Secondo una recente inchiesta europea, in Romania ogni anno 20 milioni di metri cubi di legname vengono tagliati senza permesso e poi ceduti ad altre imprese, per lo più europee, per la lavorazione. L’estrazione illegale di legname rappresenta una delle attività più redditizie per le mafie a livello globale, accanto al traffico di droga e di armi
Quando si parla di disboscamento e di taglio illegale di legname, il discorso tende a concentrarsi su aree molto distanti da noi. L’Amazzonia, in primis, da sempre colpita da questo fenomeno, ma anche il Myanmar, che ha visto un peggioramento dei traffici illeciti di legno pregiato negli ultimi anni. In pochi però nominano l’Europa orientale, dove queste dinamiche, seppur in maniera diversa, sono estremamente diffuse.
Lo ha fatto un’inchiesta condotta da 40 media provenienti da 27 stati diversi: tra loro le testate italiane IRPI Media e L’Espresso, le tedesche Der Spiegel e Süddeutsche Zeitung, le francesi Le Monde e Radio France, guidate dall’International Consortium of Investigative Journalists (ICIJ), una rete globale che comprende 280 giornalisti investigativi. Il loro lavoro verrà pubblicato in maniera completa nel prossimo periodo. Una parte di questo, tuttavia, è già stata anticipata sui giornali tedeschi: si concentra sulla Romania, uno stato fortemente colpito dal commercio illegale di legname.
In Romania si trovano gran parte delle foreste vergini europee, fondamentali per immagazzinare ingenti quantità di anidride carbonica e ricoprire quindi un ruolo cruciale nella lotta al cambiamento climatico. Insieme alle foreste, però, nello stato si trovano anche numerosi gruppi mafiosi, che sfruttano proprio il legname per ottenere enormi guadagni.
L’inchiesta stima infatti che in Romania “spariscano” ogni anno 20 milioni di metri cubi di legname: per la maggior parte sono alberi che vengono tagliati illegalmente, senza che esistano i permessi. Per comprendere quanto i numeri siano significativi, è sufficiente pensare che si tratta della stessa quantità di legno che viene prodotta nel Paese in maniera legale e che la Germania, caratterizzata da una superficie molto maggiore e dalla presenza di ampie aree boschive, ricava mediamente 60 milioni di metri cubi di legname all’anno.
Gli alberi tagliati in Romania senza permesso vengono poi ceduti ad altre imprese, per lo più europee, che si occupano della loro lavorazione. Il commercio garantisce un guadagno per i gruppi locali, non a caso l’estrazione illegale di legname rappresenta una delle attività maggiormente redditizie per le mafie a livello globale, accanto al traffico di droga e di armi. Anche le aziende estere sono però avvantaggiate: in cambio della collaborazione con i gruppi criminali, queste mantengono infatti un importante canale di approvvigionamento di materie prime, presumibilmente comprate a prezzi più bassi rispetto a quelli del legame certificato.
Der Spiegel segnala il coinvolgimento in particolare di due imprese austriache, Egger e HS Timber, leader nella lavorazione del legno. Ma sarebbe errato pensare che l’Italia non sia coinvolta: il nostro Paese è tra i maggiori importatori di legname, anche a causa di uno scarso sfruttamento delle risorse presenti sul territorio. Ogni anno ne compra circa dieci milioni di metri cubi, in gran parte dalla Romania e da altri Paesi dove la produzione è poco trasparente, come Albania, Bosnia e Myanmar.
Il problema dello sfruttamento illegale di legname tocca anche le politiche energetiche dell’Unione Europea. Nella Direttiva sulle energie rinnovabili, che mira a ridurre le emissioni e la dipendenza da gas e petrolio, l’Ue ha infatti inserito la combustione di biomasse tra le fonti green. Tra le altre cose, le biomasse comprendono anche i pellet, prodotti dagli scarti di legname e, sempre più spesso, con l’utilizzo del legname vero e proprio.
L’inserimento di questa materia prima tra le fonti rinnovabili era già controversa, in quanto la sua combustione genera elevate quantità di anidride carbonica. Le inchieste sullo sfruttamento illegale di legname da parte della criminalità organizzata pongono ora un ulteriore problema: l’alta richiesta di pellet e legno per la produzione di energia può portare alla distruzione di fragili ecosistemi, con gravi conseguenze ambientali ma anche sociali, come sta accadendo in Romania. Qui si può già notare un aumento delle valanghe di fango, come osservato di recente dal fotografo Antonio Faccilongo a RaiCultura. “Eliminando intere parti di foresta e essendo la maggior parte dei villaggi nelle valli, queste vengono costantemente inondate di fango, con danni ingentissimi agli insediamenti umani, al bestiame e alle coltivazioni. E, soprattutto, con diverse vittime”.