“Everyday I’m Çapuling!” è diventato in breve tempo il tormentone delle proteste di Gezi Park, un po’ come lo slogan commerciale di una celebre pubblicità. I manifestanti si sono appropriati di questo termine originariamente offensivo, trasformandolo con sapiente ironia nella loro divisa, reinventando il significato originale del termine. Ma, a più di due mesi di distanza dallo scoppio delle proteste, in che misura i giovani del movimento stanno ancora “çapulando”?

Il marchio delle rivolte di Piazza Taksim fa riferimento ad un neologismo, çapulcu, che in italiano potrebbe essere approssimativamente tradotto come “saccheggiatore”, “mercenario” o,in generale, indicare un qualsiasi buon a nulla che cerca di creare disordini senza obiettivi specifici.
Le origini di questo epiteto sono da ricercare a monte del movimento stesso, quando, agli inizi delle agitazioni di piazza, il premier Erdogan si affrettò a liquidare i membri del movimento come dei “çapulcu”, degli estremisti e dei mercenari istigati da gruppi internazionali, rifiutandosi categoricamente anche solo di prendere in considerazione le loro richieste.
“Noi manifestanti,però, ci siamo dimostrati superiori agli insulti di Erdogan”, ci dice Alara, studentessa alla Istanbul Teknik Üniversitesi, membro di #DirenGezi. “ Abbiamo fatto di çapulcu una catch phrase, il simbolo stesso della protesta; per mandare il messaggio ancora più efficacemente ci siamo riuniti in gran numero e abbiamo girato un video che ha sbancato sul web e sui social network, un vero fenomeno sociale, raggiungendo migliaia di visualizzazioni su YouTube in pochissime ore”.
Il titolo del video è, per l’appunto, “Everyday I’m çapuling”, ed è un rifacimento ironico del video hip hop “Everyday I’m hustling” di Rick Ross. Il filmato, che a primo sguardo potrebbe passare per un video stile Harlem Shake, è in realtà un messaggio che molti media, specie turchi,hanno fallito a trasmettere: proteste pacifiche, che vedono i manifestanti protestare ballando e marciando, e non distruggendo strade o edifici.
Il video “Everyday I’m Çapuling!” è stato ideato proprio con l’ironico intento di mostrare i manifestanti, i çapulcu, impegnati in attività decisamente “non çapuling”, in modo da contrastare il precedente uso del termine. Le rivolte sembrano aver risvegliato non solo la voglia di cambiamento in Turchia, ma anche uno spiccato senso d’umorismo nero tutto turco, riscontrabile anche nella street art ispirata alle proteste e ai graffiti anti-Erdogan della sponda europea. Esempio di questo nuovo umorismo politico è anche il cammeo di alcuni pinguini nel video di “Everyday I’m çapuling”, riferimento al documentario sull’Antartide che la CNN Turk ha mandato in onda agli inizi di Giugno 2013, anziché mostrare le proteste in diretta. Da qui, altra famosa hashtag sarcastica delle proteste: #ResistAntartica.
Umorismo, già, perchè “l’umorismo è un utilizzo di un’intelligenza sproporzionata contro un uso sproporzionato della forza (della polizia). E’ rilassante, e si riesce ad esprimere tantissimo in una semplice e breve frase. Inoltre dimostra che i protestanti sono sicuri di sé, di ciò che fanno. E dimostra al mondo che non siamo quei terroristi arrabbiati per cui vogliono farci passare”.
Il termine çapulcu non è solo diventato un fenomeno sociale, ma anche un segno di riconoscimento per tutti i partecipanti alle proteste; chiunque abbia partecipato alle manifestazioni di piazza in prima persona,infatti, lo ha reso pubblico accostando la parola “çapulcu” ai propri nomi reali su facebook e twitter.
La frase è stata resa ancora più famosa tramite le famose hashtags di twitter( #çapuling, #everydayimçapuling, etc.), attraverso cui è possibile rintracciare i tweet relativi a questo web phenomenon.
“Ci sono stati addirittura dei casi in cui alcuni ragazzi sono stati fermati dalla polizia per il troppo elevato uso di twitter e di queste hashtags”, continua a spiegarci Alara. “34 studenti, tra cui un mio amico, sono stati presi in custodia a causa dei loro troppo frequenti tweet sulle posizioni dei blocchi di polizia, delle aree di pronto soccorso, numeri di telefono di dottori,avvocati, infermieri. E ciò fa capire in che proporzioni il ruolo del web-activism abbia un impatto su simili eventi che coinvolgono la società civile. Tutti abbiamo usato Twitter per comunicare perdite, posizioni, avvertenze, anche chi non si è fisicamente impegnato nelle proteste. Personalmente, non avevo mai fermamente creduto nel web activism, prima di essere travolta in prima persona dalla potenza dirompente dei social network. A Gezi Park, avevamo un cartello accanto a “Resisistanbul” con su scritto “Resisti batteria del telefono”(ride). Ci sarà pure un motivo se gli ex dittatori della Primavera Araba, e ironicamente anche Erdogan stesso, abbiano definito Twitter “portatore di guai”. E’ un fenomeno inarrestabile: #DirenGezi è stato Trending Topic n.1 su Twitter, ed è ancora nella Top 3.“
Quando chiedo ad Alara se la gioventù turca, almeno per ora, ha smesso di “çapulare”, lei ride: “Noi non abbiamo mai smesso. Forse è quello che pensate voi stranieri perché i media internazionali hanno smesso di porre attenzione agli eventi in Turchia. Solo perché il bum-bum, l’azione della rivolta di strada si è temporaneamente fermato, i media hanno smesso di occuparsi di noi, perché solo immagini di guerriglia da action movie attirano stampa e telespettatori. Ma non ci fermeremo senza prima aver ottenuto dei risultati. Everyday we are (still) çapuling – Ogni giorno stiamo (ancora) “çapulando”. Anche se le occupazioni fisiche del parco e della piazza si sono temporaneamente arrestate, la rivoluzione continua da casa, dai nostri portatili,dai nostri cellulari”.
Nonostante la voglia di fare ed ottenere dei tanti attivisti come Alara, non è facile negare che i problemi politici e il ricordo delle rivolte appaiano un po’ più lontani in questi giorni di festa. La Turchia infatti è presa dai festeggiamenti del Bayram (la versione turca dell’eid al-fitr – il rompimento del digiuno dopo il mese di Ramadan), e Istanbul appare calma e soleggiata; ma, a quanto pare, nonostante l’apparente tranquillità delle commemorazioni religiose,il capitolo Gezi Park risulta lontano dall’essere chiuso.
“Everyday I’m Çapuling!” è diventato in breve tempo il tormentone delle proteste di Gezi Park, un po’ come lo slogan commerciale di una celebre pubblicità. I manifestanti si sono appropriati di questo termine originariamente offensivo, trasformandolo con sapiente ironia nella loro divisa, reinventando il significato originale del termine. Ma, a più di due mesi di distanza dallo scoppio delle proteste, in che misura i giovani del movimento stanno ancora “çapulando”?