Entro il 2035 quasi la metà degli investimenti mondiali in infrastrutture interesserà l’Asia. Cresce l’export italiano in Cina, India e Vietnam
La politica estera italiana deve lavorare per promuovere e agevolare l’export delle imprese. L’obiettivo è arrivare a raggiungere 500 miliardi di esportazioni nei prossimi anni, creando occasioni e opportunità per il Made in Italy. È la sintesi del ragionamento, da condividere, del sottosegretario agli Affari Esteri, Manlio Di Stefano, intervenuto il 23 gennaio 2020 al convegno organizzato e promosso da Assolombarda e Ispi a Milano. In questo quadro bisogna puntare di più sull’Asia perché sta diventando il secondo motore della crescita mondiale dopo gli Usa che stanno entrando nel loro 11° anno di crescita continuativa e non si può escludere una recessione.
Analizziamo gli ultimi dati dell’Anie, la federazione nazionale imprese elettrotecniche ed elettroniche della Confindustria per capire, con un esempio settoriale, perché l’Asia e l’Asia orientale deve diventare, al di là dei pur gravi episodi di cronaca odierni sulla pandemia del coronavirus e dei suoi effetti sulla crescita, un obiettivo prioritario del nostro export nel prossimo decennio.
Negli ultimi anni le imprese Anie hanno raggiunto mercati sempre più lontani dal tradizionale baricentro europeo, adattando la propria offerta tecnologica a una clientela diversificata (all’area extra Ue oggi sono rivolte quasi la metà delle vendite estere del settore). Con riferimento in particolare al continente asiatico nel suo complesso, ad esso è rivolta una quota vicina al 20% del totale dell’exportelettrotecnico ed elettronico italiano. Poco? Non proprio.
Se diamo un’occhiata alle esportazioni italiane di elettrotecnica ed elettronica per macro aree di destinazione in percentuale e riferite all’anno 2018 capiremo subito l’importanza del mercato asiatico. La Ue accoglie il 54% della quota export; l’Europa extra Ue il 9%; l’Africa il 6%; l’Asia Pacifico il 20%; l’America l’11%, secondo elaborazioni Anie su dati Istat.
Guardando in dettaglio all’Asia orientale − area trainante per la crescita economica mondiale − nel 2018 le esportazioni italiane di tecnologie elettrotecniche ed elettroniche ammontavano a circa 4 miliardi di euro. Nell’ultimo quinquennio (2013-2018) le esportazioni del settore hanno registrato in questa area un incremento medio annuo pari al 7,8%, un tasso doppio rispetto alla media complessiva (+3,4% la variazione medio annua verso il totale mondo e +6,1% verso il continente asiatico nel suo complesso). Secondo i dati preliminari dell’Anie, nonostante un contesto congiunturale più critico, nel 2019 le esportazioni di tecnologie italiane in Asia orientale hanno registrato un incremento annuo vicino al 10%, un tasso decisamente più dinamico rispetto alla media mondiale e del continente asiatico nel suo complesso penalizzato dalle maggiori criticità presenti in Medio Oriente. In un’ottica di più lungo periodo, in questa area la domanda di tecnologie è trainata da crescita economica e sviluppo infrastrutturale (entro il 2035 si stima che quasi la metà degli investimenti mondiali in infrastrutture interesserà l’Asia). Ecco il punto fondamentale da non dimenticare.
Ma c’è di più. Secondo un rapporto Sace Simest “nel corso degli anni la Cina è diventata un mercato sempre più ricco di opportunità per le imprese italiane con proiezione internazionale. Soltanto nell’ultimo decennio, il valore dei prodotti Made in Italy esportati verso Pechino è più che raddoppiato: si è passati dai 6,3 miliardi di euro del 2007 ai 13,5 nello scorso anno. Il Paese oggi si colloca al nono posto nella classifica dei mercati di destinazione dell’export italiano e al primo se consideriamo il solo continente asiatico, davanti a Giappone, Hong Kong, Corea del Sud e India. La Cina ha rappresentato uno dei principali traini dell’export italiano di beni nel 2017 (+22,2% rispetto al 2016), con trend particolarmente positivi nei settori dei beni di investimento (meccanica strumentale e mezzi di trasporto).
Il ventaglio di prodotti italiani destinati in Cina è piuttosto ampio e abbraccia una vasta gamma di settori. Tra i prodotti della meccanica strumentale, quelli maggiormente richiesti da Pechino sono: apparecchi meccanici e loro parti; oggetti di rubinetteria; macchine e apparecchi per l’imbottigliamento e l’etichettatura; macchine e apparecchi per incapsulare bottiglie, boccali e tubi; macchine per l’imballaggio. Nel settore dei mezzi di trasporto, è il comparto automotive a riscuotere maggior successo. Sempre secondo le previsioni Sace Simest l’export italiano in Cina proseguirà il cammino sul sentiero di crescita anche nei prossimi anni. È infatti atteso un incremento a un tasso medio dell’8,8% tra il 2019 e il 2021 che consentirà di sfiorare quota 20 miliardi di euro nell’ultimo anno di previsione. La quota di mercato italiana in Cina è dell’1,1% rispetto all’1,4% della Francia e al 5,4% della Germania. C’è dunque un gap da recuperare rispetto ai nostri partner. Senza dimenticare i beni di lusso italiani di cui i cinesi sono tra i principali utilizzatori.
Secondo l’ufficio commerciale dell’ambasciata italiana a Delhi, l’India ha numerosi vantaggi competitivi: un sentiero di crescita potenziale, dimensione del mercato e crescita della domanda, disponibilità e basso costo del fattore lavoro, la disponibilità di risorse qualificate e di ingegneri rendono l’India una destinazione privilegiata per l’apertura di centri di R&D, e con disponibilità di materie prime.
Tra i settori strategici per l’internazionalizzazione delle imprese italiane si segnalano le infrastrutture, la meccanica e meccatronica, le energie rinnovabili, il comparto automobilistico, il settore delle tecnologie agroalimentari e dell’ICT.
Tra il 1991 al 2011 l’interscambio Italia-India è cresciuto di 12 volte, passando da 708 milioni di euro a 8,5 miliardi di euro. A partire dal 2012 è iniziato un trend decrescente, che ha portato il commercio bilaterale a 7,2 miliardi di euro nel 2014. Il biennio 2016-2017 ha visto un nuovo incremento dell’interscambio, che nel 2017 si è attestato a 8,7 miliardi di dollari (+10.3%). L’Italia è solo il quinto partner commerciale dell’India tra i Paesi Ue (dopo Germania, Belgio, Regno Unito e Francia). Nel 2017, l’export italiano verso l’India si è attestato ai 3,576 miliardi di dollari, mentre l’import dall’India ha raggiunto i 5,147 miliardi di dollari.
Il Vietnamè una realtà da tenere in considerazione per il prossimo futuro. Secondo Infomercatiesteri, sito della diplomazia economica italiana coordinato dalla Farnesina “l’interscambio totale italo-vietnamita mostra un andamento estremamente vivace. Decuplicato tra il 2006 e il 2016, ha registrato nel 2016 un incremento del 6,83% su base annua, superando i 4 miliardi di euro. Il Vietnam è oggi il nostro primo partner commerciale tra i paesi ASEAN mentre l’Italia rappresenta per il Vietnam, in ambito Ue, il quinto partner commerciale per interscambio complessivo”.
Nel 2017 ha registrato un valore di 3,7 miliardi di euro con una flessione rispetto al 2016. Le nostre importazioni sono diminuite del 14,57% mentre le nostre esportazioni sono cresciute del 12,11% comportando un miglioramento del saldo, che rimane comunque deficitario per l’Italia.
Per volume dell’interscambio l’Italia è in assoluto il 18° partner commerciale del Vietnam. Tra i 28 Ue figura al quinto posto (dopo Germania, Paesi Bassi, Regno Unito e Francia) per volume dell’interscambio, al sesto (dopo Paesi Bassi, Germania, Regno Unito, Austria, Francia) come sbocco dei prodotti vietnamiti, e al secondo come esportatore (dopo la Germania precedendo Francia, Regno Unito, Paesi Bassi e Spagna). Le nostre esportazioni sono costituite da macchinari, materiali per le industrie calzaturiera e tessile, prodotti alimentari e prodotti chimiciefarmaceutici.
La politica estera italiana deve lavorare per promuovere e agevolare l’export delle imprese. L’obiettivo è arrivare a raggiungere 500 miliardi di esportazioni nei prossimi anni, creando occasioni e opportunità per il Made in Italy. È la sintesi del ragionamento, da condividere, del sottosegretario agli Affari Esteri, Manlio Di Stefano, intervenuto il 23 gennaio 2020 al convegno organizzato e promosso da Assolombarda e Ispi a Milano. In questo quadro bisogna puntare di più sull’Asia perché sta diventando il secondo motore della crescita mondiale dopo gli Usa che stanno entrando nel loro 11° anno di crescita continuativa e non si può escludere una recessione.
Analizziamo gli ultimi dati dell’Anie, la federazione nazionale imprese elettrotecniche ed elettroniche della Confindustria per capire, con un esempio settoriale, perché l’Asia e l’Asia orientale deve diventare, al di là dei pur gravi episodi di cronaca odierni sulla pandemia del coronavirus e dei suoi effetti sulla crescita, un obiettivo prioritario del nostro export nel prossimo decennio.
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