Cina e Usa si concedono tre mesi di tregua prima di riaprire le ostilità a colpi di sanzioni. I mercati festeggiano, ma gli impegni presi al G20 sono fumosi. E dai dossier geopolitici a quelli tecnologici, la corsa per la leadership globale della Cina rende inevitabile lo scontro
Il compromesso è arrivato: Cina e Stati Uniti rimandano di tre mesi la possibilità di aumentare la tensione nel commercio mondiale con sanzioni reciproche. Se ne giovano subito i mercati, in netto rialzo lunedì. E probabilmente anche le due controparti.
Si tratta di una palla infuocata buttata in calcio d’angolo, perché lo scontro tra le due principali potenze economiche mondiali, nel prossimo futuro, sarà inevitabile: sotto la coltre dei dazi covano infatti i piani di Pechino per diventare la prima potenza mondiale su tutto quanto è produzione tecnologica – specie per quanto riguarda l’Intelligenza artificiale – unitamente alla strategia della Nuova via della Seta con la quale la Cina offre la propria idea di governance della globalizzazione al mondo.
Dall’altra parte, c’è la necessità degli Stati Uniti di ostacolare i piani cinesi per continuare a mantenere la leadership mondiale.
Il compromesso si basa su promesse e su futuri incontri tra i due Paesi che hanno preso l’impegno di risolvere in modo negoziato le diverse vedute sul futuro del mercato mondiale. Se Trump può dirsi soddisfatto perché Pechino ha promesso una diminuzione dei dazi applicati alle auto importate dagli Usa, come ha solertemente twittato @realDonaldTrump, più fumosi appaiono gli impegni presi dalla Cina per regolamentare la propria legislazione in tema di proprietà intellettuale, punto sul quale Washington ha basato le proprie accuse. Secondo gli Stati Uniti, le acquisizioni cinesi di aziende americane avrebbero provocato il furto di know how trasferito poi alle corazzate imprenditoriali cinesi.
La soluzione arrivata al G20 placa il tempestoso mare dei mercati preoccupati da uno scontro tra corazzate, ma può solo rinviare un conflitto che appare inevitabile, perché composto da troppi rivoli che dilagano su questioni militari, come ad esempio nel Mar cinese meridionale, partite geopolitiche – l’attivismo cinese in Africa e Medio Oriente – e questioni tecnologiche di primo piano, come la corsa al 5G e le recenti accuse da parte americana alla cinese Huawei.
Nello specifico, cosa ha concesso la Cina agli Usa, essendo Pechino obbligata a compiere una mossa per stoppare la volontà di Trump di innalzare i dazi dal 10 al 25% su oltre 200 miliardi di merci dal primo gennaio, con la minaccia di aumentarle ancora?
Oltre alla riduzione dei dazi sulle auto Usa, la Cina ha promesso di acquistare più prodotti statunitensi: alla radice dell’attuale scontro, infatti, c’è una bilancia commerciale tremendamente negativa per Washington. E se Obama aveva provato a contenere lo strapotere cinese provando a complicare la vita a Pechino in Asia con il Tpp e, più in generale, attraverso una politica commerciale indiretta, Trump ha invece scelto lo scontro senza alcuna possibilità, apparente, di mediazione ma ben sapendo che la Cina avrebbe fatto di tutto per evitare una guerra commerciale che – secondo le parole di Pechino – «non avrà alcun vincitore».
Secondo una dichiarazione di Trump rilasciata dalla Casa Bianca, quello di Buenos Aires «è stato un incontro straordinario e produttivo con possibilità illimitate sia per gli Stati Uniti che per la Cina». La portavoce della Casa Bianca, Sarah Sanders, ha descritto il summit come un incontro di grande successo: «La Cina accetterà di acquistare una quantità non ancora concordata ma molto consistente di prodotti agricoli, energetici, industriali e di altro tipo dagli Stati Uniti per ridurre lo squilibrio commerciale tra i nostri due Paesi».
Trump e Xi – inoltre – hanno inoltre accettato di avviare immediatamente negoziati sui cambiamenti strutturali in relazione al trasferimento forzato di tecnologia, alla protezione della proprietà intellettuale, alle barriere non tariffarie, alle intrusioni informatiche e ai furti informatici, ai servizi e all’agricoltura. «Entrambe le parti concordano sul fatto che si impegneranno a completare questa transazione entro i prossimi 90 giorni. Se, alla fine di questo periodo di tempo, le parti non sono in grado di raggiungere un accordo, le tariffe del 10% saranno elevate al 25%», ha aggiunto Sanders.
Quanto alla spinosa questione della proprietà intellettuale, «Xi ha anche affermato di essere pronto ad approvare l’accordo Qualcomm-NXP, precedentemente non approvato, se gli dovesse essere nuovamente presentato», ha detto Sanders.
A margine si è discusso anche del tema geopolitico che fino a qualche mese fa era considerato il più caldo del pianeta, ovvero la Corea del Nord. Secondo Washington «sono stati compiuti grandi progressi sulla Corea del Nord e Trump e Xi, insieme al presidente della Corea del Nord Kim Jong-un, si impegneranno per una penisola coreana priva di nucleare».
@simopieranni
Cina e Usa si concedono tre mesi di tregua prima di riaprire le ostilità a colpi di sanzioni. I mercati festeggiano, ma gli impegni presi al G20 sono fumosi. E dai dossier geopolitici a quelli tecnologici, la corsa per la leadership globale della Cina rende inevitabile lo scontro