Sotto un cielo tinto di azzurro, rosso e bianco, con le Ande sullo sfondo e al rullo dei tamburi dei guerrieri dell’Isola di Pasqua, in Cile è partita la Coppa America 2015.
Molte la ritengono una delle migliori coppe del mondo, ma ciò non ha trattenuto la Banca mondiale dall’annunciare, pochi giorni prima, che il continente dei grandi calciatori nell’economia quest’anno farà molti meno gol.
Proprio sui grandi favoriti, Argentina e Brasile, potrebbe abbattersi addirittura la scure della recessione. La regione che fu di Pelé e Maradona quest’anno crescerà meno del previsto passando dal già molto deludente 0,9% del 2014 a un misero 0,4%. L’America Latina “dovrà allacciare la cintura di sicurezza perché la strada si presenta accidentata”, avverte Kaushik Basu, l’economista capo della Banca Mondiale.
Il rapporto riserva, tuttavia, delle sorprese: esattamente ciò che si aspettano i latinoamericani anche dall’evento che di più li distrarrà dalle grigie prospettive economiche e che vedrà protagonisti leggende come Messi e Falcao e calciatori del calibro di Alexis, Vidal, Agüero, Di María, Tévez, Godín e Cavani.
Al calcio d’avvio, in una Santiago del Cile dove le giornate sono ormai quasi invernali, la presidente, Michelle Bachelet, ha sicuramente tirato un sospiro di sollievo. Le prossime tre settimane distoglieranno l’attenzione del paese – che non ha mai vinto una Coppa America –da scandali politici e da un ribasso Ocse delle previsioni di crescita dal 3,2% al 2,9%. Il periodo delle vacche grasse delle miniere e la minore domanda cinese di rame hanno messo a terra margini, investimenti e fiducia. Uno choc per un paese che dalla fine della dittatura nel 1990 è stato un’isola di tranquillità in un continente che non si è mai risparmiato colpi e contraccolpi politici ed economici. Il Cile si è svegliato disuguale e sotto gli effetti di un rallentamento dell’economia poco sperimentato. Se Alexis Sánchez portasse la squadra del paese che si affaccia sul Pacifico alla vittoria, l’euforia, prevedono gli economisti, potrebbe addirittura risvegliare la fame di consumo dei cileni.
“Fame” è l’altra parola che oltre a “trionfo” si è sentita spesso in questi giorni nei dodici paesi del Sudamerica più Messico e Giamaica che disputeranno il campionato. Javier Mascherano, che l’entrenador argentino ha schierato a centrocampo, ha detto alla stampa: “Nessuno ha più fame di noi” proprio lo stesso giorno in cui gli argentini apprendevano che a Buenos Aires, la grande metropoli anche di Borges e Papa Francesco, quelli che soffrono la fame sono ormai il 12%.
I gol di Messi saranno un sollievo anche per la presidente Cristina Kirchner, travolta da seri scandali politici che allontanano gli investimenti stranieri e che portano i costi di un prestito da 6 miliardi al 27% d’interessi. In ogni caso, dopo che i tecnici della Banca mondiale hanno rivisto la crescita al rialzo all’1,1% (un +0,3% è meglio di niente), in Argentina, non solo la presidenza spera che tornato Tévez, la selezione del “Tata” Martino faccia il miracolo.
Il miracolo alla fine sarà uno solo, ma ne avrebbe bisogno anche Dilma Rousseff, che guida il paese lusofono dal 2011 e che ha già avuto un’approfondita esperienza del binomio calcio/luna di miele-politico-economica ospitando l’anno scorso i Mondiali (con risultati economici per ora dubbi). In ballo ci sono le misure di aggiustamento di un pacchetto economico cruciale da quando il petrolio ha dimezzato il prezzo. Già prima, sulla scia della Grande recessione negli Usa e in Europa, il Pil del Brasile– la prima letterina dell’acronimo Brics – era crollato del 7,5% del 2010, al 2,7% nel 2011. Proprio nell’anno della Coppa potrebbe scendere a un mai visto 0,9%. Anche sul paese della nazionale verde-gialla di Neymar e Thiago Silva hanno imperversato le bufere della corruzione con seri effetti economici: in poco più di sei mesi, Petrobras, la quarta società petrolifera al mondo,ha visto dimezzato il suo valore azionario.
Le squadre pare abbiano accettato con tranquillità i controlli antidoping a sorpresa. Tra queste anche quella dell’Uruguay, il piccolo paese del grande calcio, che registra di questi tempi un’esplosione del commercio della marijuana legale. Nessuno azzarda ricadute economiche dalla legalizzazione della cannabis, ma non si può neppure parlare di effetti negativi. Gli uruguaiani sembrano soddisfatti di una previsione di crescita dell’Fmi del 2,8%.
A sfidare i tradizionali campioni c’è quest’anno la Colombia, impegnata in una sfibrante trattativa di pace con la guerriglia. La forza delle Farcpesa da decenni sull’economia colombiana che ora, riflettendo la “complessa transizione” che affronta tutto il subcontinente, vede abbassate le previsioni per il Pil a un comunque dignitoso 3,5%. Cuadrado è fiducioso anche per la performance della squadra, nonostante la Columbia debba affrontare il mal tollerato vicino Venezuela, la cui squadra ha anch’essa “fame di trionfo”.
Drammatica è invece in Venezuela quella di 26 prigionieri politici, tra cui due candidati dell’opposizione al regime dei militari bolivariani, in sciopero della fame da due settimane. Poco consola che in Venezuela tutta la popolazione trovi con difficoltà molti prodotti di base quali latte e farina. A breve, pochi in Venezuela sperano in qualche miracolo, come per esempio un rialzo dei prezzi del petrolio che con il loro dimezzamento hanno ampliato gli effetti della disastrosa gestione dell’economia. Nel 2015, il Pil venezuelano potrebbe sgonfiarsi addirittura di un (-)7,0%, secondo l’Fmi.
Le squadre minori sono intenzionate a sorprendere, tanto più che hanno già trovato il modo di stupire con variegate ricette economiche. Il Panama crescerà del 6,1%, la Repubblica Dominicana del 5,1%, il Nicaragua del 4,6%, la Bolivia del 4,3%, il Paraguay del 4,0% e il Perù del 3,8%.
Più che sulle squadre, alcuni di questi paesi hanno scommesso sulla stabilità, altri sull’apertura dei loro mercati e sulla diversificazione delle esportazioni. Quelli che importano materie prime – Panama, Nicaragua e Repubblica Dominicana – hanno beneficiato di prezzi più bassi.
Diverso è il caso della Bolivia, un’economia che dipende quasi totalmente dagli idrocarburi e dal gas naturale in particolare. Nell’altopiano, la caduta del Pil sarà contenuta e l’aumento dei salari ha persino stimolato il consumo interno: tra una nazionalizzazione e l’altra, destinare agli investimenti pubblicii proventi del boom delle materie prime è stata una gestione intelligente, è la spiegazione dell’agenzia Fitch.
Anche il governo della Paraguay ha saputo sfruttare l’export ed è diventato l’ottavo paese produttore di carne al mondo. Ora in Cile molti temono che i paraguaiani mostrino lo stesso dinamismo grazie a una squadra giovane che pare privilegerà il gioco aereo.
Al botteghino paga di più il Messico, più fragile nel gioco del pallone come nell’economia. Sconta un clima per gli affari difficile, ma la ripresa negli Usa consentirà alla tigre azteca di crescere comunque di un 2,6%.
La 44° edizione della coppa si presenta appassionante: molte squadre hanno pedigree da campione e molti dei giocatori sono già stati consacrati tra i grandi in Europa. Tuttavia, i brutti palloni li può tirare anche l’economia e, in America Latina ora si sentono frasi inedite quali: “Un professore vale più di un Neymar”, “Giappone: il nostro migliore calcio in cambio della tua istruzione” o “C’era una volta un popolo che sapeva più di calcio che di diritti”.
Per il subcontinente, la previsione della Banca Mondiale per il 2016 è di una crescita media del 2,9%, con qualche miglioramento nel 2017, ma per queste percentuali il botteghino latinoamericano paga per ora ancora parecchio.
@GuiomarParada
Sotto un cielo tinto di azzurro, rosso e bianco, con le Ande sullo sfondo e al rullo dei tamburi dei guerrieri dell’Isola di Pasqua, in Cile è partita la Coppa America 2015.
Molte la ritengono una delle migliori coppe del mondo, ma ciò non ha trattenuto la Banca mondiale dall’annunciare, pochi giorni prima, che il continente dei grandi calciatori nell’economia quest’anno farà molti meno gol.