La settimana passata – a distanza di un mese dalla catastrofica operazione dell’anti-terrorismo che doveva portare alla cattura di sospetti miliziani islamisti e che invece è costata la vita a 44 agenti – le forze del governo filippino hanno lanciato una nuova operazione nel sud del Paese contro il gruppo «Bangsamoro Islamic Freedom Fighters» (BIFF). Il bilancio dell’intervento armato – non ancora concluso – è di oltre 130 morti e circa 90 mila sfollati.
Molti i gruppi islamici attivi
Il Bangsamoro è una regione delle Filippine composta da una popolazione prevalentemente musulmana, scossa da più di trent’anni di guerriglia fra il governo e diversi gruppi estremisti. I miliziani del BIFF, sono una fazione fuoriuscita dal «Moro Islamic Liberation Front» (MILF) dopo un accordo di pace firmato nel 2012 tra quest’ultimi e il governo di Manila. L’accordo – in bilico dopo gli scontri di questo periodo – prevede la creazione di una regione autonoma musulmana nella parte meridionale di Mindanao entro la fine del 2016. Un altro gruppo attivo è il «Moro National Liberation Front» (MNLF), nato alla fine del degli anni sessanta sotto la guida di Nur Misuari. Attualmente, se pur in grado di organizzare azioni di guerriglia, è un gruppo non molto numeroso.
«Abu Sayyaf Group», l’organizzazione più attiva e violenta
Ed infine «Abu Sayyaf Group» (ASG) – un gruppo da sempre molto vicino ad «al-Qaeda» e più recentemente vicino ad ISIS, lo Stato islamico guidato dal califfo Abu Bakr Al-Baghdadi – fondato alla fine degli anni ottanta da Abdurajik Janjalani – che aveva combattuto durante l’invasione sovietica in Afghanistan – morto nel 1998 durante uno scontro a fuoco con la polizia filippina. L’obiettivo dell’organizzazione è quello di creare uno stato islamico indipendente basato sulla legge della sharia nella regione del Mindanao e nell’arcipelago di Sulu. Proprio quest’arcipelago, composto da tantissime isole situate nella parte del mare che separa le Filippine dalla Malayesa, è diventato negli anni una delle roccaforti più importanti del gruppo.
ASG, nonostante sia considerato il gruppo più piccolo a livello numerico con circa 400 componenti, è responsabile dei più gravi atti di terrorismo compiuti nel Paese, tra cui quello ad un traghetto nel 2004 dove morirono più di 100 persone, o quello avvenuto il 25 dicembre 2010 nella cappella del Sacro Cuore di Jolo proprio durante le celebrazioni del Natale. Gli Stati Uniti hanno inserito l’organizzazione nella lista dei gruppi terroristi mentre le Filippine, ufficialmente, lo considerano solamente un’organizzazione criminale dedita a sequestri di molti stranieri e filippini a scopo di estorsione.
Il sogno di uno stato islamico slegato da singole ambizioni regionali
Il gruppo ASG mantiene ancora oggi stretti legami con la «Jemaah Islamiyah» (JI), un movimento terroristico panasiatico fondato negli anni novanta e slegato da singole ambizioni regionali. L’ambizione di JI, responsabile di attentati in Indonesia, fra cui la strage del 2002 a Bali che è costata la vita a oltre 200 persone, sarebbe quella di creare uno stato islamico che comprenda i territori della Thailandia del Sud – teatro di violenti scontri tra diversi gruppi radicali dell’etnia musulmana Malay e il governo – la Malesia, l’Indonesia, il Brunei, Singapore e, ovviamente, anche la parte meridionale delle Filippine.
Combattenti filippini nelle file dell’ISIS
Fidel Ramos, ex presidente del Paese, ha affermato, citando rapporti dell’intelligence, che circa cento filippini starebbero combattendo in Siria ed Iraq al fianco dei miliziani dell’ISIS. La notizia, pur essendo stata fino ad ora smentita dal governo di Manila, ha comunque lanciato l’allarme. E l’offensiva militare dell’anti-terrorismo in atto in questi giorni, potrebbe anche essere collegata.
La settimana passata – a distanza di un mese dalla catastrofica operazione dell’anti-terrorismo che doveva portare alla cattura di sospetti miliziani islamisti e che invece è costata la vita a 44 agenti – le forze del governo filippino hanno lanciato una nuova operazione nel sud del Paese contro il gruppo «Bangsamoro Islamic Freedom Fighters» (BIFF). Il bilancio dell’intervento armato – non ancora concluso – è di oltre 130 morti e circa 90 mila sfollati.