Si è aperta ieri a Parigi “Also Known As Africa”, iniziativa che conferma il crescente interesse dei collezionisti per l’arte contemporanea africana. La fiera punta su gallerie che presentano autori emergenti o pratiche sperimentali. E gli italiani lasciano il segno
Parigi – A pochi passi da Place de la République, si è aperto venerdì la terza edizione di AKAA, acronimo di Also Known As Africa, fiera dell’arte e del design di Parigi, che espone l’opera degli artisti provenienti dall’Africa e dei figli della diaspora. E che, come sempre, si espande al di là della scena contemporanea africana abbracciando il cosiddetto Global South – come spiega la direttrice Victoria Mann – e cioè quel vasto territorio di artisti che dal fascino irresistibile delle terre e culture africane si sono fatti ispirare. La sede resta un luogo emblematico dell’architettura parigina, che seduce i collezionisti: l’archeologia industriale dell’ottocentesco mercato del Carreau du Temple.
L’iniziativa parigina si inserisce in un contesto internazionale in cui cresce l’interesse dei collezionisti nei confronti dell’arte contemporanea in Africa, ormai in evidenza su importanti media internazionali. A cominciare da 1:54 Contemporary African Art Fair la fiera dell’arte africana contemporanea nata a Londra nel 2013 e poi aperta a New York nel 2015, e che dal 2018 ha una edizione anche a Marrakesh.
A Parigi, AKAA ridisegna la mappa dell’arte africana puntando su gallerie che presentano autori emergenti o pratiche sperimentali, difficili da presentare in fiere con costi fissi alti. Un modo per puntare su una maggiore sperimentazione, uscendo dalla retorica generazionale, anche per le gallerie già affermate. Sono in aumento gli espositori rispetto alla scorsa edizione. Sono infatti 45 le gallerie internazionali presenti, con importanti novità dal Marocco, dal Portogallo e anche dall’Italia, che quest’anno lascia decisamente il segno. La C-Gallery di Milano partecipa per la prima volta con tre artisti che hanno una produzione che spazia dalla fotografia, alla pittura, all’installazione: gli autoritratti della sudafricana Tony Gum, i collage digitali della malgascia ma residente a Parigi Malala Andrialavidrazana. Ad AKAA 2018 la giovane galleria milanese, diretta da Adama Sanneh, porta anche le opere di Maurice Pefura, fra installazione e pittura. L’artista e architetto nato a Parigi da genitori camerunensi, già piuttosto conosciuto a livello internazionale soprattutto a livello museale, qualche anno fa ha scelto di trasferirsi a vivere proprio a Milano.
Si tratta invece della seconda partecipazione per Vision Quest 4rosso di Genova, uno spazio dedicato esclusivamente alla fotografia contemporanea, con due dei suoi artisti e fotografi di punta, non di origine Africana, ma che dall’Africa si sono lasciati ispirare: Francesca Galliani e Patrick Willocq. A eastwest.eu, Clelia Belgrado spiega di aver apprezzato il networking dell’edizione passata, alla quale aveva partecipato su invito degli organizzatori con le immagini fotografiche tra reportage e opera d’arte di Patrick Willocq, andate molto bene.
La fiera parigina ha aperto le porte anche a gallerie più affermate a livello internazionale come nel caso, quest’anno, di Galleria Continua fondata nel 1990 da tre amici Mario Cristiani, Lorenzo Fiaschi and Maurizio Rigillo. Un successo tutto italiano che dalla sede originaria di San Gimignano, mai abbandonata, ha scalato le vette del mondo dell’arte, lavorando con artisti di altissimo livello e aprendo sedi a Pechino, Les Moulins, e anche a Cuba. Ad AKAA 2018 sono il patron dell’installazione monumentale “Lo que contaba la abuela…” creata dell’artista cubana Susana Pilar.
Insomma, trionfa la fotografia, ma anche la riscoperta di pratiche pittoriche e sperimentazioni artistiche con tecniche miste su tela e spesso su carta. Impossibile parlare di tutte. La October Gallery di Londra porta Alexis Peskine e le sue rappresentazioni della mascolinità e dell’identità dell’uomo di colore. Si presenta invece con la Artco Gallery (Germania/Sudafrica) Justin Dingwall. È sua l’immagine usata per il poster dell’evento, iconica istantanea della sua serie fotografica più nota, quella sugli albini in Africa. Ma ci saranno anche le grandi tele del molto promettente artista sudafricano Banele Khoza, allo stand della Smith studio di Città del Capo, come pure le pitture con fili di cotone di Ibrahim Ballo rappresentato da Galerie Chauvy di Parigi.
Al senegalese Alun Be e alla sua serie fotografica più iconica “Edification”, in cui l’artista esplora il rapporto fra tecnologia e società, sarà invece dedicata una mostra personale nello spazio AKAA Underground. Approfittando di una formula collaudata, oltre alla mostra-mercato, la fiera ospita infatti un programma culturale, Les Rencontres de AKAA, un mix di conversazioni, concerti e performance musicali che animano i pomeriggi dell’evento. Un focus è infine dedicato all’artista e fotografo più freaky del ventunesimo secolo: Roger Ballen, nato a New York nel 1950 ma che da oltre trent’anni vive a lavora in Sudafrica, e al suo progetto “Unleashed”, realizzato in collaborazione con Hans Lemmen per la Artco Gallery. È la prima volta dell’artista in una fiera in Europa.
@ShotOfWhisky
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Si è aperta ieri a Parigi “Also Known As Africa”, iniziativa che conferma il crescente interesse dei collezionisti per l’arte contemporanea africana. La fiera punta su gallerie che presentano autori emergenti o pratiche sperimentali. E gli italiani lasciano il segno
Parigi – A pochi passi da Place de la République, si è aperto venerdì la terza edizione di AKAA, acronimo di Also Known As Africa, fiera dell’arte e del design di Parigi, che espone l’opera degli artisti provenienti dall’Africa e dei figli della diaspora. E che, come sempre, si espande al di là della scena contemporanea africana abbracciando il cosiddetto Global South – come spiega la direttrice Victoria Mann – e cioè quel vasto territorio di artisti che dal fascino irresistibile delle terre e culture africane si sono fatti ispirare. La sede resta un luogo emblematico dell’architettura parigina, che seduce i collezionisti: l’archeologia industriale dell’ottocentesco mercato del Carreau du Temple.