“Siamo in guerra”: la dichiarazione del Ministro francese
Francia: il Ministro dell'Interno parla di una “guerra contro l’ideologia islamista”, Macron di "separatismo islamico". Forse, una parola piuttosto che un'altra può cambiare il corso della storia
Francia: il Ministro dell’Interno parla di una “guerra contro l’ideologia islamista”, Macron di “separatismo islamico”. Forse, una parola piuttosto che un’altra può cambiare il corso della storia
Ieri il Ministro dell’Interno francese Gérald Darmanin ha detto che la “guerra contro l’ideologia islamista” renderà più probabili gli attacchi sul territorio della Francia. L’ultimo c’è stato giovedì scorso a Nizza, dove tre persone sono state accoltellate e uccise in quello che il Presidente Emmanuel Macron ha definito appunto “un attacco terroristico islamista”.
Cosa succede tra Francia e Islam, in breve
Nelle ultime settimane in Francia si è ripreso a parlare molto di libertà di espressione e di Islam radicale dopo l’attacco avvenuto nei pressi della ex redazione del giornale satirico Charlie Hebdo (il 25 settembre) e soprattutto dopo la decapitazione dell’insegnante Samuel Paty (il 16 ottobre), che aveva mostrato delle vignette su Maometto durante una lezione.
Nei giorni scorsi ci sono state delle manifestazioni di protesta in vari Paesi a maggioranza musulmana – come la Turchia, il Bangladesh e l’Iraq – nei confronti di Macron per via di alcune sue parole e delle nuove misure contro l’Islam radicale annunciate in Francia.
Le critiche più dure sono arrivate dal Presidente turco Recep Tayyip Erdogan, e non è un caso: oltre a proporsi come rappresentante del mondo islamico per favorire la proiezione internazionale della Turchia, Erdogan sta puntando molto sulla religione (e sul nazionalismo) per rafforzare il suo consenso in patria. Lo si era notato con la riconversione in moschea della basilica di Santa Sofia a Istanbul, per esempio. Ma la crisi nei rapporti tra Francia e Turchia non nasce certo ora: le due nazioni si stanno scontrando anche in Libia, in Siria, nel Mediterraneo orientale e nel Nagorno-Karabakh.
Cosa ha detto e fatto Macron
All’inizio di ottobre Macron ha tenuto un discorso a Les Mureaux, fuori Parigi, nel quale ha introdotto il nuovo piano del Governo per la difesa del secolarismo e contro il “separatismo islamico”. Ovvero la tendenza di una parte dei musulmani a vivere in una società diversa rispetto al resto della popolazione francese, dove ai valori fondanti della Repubblica – la laicità e la libertà di espressione – verrebbero sostituiti quelli della religione.
La frase di Macron che ha destato più scalpore è stata questa: “L’Islam è una religione che oggi vive una crisi in tutto il mondo”. Una crisi “profonda”, ha aggiunto subito dopo.
Dopo l’assassinio di Samuel Paty, Macron e il Ministro dell’Interno Darmanin hanno presentato e in parte attuato alcune misure restrittive contro l’Islam radicale: limitazioni all’insegnamento da casa, più sorveglianza sugli imam provenienti dall’estero, espulsioni, maggiori controlli sul finanziamento delle moschee, monitoraggio e scioglimento delle associazioni estremiste.
La scelta delle parole
Non sempre le dichiarazioni dei politici sono rilevanti. A volte, però, l’utilizzo di precise parole al posto di altre è estremamente significativo.
Non è un caso, ad esempio, che Macron abbia parlato proprio di separatismo per indicare un fenomeno che avrebbe potuto descrivere esclusivamente come ghettizzazione (o auto-ghettizzazione). Separatismo non è soltanto un termine molto più forte, ma anche un sinonimo di indipendentismo: il vocabolario Treccani lo definisce infatti l’“aspirazione di una parte di popolazione con caratteristiche etniche o religiose proprie a staccarsi dall’organismo statale di cui fa parte”. In questo modo, Macron segnala che quello dell’estremismo islamista è un problema di stabilità sociale e di sicurezza nazionale poiché va a minare l’integrità della Francia.
Non è un caso neanche che Darmanin abbia parlato di “guerra” e di “un nemico che è sia dentro che fuori”: i separatisti islamisti da una parte e i jihadisti dall’altra, appunto, che non sono esattamente la stessa cosa anche se possono entrare in contatto.
Se le parole e le azioni del Governo francese dovessero però fomentare l’islamofobia tra la popolazione – anche attraverso strumentalizzazioni –, c’è il rischio che una parte della comunità musulmana, sentendosi ingiustamente attaccata, possa radicalizzarsi e farsi contagiare dalla propaganda jihadista.
Ieri il Ministro dell’Interno francese Gérald Darmanin ha detto che la “guerra contro l’ideologia islamista” renderà più probabili gli attacchi sul territorio della Francia. L’ultimo c’è stato giovedì scorso a Nizza, dove tre persone sono state accoltellate e uccise in quello che il Presidente Emmanuel Macron ha definito appunto “un attacco terroristico islamista”.
Cosa succede tra Francia e Islam, in breve
Nelle ultime settimane in Francia si è ripreso a parlare molto di libertà di espressione e di Islam radicale dopo l’attacco avvenuto nei pressi della ex redazione del giornale satirico Charlie Hebdo (il 25 settembre) e soprattutto dopo la decapitazione dell’insegnante Samuel Paty (il 16 ottobre), che aveva mostrato delle vignette su Maometto durante una lezione.
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