Secondo i dati della Banca Mondiale e del China Watch, tra il 2010 e il 2014 il turismo internazionale outbound – viaggi all’estero non motivati da “un’attività remunerata nel paese visitato” – dalla Cina è quasi raddoppiato, passando da poco più di 57 milioni a circa 109 milioni.
Dato tanto più impressionante se confrontato con i soli 10 milioni del 2000. L’ultimo sondaggio di China Confidential, centro di ricerca del Financial Times, riconduce l’incremento a più fattori: una classe media in rapida espansione, voli low cost e meno restrizioni nella concessione dei visti. secondo il rapporto del 2013 del Boston Consulting Group intitolato Winning the Next Billion Asian Travelers – Starting with China, “entro il 2030, il 49% del traffico passeggeri mondiale interesserà la regione asia- Pacifico (APAC) o si sposterà tra l’APAC e il resto del mondo, [e] oltre il 50% di incremento del traffico globale proverrà dall’area APAC”.
Al momento gran parte dei turisti cinesi va in vacanza non lontano da casa. Le 5 mete più popolari del 2015 sono Hong Kong, Corea del sud, Giappone, Thailandia e Macao, mentre, al sesto posto, la Francia è prima in classifica tra le mete a lungo raggio preferite. Le statistiche del 2014 supportano questo dato: lo scorso anno la Francia ha accolto 2.200.000 turisti cinesi, in significativo aumento rispetto al 1.700.000 del 2013.
A completare la classifica delle 10 mete preferite del 2015, in ordine di numero di visitatori, sono Singapore, Germania, Usa e Regno Unito.
La Francia è anche la “meta internazionale da sogno” per il 31,6% delle persone intervistate da China Confidential. L’Italia è al secondo posto con poco meno del 21% mentre altri paesi europei si attestano tra i primi 10: Gran Bretagna, Germania, Svizzera, Grecia e spagna.
Non a caso, l’edizione 2015 dell’International tourismus- Boerse (ItB) di Berlino, la più importante fiera mondiale del turismo, si è aperta con un workshop sul turismo outbound cinese su temi quali la “seconda ondata” di turisti in uscita, le mete prescelte e i modelli di spesa.
Oltre a essere i più numerosi, i turisti cinesi sono anche i più spendaccioni del pianeta.
L’anno scorso hanno sborsato circa 150 miliardi di euro (circa 2.900 euro a testa) per le vacanze e si prevede che in 174 milioni spenderanno € 240.000.000.000 entro il 2019. Naturalmente tutti reclamano una fetta di questa torta che continua a lievitare esponenzialmente.
Per una prospettiva più ampia, 240 miliardi di euro equivalgono quasi al Pil della Finlandia, e superano le economie dell’Irlanda o della Grecia.
Da tempo l’industria del turismo Usa affina le proprie strategie di accoglienza: negli alberghi i dipendenti imparano come salutare in mandarino e le caffettiere a filtro vengono adattate per il tè; a New York un albergo Marriott ha persino assegnato un nome alle suite presidenziali del 44° e 45° piano perché i Cinesi considerano il 4 un numero sfortunato.
Ma in realtà è nel commercio al dettaglio, particolarmente nei paesi europei in serie difficoltà economiche, che servirebbe una full immersion nelle sfumature della cultura cinese.
Nel 2014, lo shopping ha rappresentato il 58% dei 150 miliardi di euro spesi dai turisti cinesi, più del triplo di quanto abbiano sborsato per l’alloggio (17,82%) e dieci volte la spesa per i trasporti (10,88%). È interessante notare una certa sobrietà nella spesa per il cibo (5,84%), i biglietti per le attrazioni turistiche (3,72%) e gli spettacoli (3,72%).
Secondo i dati della Banca Mondiale e del China Watch, tra il 2010 e il 2014 il turismo internazionale outbound – viaggi all’estero non motivati da “un’attività remunerata nel paese visitato” – dalla Cina è quasi raddoppiato, passando da poco più di 57 milioni a circa 109 milioni.