Durante l’ultima notte di San Silvestro, gli occhi di mezza Germania erano puntati sulle strade e sulle piazze di Colonia. Il motivo è noto: è a Colonia che, in occasione del Capodanno 2015-2016, si verificarono gravissime aggressioni e molestie sessuali ai danni di centinaia di donne. Violenze che, come è stato indicato da tutti i rapporti di polizia, furono compiute da una folla di uomini di “origine nordafricana o araba”.
Quest’anno, la Polizei di Colonia ha schierato più di 1500 poliziotti e ha messo in atto un piano di sicurezza preparato da mesi. Gli agenti si sono posizionati nel centro cittadino, hanno filtrato e controllato centinaia di persone, hanno attivato speciali numeri di emergenza e hanno creato check-point per l’ingresso in alcune aree della città.
Il risultato, diretto o indiretto, è che le aggressioni dell’anno scorso non si sono ripetute.
“Nafris”
Il momento più significativo della strategia della Polizei per la notte di San Silvestro 2016-2017 è stato ripreso da tutti i media del Paese.
Nella serata del 31 dicembre, centinaia di uomini di apparente origine mediorientale e nordafricana sono arrivati nella stazione cittadina con l’intenzione di trascorrere le successive ore a Colonia. Proprio questi uomini sono stati oggetto di gran parte delle attenzioni degli agenti. La polizia ha infatti deciso di trattenere, controllare e verificare chi si avvicinasse al profilo degli aggressori dell’anno scorso. Le immagini dei poliziotti faccia a faccia con folti gruppi di uomini stranieri hanno fatto il giro del Paese. La prima di queste fotografie è stata diffusa su twitter dalla stessa Polizia di Colonia. Nel tweet è stato scritto, testualmente: “Alla stazione centrale vengono al momento controllati centinaia di nafris. Seguiranno aggiornamenti”.
Cosa vuol dire “nafris”? Si tratta di un termine usato internamente dalla stessa polizia tedesca e significa genericamente “nordafrikanische Intensivtäter”, vale a dire “delinquenti abituali di origine nordafricana”. Una denominazione che identifica i membri della microcriminalità principalmente originari del Marocco, della Tunisia e dell’Algeria.
Le accuse di profiling razziale
Il 2 gennaio, quando tutta la Germania stava ancora lodando il successo delle forze dell’ordine, Simone Peter, Capogruppo dei Grünen (i Verdi tedeschi), è tornata proprio sull’uso del termine “nafris”. Peter, infatti, ha pubblicamente criticato la Polizei, chiedendo al Capo della Polizia di Colonia, Jürgen Mathies, se fosse a conoscenza dei rischi del “racial profiling”.
Concetto più americano che europeo, si definisce racial profiling (profilazione razziale) un controllo, un fermo o un arresto che vengano decisi sulla base dell’etnia di un soggetto, piuttosto che sul suo comportamento criminale o potenzialmente criminale. Secondo Peter, proprio l’uso del termine “nafris” nel tweet della Polizia di Colonia indicherebbe che i controlli nella notte di San Silvestro siano stati unicamente effettuati in base a un profiling di tipo razziale.
Un politicamente corretto “fuori dal mondo”
Se Simone Peter avesse espresso la propria critica poco più di un anno fa, avrebbe probabilmente spaccato in due l’opinione pubblica tedesca. Così non è stato nella Germania dei primi giorni del 2017, a dimostrazione di come, in poco più di un anno, il Paese sia enormemente cambiato. La maggioranza dei commentatori, politici, giornalisti, e user dei social media hanno ricoperto Peter di critiche (e anche di insulti). In un articolo sullo Spiegel si è parlato di “acuta distanza dal mondo” della politica verde, mentre è diventato velocemente virale il commento indignato della moglie di un poliziotto di Colonia, scritto proprio sotto all’originale post su Facebook di Peter.
Non solo, quello che è forse più significativo è che gli stessi compagni di partito della Capogruppo dei Verdi l’hanno velocemente isolata, incluso l’altro leader dei Grünen, Cem Özdemir, tedesco di origine turca.
A sostenere Peter sono rimasti in pochi: una convinta minoranza dell’opinione pubblica, alcuni politici, commentatori, e diverse realtà che si impegnano per i diritti umani, tra cui Amnesty International Germania, che ha attivamente ripreso il tema del “racial profiling” da parte della polizia a Colonia.
Colpa di Twitter
Nel conseguente dibattito sul termine “nafris” si sono presto sovrapposti tre piani ben distinti: quello dei rischi oggettivi del profiling razziale, quello della specifica azione di polizia del 31 dicembre a Colonia e quello delle regole di comunicazione per le forze dell’ordine.
Ed è stato sul piano della comunicazione da parte delle autorità che la polemica è stata smorzata. Il Capo della Polizia Mathies ha velocemente affermato che l’espressione “nafris” nel tweet sia stata “molto infelice”. Una concessione che è stata presa al volo dai Verdi, che hanno dichiarato la questione chiusa, mentre la stessa Simone Peter ha voluto ammorbidire la propria posizione, rilasciando un’intervista in cui ha detto di essere stata precipitosa nel suo giudizio. Peter ha così parzialmente abbandonato quella parte di sinistra tedesca che, in questi giorni, aveva iniziato a fare del “racial profiling” una nuova questione di principio. Si può immaginare che la Capogruppo dei Grünen si sia, soprattutto, resa conto di come stiano mutando alcune posizioni dell’opinione pubblica tedesca sul tema immigrazione: continuare a utilizzare i tradizionali paradigmi narrativi dei Verdi potrebbe trasformarsi in un boomerang elettorale.
Da parte sua, invece, il Capo della Polizia Mathies, nonostante la concessione sull’errore di comunicazione, ha ampiamente rivendicato la necessità della strategia dei suoi uomini nella notte di San Silvestro, incluso, di fatto, il profiling su base etnica. Non ci si poteva aspettare, ha detto Mathies, che a Colonia la polizia si mettesse a controllare “uomini dai capelli grigi o giovani ragazze dai capelli biondi”.
Pochi giorni dopo, la Polizei di Colonia ha anche incassato le lodi pubbliche della Cancelliera Angela Merkel, che ha fugato ogni dubbio sulle posizioni del Governo sul tema.
Elezioni 2017 dominate dal tema sicurezza
Colonia è stata e continua a essere uno degli emblemi dell’evolversi del clima politico in Germania. A Colonia, l’anno scorso, si era sgretolata per sempre la narrazione di una massiccia immigrazione senza alcun tipo di conseguenze sociali. Sempre a Colonia, quest’anno, si è visto quanto stia diventando impopolare qualunque discorso teorico improntato sul cosiddetto politicamente corretto. Le più o meno opportune sovrapposizioni tra i temi della sicurezza e dell’immigrazione sembrano destinate a dominare, se non monopolizzare, la campagna elettorale del 2017. Tutti i partiti sembrano avere in mente un solo obiettivo: non farsi rubare voti dalla nuova destra populista.
La questione dell’uso del termine “nafris” da parte della Polizei, però, non si esaurisce con questo episodio. Che si sia trattato di una leggerezza o meno, siamo di fronte a un dettaglio che svela una crescente insofferenza della polizia in Germania. Il termine “nafris” si riallaccia direttamente all’ultimo, molto dibattuto, report presentato dal Bundeskriminalamt, la Polizia Federale tedesca. Nello studio, intitolato “Punti chiave sulla criminalità nel contesto dell’immigrazione”, viene sottolineato come i migranti di origine nordafricana siano una minima parte dei migranti arrivati nel Paese, ma, al tempo stesso, rappresentino un’ampia fetta dei soggetti accusati di crimini sul territorio tedesco (segnatamente, con “Nordafrica” il report fa riferimento a Marocco, Algeria e Tunisia).
Si tratta di una sproporzione significativa, soprattutto se paragonata ai tassi di criminalità molto più bassi riscontrati tra i migranti provenienti da Siria, Iraq e Afghanistan.
Dati e numeri che sembrerebbero quindi chiudere il cerchio delle scelte di profiling e di terminologia della Polizei di Colonia, se non fosse che la stessa polizia ha fatto ora sapere che dei 674 uomini controllati nella notte di San Silvestro, in verità, sono stati individuati ben pochi migranti che fossero ufficialmente provenienti dal Nordafrica. Questo significa che l’uso del termine operativo “nafris”, in questo caso, non era nemmeno pertinente.
Siamo di fronte a uno scenario che dimostra come il lavoro che dovrà svolgere la polizia tedesca sia progressivamente più complesso, carico di insidie e basato su un sempre più intricato equilibrio tra sicurezza e libertà. Un lavoro di polizia che, tuttavia, viene da tutti considerato essenziale e cruciale per la stessa pace sociale in Germania.
Il dibattito politico tedesco del 2017, infatti, non riguarderà la necessità o meno di misure di sicurezza, ma solamente il tipo di formule e strategie per metterle in atto.
@lorenzomonfreg