Sono il tempo e la memoria a scandire i passi e gli sguardi dei visitatori del Centre Pompidou di Parigi, dove l’artista Anselm Kiefer, dopo trent’anni di assenza in Francia, è stato invitato ad allestire una grande retrospettiva. Centocinquanta le opere a disposizione del famoso contenitore di arte contemporanea della capitale francese, una decina di sale adibite a contenere un estratto di oltre cinquant’anni di ricerca, uno studio tradotto in pittura, scultura, installazioni monumentali, libri d’artista.
Kiefer nacque nella Germania reduce dal Secondo conflitto mondiale, in un periodo storico in cui i fatti dell’epoca e la memoria individuale si mescolarono al punto da caratterizzare fortemente prima la sua infanzia e, in seguito alla sua scelta di diventare un pittore, anche una prima serie di azioni artistiche. Tra le prime conosciute si ricorda infatti la serie fotografica di fine anni Sessanta intitolata Occupazioni, dove Kiefer è immortalato col braccio teso nel saluto nazista davanti a luoghi che egli considera simboli della Germania Ovest e della Germania Est. Molte fotografie vennero tradotte in pittura negli anni successivi, in un esercizio che fin dagli anni Settanta evidenziò la sua volontà di non mettere da parte la storia, anche quando è fatta di molte ombre e poche luci. Questa posizione rispetto ad un passato per molti troppo recente e doloroso, lo portò a sperimentazioni spesso considerate oltre il limite del provocatorio, che gli valsero pesanti critiche e censure.
Per questo motivo, egli preferì portare la sua capacità tecnica e le sue sperimentazioni materiche oltre i confini del proprio paese, ampliando nel tempo non solo le tematiche affrontate, ma anche le dimensioni delle sue tele – grazie all’incoraggiamento del collega e maestro, Joseph Beuys – e l’amalgama degli elementi fissati su di esse. Tra i materiali più amati da Kiefer si annoverano il piombo, l’acqua ed il metallo, ma anche i semi di girasole, la sabbia e la ruggine. Tra le tematiche politiche, religiose, filosofiche più controverse – sempre legate al secondo conflitto mondiale – spicca ad esempio l’approfondimento del misticismo ebraico a cominciare dalla seconda metà degli anni Ottanta.

Il percorso proposto al Centre Pompidou permette di ripercorrere momenti emblematici della storia umana del nostro secolo come di quella di Kiefer. Nei suoi immensi quadri raramente si individuano figure umane, in compenso l’architettura massiccia e i paesaggi consunti fanno da scenografia per tutti gli elementi, spesso tridimensionali, che l’artista mette in connessione per raccontare qualcosa. Ad esempio i libri, simbolo del sapere che eleva l’uomo, e le lastre di piombo, l’unico metallo in grado di “sostenere il peso della storia umana”. Attraverso opere come Quaternität (1973), Varus (1976), Margarete (1981) e Sulamith (1983), Aschenblume (2006) ci si avvicina di più a comprendere l’idea che la vita umana sia una sorta di alchimia, come afferma Kiefer: “l’universo è un immenso forno dove spirito e materia vengono costantemente creati, distrutti e ricreati in un processo continuo e infinito”.
Incredibili le circa quaranta vetrine realizzate appositamente per questa mostra, anch’esse incentrate sul tema alchimico e sulla Cabala. Partendo dal presupposto che la vetrificazione di per sé è già un processo di trasformazione, Kiefer ha immaginato una serie di connessioni tra gli oggetti posti all’interno della vetrina e la vetrina stessa, dove sono in qualche modo sospesi in un limbo, a metà tra ciò che sono stati e quello che diventeranno.
“L’arte deve sempre tentare di arrivare alla verità, anche se non ci riesce deve avvicinarsi il più possibile alla verità”
Anselm Kiefer
16 dicembre 2015 – 18 aprile 2016
Centre Pompidou, Parigi
https://www.centrepompidou.fr/cpv/resource/c6XxqAX/rgXxaGa
Sono il tempo e la memoria a scandire i passi e gli sguardi dei visitatori del Centre Pompidou di Parigi, dove l’artista Anselm Kiefer, dopo trent’anni di assenza in Francia, è stato invitato ad allestire una grande retrospettiva. Centocinquanta le opere a disposizione del famoso contenitore di arte contemporanea della capitale francese, una decina di sale adibite a contenere un estratto di oltre cinquant’anni di ricerca, uno studio tradotto in pittura, scultura, installazioni monumentali, libri d’artista.
Kiefer nacque nella Germania reduce dal Secondo conflitto mondiale, in un periodo storico in cui i fatti dell’epoca e la memoria individuale si mescolarono al punto da caratterizzare fortemente prima la sua infanzia e, in seguito alla sua scelta di diventare un pittore, anche una prima serie di azioni artistiche. Tra le prime conosciute si ricorda infatti la serie fotografica di fine anni Sessanta intitolata Occupazioni, dove Kiefer è immortalato col braccio teso nel saluto nazista davanti a luoghi che egli considera simboli della Germania Ovest e della Germania Est. Molte fotografie vennero tradotte in pittura negli anni successivi, in un esercizio che fin dagli anni Settanta evidenziò la sua volontà di non mettere da parte la storia, anche quando è fatta di molte ombre e poche luci. Questa posizione rispetto ad un passato per molti troppo recente e doloroso, lo portò a sperimentazioni spesso considerate oltre il limite del provocatorio, che gli valsero pesanti critiche e censure.