Nel bollettino di guerra settimanale dedicato alle disgrazie indiane dai media italiani stavolta ha fatto scalpore l’avvelenamento di cibo nella mensa scolastica di un istituto rurale del Bihar: 23 gli studenti morti, tutti tra i 5 i 12 anni.

La causa, secondo quanto rivelano i giornali, sembra essere un elevato livello di pesticida contenuto nel riso. Come ci sia finito dentro, difficile stabilirlo.
Le ipotesi spaziano dal mancato lavaggio del riso prima di cucinarlo all’inquietante scoperta di un barile di pesticida in cucina, vicino a quello di olio vegetale ed olio di mostarda: scene schockanti ma non troppo, in un contesto rurale dove la consapevolezza di rischi per la salute è ai minimi livelli.
Pur di fronte alla tragedia – come spesso succede qui con tragedie che ad una valutazione cinica difficilmente sono imputabili a particolari responsabilità personali – la politica indiana è riuscita ancora una volta a dare il peggio di sé, innescando un giro di accuse e controaccuse tra il Bharatiya Janata Party (Bjp) ed il Janata Dal Party (Jdp) estremamente radicato in Bihar e, attualmente al potere.
Un mesetto fa la coalizione di governo del Bihar, che comprendeva Jdp e Bjp appunto, è esplosa per volere di Nitish Kumar, chief minister dello stato nord occidentale e figura di spicco del Jdp. Il problema: l’elevazione a capofila per le prossime elezioni nazionali di Narendra Modi, chief minister del Gujarat e uomo forte del Bjp; molto carismatico e, soprattutto, estremista hindu dichiarato.
Ora, in Bihar il voto musulmano e buddhista ha un peso molto rilevante, motivo per il quale Kumar ha deciso di staccare la spina prima di finire nel tritacarne anti-estremista che presto diverrà agenda dell’informazione pro Congress, partito di “centrosinistra” e “laico”. Uno sgarbo che al Bjp non hanno preso bene, riuscendo con sprezzo dell’assurdità ad incolpare esclusivamente Kumar e il Jdp prima delle bombe a Bodh Gaya ed ora di quei 23 bambini morti di approssimazione e incuria delle condizioni dell’India rurale (problema a livello indiano, non esclusivo del Bihar). In campagna elettorale, maneggiare salme fa prendere o perdere voti.
Un’altra considerazione sulle mense. Tempo fa parlavo con un caro amico bengalese, maestro delle medie in una scuola di campagna. Mi spiegava che il governo, per incentivare la scolarizzazione in India – che ora vanta un alfabetismo fermo a un problematico 75 per cento contro l’84 di media mondiale, ma nel 1947 si attestava al 12 per cento – negli anni ’60 ha introdotto il pranzo gratuito per chi si presenta in classe. Il risultato, a detta dell’amico, è stato avere classi dai numeri fluttuanti durante la settimana, dai 20 ai 50 bambini a seconda delle condizioni economiche delle famiglie: se le cose vanno bene, stai a casa a lavorare; se vanno male, vai a scuola almeno mangi.
Bicchiere mezzo pieno.
Nel bollettino di guerra settimanale dedicato alle disgrazie indiane dai media italiani stavolta ha fatto scalpore l’avvelenamento di cibo nella mensa scolastica di un istituto rurale del Bihar: 23 gli studenti morti, tutti tra i 5 i 12 anni.