Con il boom demografico africano, il francese diventerà la seconda lingua più parlata al mondo. Il presidente punta sulla francofonia per rafforzare il peso geopolitico di Parigi. E ha affidato un “grande piano” di riforma alla scrittrice Leila Slimani. Ma dall’Africa arrivano accuse di neo-colonialismo
Parigi – Un mezzo per rafforzare i legami tra Paesi che parlano la stessa lingua o uno strumento di colonizzazione culturale? Il progetto preparato da presidente Macron per rilanciare la francofonia nel mondo sta suscitando un’ondata di polemiche. Se da una parte c’è chi vede nella riforma un modo per “svecchiare” la lingua di Molière, dall’altra continua ad aleggiare lo spettro del post-colonialismo, onnipresente ogniqualvolta si parla dei rapporti tra la Francia e le sue ex colonie.
Eppure, dall’inizio del suo mandato Emmanuel Macron è tornato più volte sull’argomento, sottolineando il bisogno di modernizzare un idioma che rappresenta “un corpo vivente al di là delle frontiere”.
«Da molto tempo la lingua francese non è più solamente francese. È in egual misura, o forse di più, africana e francese» ha affermato il capo dell’Eliseo durante un suo intervento all’università di Ouagadougou lo scorso novembre. «Il francese sarà la prima lingua d’Africa e forse del mondo» ha promesso Macron.
Sebbene non figuri come una priorità, la riforma della francofonia rappresenta per il presidente un passaggio obbligato, da compiere in vista di un orizzonte in cui la lingua transalpina acquisterà un peso sempre più importante a livello mondiale.
Secondo l’Organizzazione internazionale della francofonia, che raggruppa al suo interno 84 paesi, entro il 2050 l’Africa ospiterà l’85% delle persone che parlano francese, mentre l’Europa ne avrà solamente il 12%. Il numero di francofoni dovrebbe passare da 274 a 700 milioni al mondo, rendendo così il francese il secondo idioma più parlato.
Dati legati all’esplosione demografica prevista nel continente africano, che obbligano a una riflessione sullo sviluppo e sulla gestione, che dovrà necessariamente passare attraverso una riorganizzazione del sistema scolastico. In questi ultimi mesi il Quai d’Orsay ha dovuto far fronte ai malumori dei licei francesi all’estero e della Fondation Alliances française, un’organizzazione incaricata di promuovere la cultura francese al di fuori dei confini nazionali. Alla base delle proteste la disastrosa situazione finanziaria degli istituti e gli scarsi sovvenzionamenti erogati dal governo.
L’obiettivo del progetto preparato dal presidente è quello di rispolverare l’immagine del francese, inserendolo all’interno di una prospettiva economica globale. Il francese dovrà diventare una lingua utile, libera dagli orpelli letterari accumulati nel corso dei secoli e capace di rispondere efficacemente ai nuovi bisogni contemporanei. Un’operazione di restyling in perfetto stile macroniano, focalizzata sugli aspetti più pragmatici e concreti.
Il prossimo 20 marzo, in occasione della Giornata mondiale della francofonia, Macron svelerà il “grande piano” messo a punto in questi ultimi mesi sotto la supervisione di Leila Slimani, scrittrice 35enne franco-marocchina vincitrice de premio Goncourt nel 2016 con il romanzo Canzone dolce.
Ribattezzata Madame francophonie, la nuova paladina della lingua francese ha il profilo ideale per svolgere questo compito: un’autrice giovane, di origini marocchine e algerine, capace di interessare le nuove generazioni. «Non ho un budget, non ho un ufficio e non sono pagata» ha detto in un’intervista rilasciata al Figaro, definendosi un «elettrone libero».
In parallelo alla sua investitura, il governo ha lanciato il sito monideepourlefrancais.fr (in italiano “la mia idea per il francese”, ndr), una piattaforma nata per raccogliere le proposte dei cittadini francofoni sparsi per il mondo.
Ai lavori di preparazione Macron aveva invitato anche lo scrittore franco-congolese Alain Mabanckou, che ha rifiutato la proposta pubblicando una lettera aperta sul sito de L’Obs in cui denuncia l’ipocrisia di un’iniziativa che non tiene conto della situazione in cui versa il continente africano.
“La francofonia sfortunatamente è ancora percepita come la continuazione della politica straniera della Francia nelle sue ex colonie” afferma Mabanckou, ricordando che le istituzioni di Parigi “non hanno mai puntato il dito in Africa contro i regimi autocratici, le elezioni truccate, la mancanza della libertà di espressione”. Una serie di tare incarnate in un progetto linguistico che evoca i momenti più bui della storia contemporanea francese e che, secondo lo scrittore, è stato per decenni uno strumento di oppressione nelle mani dei regimi anti-democratici sostenuti da Parigi.
«Sono d’accordo con lui. Penso che dobbiamo muoverci e riunirci per offrire alla prossima generazione un’altra prospettiva» ha dichiarato Slimani in risposta al messaggio del suo collega. Secondo la scrittrice franco-marocchina, però, «non si può restare attaccati alle critiche».
La Francia si ritrova ancora una volta a dover fare i conti con il fardello di un passato coloniale che grava sulla politica estera del Paese. Gli sforzi compiuti da Macron nel presentarsi come un presidente nuovo e lontano dagli schemi neocoloniali dei suoi predecessori non sembrano aver convinto in pieno. L’operazione di comunicazione messa in piedi per accompagnare questa riforma rientra quindi in una logica di rottura, necessaria per proporre una nuova visione.
La nomina di Slimani va di pari passo con la soppressione del posto da Segretario di Stato delegato alla Francofonia, instaurato da Jacques Chirac nel 1986. Una mossa che potrebbe inserirsi nel quadro di una ristrutturazione generale dei rapporti franco-africani, anche se lascia alcuni dubbi sulle reali intenzioni del governo. Tutti i presidenti che si sono succeduti all’Eliseo nel corso della Quinta Repubblica hanno provato a rifondare le relazioni tra Parigi e le sue ex colonie del pre-carré, cercando invano di scacciare lo scomodo simulacro della Françafrique.
Macron vuole tentare la via linguistica. Una mossa inedita, dettata da una serie di fattori contingenti che inseriscono l’iniziativa in uno scenario internazionale dove entrano in gioco Paesi di ogni continente.
@DaniloCeccarell
Con il boom demografico africano, il francese diventerà la seconda lingua più parlata al mondo. Il presidente punta sulla francofonia per rafforzare il peso geopolitico di Parigi. E ha affidato un “grande piano” di riforma alla scrittrice Leila Slimani. Ma dall’Africa arrivano accuse di neo-colonialismo