Secondo la stampa tedesca, 27 dei 28 Paesi Ue avrebbero firmato un documento molto critico verso Pechino, che denuncia il carattere egemonico del colossale progetto di Xi. Ma mentre va tardivamente in cerca di una posizione comune, non è chiaro cosa l’Europa intenda o possa fare per affrontarlo
Nel momento di maggior tensione commerciale tra Pechino e Washington, l’Unione Europea si prepara a entrare a gamba tesa contro la Nuova Via della Seta cinese
Ventisette dei ventotto ambasciatori dei Paesi Ue a Pechino avrebbero firmato un report molto duro nei confronti del faraonico progetto di Xi, fa sapere il quotidiano economico tedesco Handelsblatt, considerato “contrario alla politica di promozione del libero scambio della Ue, e destinato ad avvantaggiare solo compagnie cinese sussidiate”
Il report è parte del percorso preparatorio in vista del vertice Ue-Cina di giugno, per il quale la Commissione europea sta redigendo un documento strategico che delineerà una posizione comune sulla Nuova Via della Seta.
“Non dovremmo rifiutarci di cooperare, ma dovremmo dichiarare educatamente ma fermamente i nostri termini”, ha affermato un alto diplomatico dell’Ue, aggiungendo che le imprese cinesi “non devono ricevere un trattamento preferenziale nell’aggiudicazione degli appalti pubblici”.
Insomma, sembra che venga utilizzata una indiscutibile volontà egemonica cinese – unica al mondo al momento ad avere forza, liquidità e volontà a prospettare un simile piano mondiale – per contestare un mancato protagonismo europeo. Senza addentrarci in interminabili disamine circa la mancanza di una posizione comune europea, tanto che ogni stato dell’Unione si è mosso in modo autonomo nei confronti della Cina, aprendo totalmente agli investimenti cinesi, o provando a calibrarli, di sicuro la Ue paga una mancata partecipazione fin dall’inizio del lancio del progetto della Nuova Via della Seta.
Qualche settimana prima del maestoso summit sulla Nuova Via della Seta lanciato a Pechino un anno fa, il South China Morning Post ricordava che «il capo della politica estera dell’Ue, Federica Mogherini, ha dichiarato che la Ue offrirà un forte sostegno all’iniziativa. Ma molti diplomatici europei hanno detto che i leader dei Paesi europei non hanno grandi aspettative sul raggiungimento di accordi o risultati concreti dal vertice; vogliono solo che aumentino la loro comprensione dell’iniziativa».
Un anno fa quindi la Ue dichiarava di dovere ancora davvero capire il progetto cinese. Ma dopo il summit sembrava che tutto fosse più chiaro: i Paesi europei presenti – a Pechino erano andati rappresentanti di Belgio, Estonia, Germania, Ungheria, Italia (con il presidente del consiglio Paolo Gentiloni) e Spagna – respinsero la dichiarazione finale.
La Cina – scriveva allora il Guardian – «aveva sperato che tutti gli stati membri della Ue, così come le altre nazioni presenti alla conferenza, appoggiassero il testo. Pechino aveva dichiarato il forum come il più importante evento diplomatico dell’anno e sperava che avrebbe conferito legittimità globale alla firma dell’iniziativa di politica estera di Xi. I leader di Africa, Asia e America Latina sono arrivati a Pechino per mostrare il loro sostegno». E tutti loro avevano firmato.
Tuttavia «i leader delle maggiori potenze occidentali, tra cui Donald Trump, Angela Merkel e Theresa May, non hanno partecipato all’evento mentre l’India ha espresso opposizione pubblica a quello che un giornale ha definito un’impresa coloniale».
I motivi per i quali i membri europei avevano rifiutato la firma del documento finale sono gli stessi espressi dal documento che Handelsblatt avrebbe visionato: allora, «una sintesi pubblica della posizione dell’Ue sull’iniziativa della Nuova Via della Seta ha suggerito che i membri volevano assicurarsi che i progetti fossero economicamente e ambientalmente sostenibili e soggetti a procedure di appalto eque».
Handelsblatt, infatti, sottolinea che gli ambasciatori avrebbero scritto nel documento congiunto che la Cina vuole «modellare la globalizzazione per soddisfare i propri interessi» e che allo stesso tempo, «l’iniziativa persegue obiettivi politici interni come la riduzione delle capacità in eccesso, la creazione di nuovi mercati di esportazione e la salvaguardia dell’accesso alle materie prime».
Nel documento si avvertirebbe inoltre che «le aziende europee potrebbero non riuscire a concludere buoni contratti se la Cina non sarà spinta ad aderire ai principi europei di trasparenza negli appalti pubblici, nonché agli standard ambientali e sociali».
Un altro aspetto del documento europeo sottolineerebbe altri importanti punti: la Cina, si leggerebbe tra le righe, sfrutterebbe la mancanza di una politica estera comune dei membri della Ue, per dividere l’Europa stessa.
E non solo: per quanto il presidente cinese Xi Jinping insista a specificare che il progetto cinese non è egemonico, «la Cina deve ancora fornire informazioni esatte sul modo in cui le imprese straniere hanno finora beneficiato direttamente del programma di sviluppo cinese. Il Fondo della Via della Seta da 40 miliardi di dollari è stato istituito nel 2014 per investire in Paesi lungo le rotte commerciali, ma non è chiaro chi sia idoneo per gli investimenti e in che termini. Uno studio tedesco pubblicato a febbraio dall’agenzia governativa Gtai per il commercio estero e l’agenzia di marketing degli investimenti e l’Associazione delle Camere di commercio e industria tedesche ha concluso che il progetto della Nuova Via della Seta è spesso incentrato su Paesi politicamente instabili con quadri giuridici incerti. L’amministratore delegato di Gtai ha affermato che circa l’80% dei progetti finanziati dalle banche statali cinesi è andato in passato in aziende cinesi».
Niente di nuovo, in realtà: si tratta del prendere atto che la Cina ha in mente un progetto egemonico – nonostante le rassicurazioni di Pechino – da un punto di vista commerciale: soldi, investimenti, banche di investimenti, progetti per le proprie aziende e controllo geopolitico degli snodi commerciali. L’Europa – e questo documento più che una critica in sé potrebbe essere visto come una richiesta di rassicurazioni da parte di Pechino – deve decidere, in pratica, come porsi di fronte a un dato che pare ineluttabile.
Come ha spiegato Joe Kaeser, il boss del colosso tedesco Siemens, che lo si voglia o meno il progetto di Nuova Via della Seta cinese costituirà la futura ossatura di una nuova organizzazione mondiale del commercio.
@simopieranni
Secondo la stampa tedesca, 27 dei 28 Paesi Ue avrebbero firmato un documento molto critico verso Pechino, che denuncia il carattere egemonico del colossale progetto di Xi. Ma mentre va tardivamente in cerca di una posizione comune, non è chiaro cosa l’Europa intenda o possa fare per affrontarlo