Antisemitismo da un lato, neo-sionismo dall’altro: la guerra a Gaza, come già in parte accaduto in passato con l’Operazione Piombo Fuso, sta creando una frattura insanabile nella società francese. Non a caso: la Francia, con la sua terza comunità ebraica al mondo e i suoi quasi 6 milioni di musulmani non riesce a non farsi coinvolgere dal dramma di Gaza.

(Parigi). Gli strascichi della crisi in Medio Oriente si riflettono pesantemente sulla società civile francese. La Francia, con la sua terza comunità ebraica al mondo e la sua vasta comunità musulmana (tra i 5 e i 6 milioni di fedeli) non può non essere coinvolta da quanto accade a Gaza. Da un lato il sussulto antisemita, con attacchi a sinagoghe, violenze urbane, scontri violenti con la polizia nelle manifestazioni pro-palestinesi, dall’altro il consolidarsi di movimenti neo-sionisti di estrema destra (come la discussa League de Défense Juive che ora il Ministero degli interni sta pensando di dissolvere): in Francia si assiste ad una polarizzazione della società che finisce per fare restare i più moderati, ovvero coloro che auspicano una pace duratura tra i due popoli, in minoranza, schiacciati tra due fazioni (pro-palestinesi e pro-israeliani), che oramai non si parlano più. E la frattura si fa sempre più profonda minacciando la pace sociale.
Sarcelles, Barbès, Place de la République: sfida al divieto di manifestare
La guerra che imperversa a Gaza, i bombardamenti intensivi israeliani, i razzi di Hamas verso il sud d’Israele, le bombe sulle scuole dell’ONU e gli ospedali, le strategie suicide di Hamas e i famosi tunnel le cui entrate sono nascoste nelle case: tutto si riflette e diviene fonte di dibattito e di scontro nelle strade di Parigi, Lione, Marsiglia. Ogni settimana vengono indette manifestazioni, veglie, cortei anche spontanei o organizzati su facebook. Spesso le manifestazioni non sono autorizzate ed è in quei casi che la situazione sfugge di mano, come è accaduto a Barbès, il quartiere più multietnico e popolare di Parigi, o Sarcelles dove sono state aggredite sinagoghe e incendiati negozi ebraici.
Del resto anche questa è un’ulteriore sconfitta dell’amministrazione francese : dopo gli scontri davanti alla sinagoga di Rue de la Roquette a Parigi (in cui la League de Défense Juive ha giocato il ruolo di agent provocateur), la prefettura di Parigi aveva optato per vietare la manifestazione prevista a Barbès (e poi a Sarcelles). Risultato, anche lì la situazione è degenerata, come sarebbe degenerata qualche tempo dopo, il 26 Luglio, a Place de la République, altra manifestazione finita con scontri violenti, lancio di gas lacrimogeni, vetrine distrutte e decine di arresti. Il dibattito sui media s’è infiammato. La Francia, primo paese al mondo a vietare manifestazioni pro-palestinesi. Era davvero necessario? Ma ciò che è emblematico è che una maggioranza di francesi – il 62% secondo un sondaggio Ipsos effettuato per il quotidiano Le Figaro – si dichiarerebbe a favore del divieto di manifestazioni pro-palestinesi. Anche la società civile dunque si rinchiude a riccio segno che il tempo del dialogo è oramai oltrepassato.
Più s’intensifica l’operazione militare israeliana, maggiore è la tensione e la preoccupazione all’interno delle rispettive comunità religiose. Ma se prima erano soprattutto i pro-palestinesi a scendere in piazza per denunciare il massacro di Gaza – una costellazione formata da NPA il Nuovo Partito Anticapitalista, il movimento Ensemble (costola del Front de Gauche), l’Associazione France Palestine Solidarité (AFPS), ma anche il Parti des Indigènes de la République (PIR), il Mouvement des Jeunes Palestiniens (PYM France) o l’UJFP Union juive française pour la paix – ora anche le comunità ebraiche, prima più discrete, si fanno sentire, come a Marsiglia o Parigi (dove ieri 31 Luglio 4.500 ebrei hanno manifestato davanti all’ambasciata israeliana in solidarietà coi soldati di Tsahal). Come spesso accade quando prendere parte ad un conflitto diventa quasi una questione di tifoseria, i toni si fanno sempre più violenti ed aggressivi: dagli “Allah-u-Akbar”, agli slogan inneggianti ad Hitler fino ad “Israele vincerà” o “Sale arabe” (sporco arabo). Tutto ciò rischia di mettere in secondo piano il legittimo diritto a manifestare per la pace, diritto minacciato dai divieti e dalle violenze settarie. Nelle manifestazioni pro-palestinesi s’è visto addirittura sventolare bandiere dell’ISIS (lo Stato Islamico del califfo Abu Bakr al-Baghdadi). In questo contesto, sembra difficile dunque che il campo venga sgombrato da estremismi di sorta per dare voce ai più moderati.
La League de Défense Juive (LDJ) ed il Betar: l’estrema destra israeliana in Francia
In questo contesto di tensione sono spuntati diversi attori nell’ambito dell’estrema destra israeliana di Francia. Uno di questi è la League de Défense Juive (LDJ). La si è vista all’opera in diverse occasioni, la si è vista in particolare nella famosa aggressione alla sinagoga di rue de la Roquette di Parigi. Un filmato infatti ha incastrato la LDJ dato che i suoi membri, armati di spranghe e manganelli, in quell’occasione hanno assaltato manifestanti, spaccato vetrine e provocato nascondendosi poi dietro la polizia in tenuta anti-sommossa proprio davanti alla sinagoga dove sono avvenuti gli scontri. Insomma, una vera e propria provocazione per i manifestanti pro-palestinesi, una trappola architettata sui social network. Alle azioni squadriste della LDJ ha partecipato anche il Betar France, costola francese del movimento di gioventù sionista Betar fondato in Lettonia nel 1923 dal leader della destra sionista e fondatore della Legione Ebraica Jabotinski, il quale fra le altre cose fu anche ispiratore e mentore dell’organizzazione militare sionista Irgun che in Palestina, negli anni ’30, compì decine di attentati contro gli Arabi palestinesi (250 morti). Per questo motivo il ministero degli interni francesi, dopo aver visionato i filmati e raccolto tutte le testimonianze del caso, sta vagliando l’opportunità di dissolvere la LDJ, un gruppuscolo considerato troppo radicale ed estremista. Del resto la League de Défense Juive non è altro che il ramo francese della Jewish Defense League, movimento neo-sionista fondato a New York dal rabbino ultraortodosso Meir Kahane che spingeva per la creazione di un ‘Grande Israele’ e per deportare tutti i Palestinesi dei territori occupati e gli arabi d’Israele fuori dallo stato ebraico. Kahane fu assassinato a New York nel 1990.
Antisemitismo da un lato, neo-sionismo dall’altro: la guerra a Gaza, come già in parte accaduto in passato con l’Operazione Piombo Fuso, sta creando una frattura insanabile nella società francese. Non a caso: la Francia, con la sua terza comunità ebraica al mondo e i suoi quasi 6 milioni di musulmani non riesce a non farsi coinvolgere dal dramma di Gaza.