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Cosa vogliono davvero i taiwanesi


La Cina è il primo partner commerciale, quasi il 42% dell’export totale di Taiwan lo scorso dicembre, e in crescita annua del 19% circa. L'85,6% dei taiwanesi vuole lo status quo. Ma la narrazione identitaria è in aumento, complice la politica internazionale

Lorenzo Lamperti Lorenzo Lamperti
Direttore editoriale di China Files e coordinatore editoriale di Associazione Italia-ASEAN. Scrive di Cina e Asia per diverse testate tra cui Affaritaliani (di cui ha gestito la sezione esteri), Eastwest, il Manifesto e ISPI.

La Cina è il primo partner commerciale, quasi il 42% dell’export totale di Taiwan lo scorso dicembre, e in crescita annua del 19% circa. L’85,6% dei taiwanesi vuole lo status quo. Ma la narrazione identitaria è in aumento, complice la politica internazionale

Pechino vuole la “riunificazione”. Washington vuole impedirla. Da una parte annunci più o meno virulenti sul possibile utilizzo della forza e incursioni aeree, dall’altra vendita di armi e un’ambiguità strategica che con Joe Biden sta diventando sempre meno ambigua. La sfida su Taipei appare sempre più LA sfida dei prossimi anni. Eppure, mentre si analizzano mosse e volontà delle due potenze, resta spesso sfumato un aspetto fondamentale: che cosa vuole Taiwan. Aspetto che resta spesso sfumato in una narrazione binaria che non coglie la complessità di quella che viene descritta come “isola” ma che è in realtà un insieme di 166 isole. E non sempre c’è di mezzo il famoso Stretto. A Kinmen, avamposto militare bersaglio dei bombardamenti di Mao Zedong negli anni Cinquanta, la metropoli cinese di Xiamen dista solo due chilometri e mezzo. Luogo sospeso nello spazio e nella storia dove assume un senso concreto il nome ufficiale di Taiwan: Repubblica di Cina. Da qui Chiang Kai-shek sognava di lanciare la riconquista della madrepatria. Negli anni il desiderio ha lasciato posto alla paura di subire un’invasione. Ma la gente del posto non crede all’ipotesi: “La guerra? Discorsi da politici, nella realtà i rapporti tra Kinmen e Xiamen sono sempre stati ottimi”, ripete la grande maggioranza.

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