Una delle rivendicazioni preferite – e tra le più efficaci – di Angela Merkel è che l’economia tedesca “sta producendo dei risultati alquanto straordinari, se si considera che lo fa nel contesto della crisi dell’euro”. E poiché il surplus commerciale e quello fiscale si sono tradotti in una disoccupazione bassa come non mai e in un alto potere d’acquisto delle famiglie, non sorprende che la maggior parte dei tedeschi sia d’accordo con lei.

“Quante volte avrò detto agli europei del sud di risparmiare, risparmiare, risparmiare – così che possano comprare auto tedesche! Ma a me nessuno dà retta!” © Klaus Stuttmann – Tagespiegel. www.stuttmann-karikaturen.de, www.tagespiegel.de
Angela e la Cdu, però, sono stati finora molto attenti a non proiettare sul futuro questi dati. Nel 2020, lo scenario potrebbe essere molto diverso: se la Germania non risolve nel medio termine una serie di problemi strutturali, possono essere a rischio il suo stesso futuro come potenza manifatturiera, i surplus e il vantaggio nell’innovazione.
E questa non è solo la valutazione degli esperti. I tedeschi ne sono ben consapevoli, nonostante l’invito della cancelliera a vedere il lato positivo. “Quando torna a casa, signora Merkel?” scrive Lutz Wendorf, che lavora nella costruzione. “Le nostre strade, ponti, ferrovie, scuole e ospedali hanno un disperato bisogno di ripristino, ma non ci sono più fondi [per investimenti pubblici]. Tutt’attorno vediamo un’economia a pezzi”. Esagerato? Certamente, se si osserva la Germania da uno dei sofferenti paesi periferici.
L’Ocse e l’Fmi tuttavia confermano che il tasso d’investimento tedesco è inferiore alla media Ocse. E la spesa per investimenti pubblici è solo una delle priorità critiche che i conservatori tentano di minimizzare e l’opposizione – Spd, Verdi e Linke – non perde occasione di sottolineare. Sono tutti pazzi questi tedeschi, si potrebbe dire, ad aver concentrato tutte le loro energie sull’export, scordando che la loro tanto vantata competitività dipenderà in primo luogo dalla capacità di risolvere le rigidità del mercato del lavoro dei servizi, dalla definizione di una politica energetica dopo la decisione di dismettere il nucleare e di politiche per contrastare la prevista seria contrazione della forza lavoro, e, infine, dalla mano che daranno ai paesi indebitati per risanare le finanze e riprendere a crescere.
Com’è noto, quest’ultimo punto è stato al centro di un intenso dibattito sull’austerità che ha coinvolto tutta l’Europa. “Il malato d’Europa” di un tempo ora è visto come il paese che detta le danze della finanza pubblica europea, anche se nel caso di Portogallo e Grecia è stata la Troika – Fmi, Ue e Bce – a sollecitare misure di austerità e riforme in cambio di programmi di salvataggio. Daniel Gros, direttore del Centro per lo studio delle politiche europee, ricorda a East che nel caso di Italia e Spagna, sono stati governi a determinare politicamente l’intensità con la quale imporre l’austerità. “Ci sarà sempre l’impressione che sia la Germania comandare, e ciò fa anche il gioco dei media, perché una storia semplice, anche se la realtà poi è diversa. L’austerità si traduce sempre in costi sociali altissimi, ma è inevitabile quando un paese ha perso la fiducia dei creditori stranieri. I fondamentali esterni della periferia dell’euro zona stanno migliorando rapidamente. In questo senso austerità ha portato esattamente al risultato che si cercava”.
Perché dunque il ministro delle finanze tedesche, Wolfgang Schäuble, continua a evitare l’argomento da settimane? Dopo tutto, gli ultimi dati mostrano che in Grecia il Pil si è contratto nel secondo trimestre meno che nel primo e, inoltre, i salvataggi sono costati al contribuente tedesco finora attorno ai 210 miliardi di euro in crediti e garanzie (dati Governo Federale), ma nessun denaro liquido. D’altra parte, la crisi dell’euro è tutto fuorché superata, come mostrano i titoli di questi giorni da Portogallo, Grecia, Italia e Spagna, e Schäuble, pur evitando con cura la parola “ristrutturazione”, ha ammesso settimana scorsa che per la Grecia potrebbe volerci un terzo salvataggio.
Il governo in carica è ben consapevole del ruolo chiave che la Germania potrebbe svolgere in una soluzione sostenibile della crisi dell’euro, e che ciò ridurrebbe a sua volta l’incertezza politica, consentendo in Germania maggiori investimenti a lungo termine. Il paese beneficerebbe molto da un ridimensionamento dell’incertezza e da un’unione monetaria più funzionale. Anche così, i discorsi elettorali sul tema suscitano tra molti cittadini lo spettro di una Transferunion, vale a dire, di dover pagare le ricette per rimettere in piedi le economie della periferia.
Diversi opinionisti pensano che, una volta superate le elezioni, il Governo federale allenterà le dure condizioni imposte ai paesi debitori, concentrandosi sul loro bisogno di crescere e creare occupazione. “Qualsiasi ristrutturazione del debito greco sfocerà in una Transferunion,” insiste Mechthild Hinke. Il suo punto di vista, condiviso con altri elettori della Cdu, potrebbe riservare qualche sorpresa al partito al potere.
“Stanno cercando disperatamente nuove fonti di finanziamento per mascherare il disastro [in Europa]. Ma come dice il motto della CDU, ‘si andrà avanti allo stesso modo’… A meno che non si voti maniera diversa il 22!”, commenta Peter Lücke, un tecnico che, come Hinke, sosterrà Alternativa per la Germania (AfD), il cui leader, Bernd Lucke, pensa che i paesi del sud starebbero meglio lasciando l’euro.
Qualche sorpresa è già arrivata: un sondaggio commissionato dal popolare talkshow di Maybritt Illner su Ard, rivela che un buon 20% della sinistra potrebbe votare questa volta AfD, permettendo al nuovo partito di superare lo sbarramento del 5% e introducendo così una nuova carta nel gioco delle coalizioni.
“Quante volte avrò detto agli europei del sud di risparmiare, risparmiare, risparmiare – così che possano comprare auto tedesche! Ma a me nessuno dà retta!”
© Klaus Stuttmann – Tagespiegel. www.stuttmann-karikaturen.de, www.tagespiegel.de
Una delle rivendicazioni preferite – e tra le più efficaci – di Angela Merkel è che l’economia tedesca “sta producendo dei risultati alquanto straordinari, se si considera che lo fa nel contesto della crisi dell’euro”. E poiché il surplus commerciale e quello fiscale si sono tradotti in una disoccupazione bassa come non mai e in un alto potere d’acquisto delle famiglie, non sorprende che la maggior parte dei tedeschi sia d’accordo con lei.