un colpo, la Russia metteva a segno anche un’altra conquista a ben altre latitudini. La commissione dell’Onu sui limiti della placca continentale ha riconosciuto il diritto di Mosca su un’area di 52mila chilometri quadrati nel mare di Okhotsk, al largo della Kamchatka.