La storica alleanza tra Washington e Manila sembra sempre più lontana. Rodrigo Duterte, presidente delle Filippine in carica dal 30 giugno scorso, ha più volte attaccato Barack Obama e la politica statunitense. Allo stesso tempo non ha nascosto l’intenzione di avvicinarsi a Pechino e Mosca.
Non a caso Duterte – che oggi atterra in Cina dove rimarrà fino al 21 ottobre – ha scelto proprio Pechino come prima visita ufficiale al di fuori del sud-est asiatico. Una mossa che nessun leader di Manila aveva fatto. Fino ad ora, infatti, non era mai successo che un presidente filippino si recasse nella capitale cinese prima che a Washington. «La Cina mi ha ripetutamene invitato ed io ho accettato», ha spiegato. Aggiungendo che non è escluso un viaggio in Russia a breve.
Da Pechino, intanto, fanno sapere che l’incontro servirà «ad aumentare la fiducia reciproca, a rafforzare la cooperazione tra i due paesi e ad approfondire la tradizionale amicizia». Una cosa, però, è sicura. In questa visita Duterte, che sarà accompagnato da duecento businessmen, parlerà di affari. Tra questi si tratterà anche dell’acquisto di nuovi armamenti che il presidente ha chiesto alla Cina per continuare a combattere il narcotraffico. Una guerra che ha indignato molte organizzazioni umanitarie, l’Unione Europea, le Nazioni Unite, la Chiesa e lo stesso Barack Obama. Ma non Pechino che, al contrario, supporta la battaglia intrapresa dal leader di Manila. «Comprendiamo e sosteniamo la politica del governo filippino di dare priorità alla lotta contro la criminalità e la droga», ha dichiarato recentemente Geng Shuang, ministero degli Esteri cinese.
Secondo Bonnia Glaser, esperta del Centre for Strategic and International Studies (CSIS) di Washington, «è troppo presto per interpretare la visita di Duterte in Cina come l’inizio di un nuovo corso della diplomazia filippina». Di certo, però, ha spiegato la studiosa, «il riavvicinamento tra le Filippine e la Cina ha una portata non trascurabile se si considerano le dispute territoriali nel Mar cinese meridionale che hanno contrapposto i due paesi negli ultimi anni».
In una recente intervista rilasciata alla televisione Al Jazeera, Duterte ha sottolineato la necessità di risolvere la controversia attraverso la diplomazia. E la settimana scorsa aveva ordinato alla marina di fermare i pattugliamenti congiunti con gli Stati Uniti nell’area. «Bisogna evitare ogni azione da parte delle Filippine che possa essere considerata come un atto di ostilità da parte di Pechino», aveva specificato il presidente.
Le autorità cinesi, è ovvio, cercheranno di approfittare della visita di Duterte per attrarre nella propria sfera di influenza le Filippine, fino ad oggi uno degli alleati chiave degli yankee nel sud-est asiatico. Troveranno spianata la strada. E probabilmente gli Stati Uniti dovranno guardare più a ovest, verso la Thailandia che verrà.