Steve Forbes, presidente e direttore editoriale dell’omonima rivista, in un editoriale si è scagliato contro la demonetizzazione in corso in India, giudicandola «immorale» e «nauseante». Pessima notizia per il governo Modi che ora, oltre ad essersi inimicato gran parte dell’ambiente progressista «si sinistra» mondiale, inizia a contare nemici di peso anche tra i campioni del libero mercato.
In due anni e mezzo di governo il premier Narendra Modi ha sempre seguito la stella polare del mercato, concentrando la propria opera di governo nella trasformazione del paese in un’economia performante, meta primaria degli investimenti internazionali. Al di là della realtà sul campo – sempre difficile da comprovare con efficacia, specie in un paese di 1,3 miliardi di persone – avere ottime percentuali di crescita del Pil e una buona copertura della stampa internazionale diciamo che aiuta non poco a convincere gli investitori internazionali.
Se l’India di Modi da due anni gode dei lussi di una crescita superiore al 7 per cento, prima tra le economie in via di sviluppo per due anni consecutivi, ora con l’azzardo della demonetizzazione sembra che anche la stampa internazionale si stia rendendo conto della catastrofe monetaria in corso nel subcontinente.
Questa mattina la stampa indiana ha ripreso in massa ampi stralci di un editoriale pubblicato su Forbes dal direttore editoriale (Steve Forbes) dedicato esclusivamente alle conseguenze dell’annuncio dell’8 novembre, quando tutta l’India si ritrovo con l’86 per cento dei contanti in circolazione tramutate, per effetto del diktat governativo, in carta straccia.
Una manovra che Forbes, un mese e mezzo dopo, giudica «immorale» e «nauseante», spingendosi a paragoni impietosi con una delle pagine più nere della storia indiana. Forbes scrive: « Era dai tempi della breve campagna di sterilizzazioni forzate negli anni Settanta – un periodo simile all’eugenetica nazi con cui il paese si occupò della “sovrappopolazione” – che il governo non si impegnava in qualcosa di così immorale», in riferimento alla campagna di sterilizzazioni forzate introdotta durante l’amministrazione di Indira Gandhi, che vide in Sanjay Gandhi (fratello di Rajiv) uno dei più allucinati promotori.
Per Forbes la demonetizzazione in India non è altro che un «furto generalizzato della proprietà privata dei cittadini, senza nemmeno dare la parvenza della necessità di un processo simile. Una manovra sconvolgente per un governo democraticamente eletto».
Respingendo le pretese di benefici sul breve termine e sull’efficacia di una manovra simile nella lotta alla corruzione e all’evasione fiscale, Forbes ritiene che la demonetizzazione non contribuisca assolutamente a sanare il deficit che il paese sconta nei confronti di altre economie. L’India, secondo Forbes, dovrebbe fare quanto segue: «tagliare le tasse per le imprese e sui redditi, semplificando l’intero sistema fiscale; far diventare la rupia forte come il franco svizzero; snellire le regolamentazioni, così che si possa aprire un’impresa in India a prezzi convenienti e in pochi minuti; tagliare radicalmente tutte le regole che rendono ogni progetto infrastrutturale una promessa a scadenza centenaria».
Niente che l’esecutivo Modi non abbia già in mente. Ma anche niente che abbia a che fare, in apparenza, con una manovra così spudorata e azzardata come la demonetizzazione.
@majunteo
Steve Forbes, presidente e direttore editoriale dell’omonima rivista, in un editoriale si è scagliato contro la demonetizzazione in corso in India, giudicandola «immorale» e «nauseante». Pessima notizia per il governo Modi che ora, oltre ad essersi inimicato gran parte dell’ambiente progressista «si sinistra» mondiale, inizia a contare nemici di peso anche tra i campioni del libero mercato.