Per molti il nome della Finlandia richiama alla mente Jyrki Katainen ed Olli Rehn, alfieri del rigore, ma la Finlandia è uno dei paesi che nelle elezioni per l’Europarlamento del maggio 2014 ha espresso più europeismo, ridimensionando gli euroscettici, che – rispetto alle elezioni politiche di tre anni fa – hanno perso il 6 per cento, scendendo al 13.

Non a caso il 23 giugno, appena un mese dopo il voto, il premier Jyrki Katainen è stato sostituito con Alexander Stubb, che da Ministro degli Esteri non si stancava mai di elencare i benefici della appartenenza alla UE e di approfondire i contatti con stati del sud della Unione Europea. Per il Partito della Coalizione Nazionale (Kansallinen Kokoomus, centrodestra europeista) gli elettori hanno scelto Alexander Stubb (che poi, diventando Primo Ministro ha lasciato il posto a Petri Sarvamaa) Sirpa Pietikäinen ed Henna Virkkunen, mentre per il Partito del Centro sono stati eletti Olli Rehn, Paavo Väyrynen e Anneli Jäätteenmäki , per i Social Democratici Lisa Jaakonsaari e Miapetra Kumpula-Natri.
Il Partito della Coalizione Nazionale negli ultimi anni ha cambiato la propria linea economica conservatrice, diventando un partito di centro liberale. Jyrki Katainen aveva già conferito al partito una linea favorevole ai diritti civili ed alla società multiculturale, ora Alexander Stubb ne sta rafforzando ancora di più l’identità europeista ed il 22 per cento dei voti alle europee è stato ottenuto sostenendo proprio questa linea.
Il tema dell’Europa è più problematico per il partito del Centro (Suomen Keskusta, uno dei maggiori partiti col 20 per cento) guidato da Juha Sipilä, il gruppo ha una storia di opposizione ai movimenti di destra tra le due guerre, di tutela dei rapporti con l’allora Urss nei decenni della presidenza di Urho Kekkonen in Finlandia e di promozione dell’ ecologia e del decentramento, ma la UE ha spesso diviso in profondità il partito, sebbene sia stato proprio il Centro a spingere la Finlandia ad entrarvi nel 1995: Paavo Väyrynen , che ha molto consenso nelle aree rurali, rappresenta una corrente diffidente verso il dirigismo europeo.
Arretra, rispetto alle politiche, il Partito dei Veri Finlandesi (“Perussuomalaiset”, un gruppo euroscettico) rappresentato all’Europarlamento da Jussi Halla-aho e da Sampo Terho: guidato Timo Soini, il Perussuomalaiset, difendendo il welfare, ha drenato consensi da una sinistra in crisi (dopo l’entrata di tendenze liberiste nelle social democrazie nordiche nel corso degli ultimi due decenni).
Il gruppo dei Veri Finlandesi presenta caratteristiche che lo accomunano a forze destrorse: la critica alle spese determinate dall’immigrazione e la diffidenza per l’Unione Europea, ma le sue radici risiedono nei movimenti populisti agrari degli anni settanta e tra i suoi cavalli di battaglia rimangono progressività delle imposte ed investimenti pubblici, tanto che molti ravvisano nel fenomeno una nostalgia per la vecchia Finlandia della socialdemocrazia ed il partito euroscettico, isolato in politica interna, dichiara di preferire i Social Democratici al Partito della Coalizione Nazionale, liberista e più di tutti pro-europeo.
A differenza di gruppi come Sverigedemokraterna e Dansk Folkeparti in paesi vicini, difficilmente si può classificare come forza di destra il Partito dei Veri Finlandesi, la cui crisi si può collegare anche alla capacità del Centro di promuovere esponenti eurocritici come Paavo Väyrynen , coniugando apertura internazionale ed esigenze interne. Tra i partiti meno grandi crescono i Verdi, rappresentati da Heidi Hautala; l’Alleanza di Sinistra con Merja Kyllönen; il Partito degli Svedesi (liberali, rappresentano la minoranza linguistica svedese) con Nils Torvalds.
Per molti il nome della Finlandia richiama alla mente Jyrki Katainen ed Olli Rehn, alfieri del rigore, ma la Finlandia è uno dei paesi che nelle elezioni per l’Europarlamento del maggio 2014 ha espresso più europeismo, ridimensionando gli euroscettici, che – rispetto alle elezioni politiche di tre anni fa – hanno perso il 6 per cento, scendendo al 13.