Germania: la destra populista tra restyling filo-israeliano e antisemitismo
Proprio nei giorni dell’incontro delle destre populiste europee a Coblenza, si è riacceso il dibattito sulle posizioni di Alternative für Deutschland in merito allo Stato di Israele e ai rapporti con le comunità ebraiche. L’intenzione dei vertici del partito è quella di accreditare AfD come una forza amica di Israele, ma tra i populisti continua a riemergere la tradizionale cultura della destra ultraconservatrice tedesca, incluso il più classico antisemitismo.
Proprio nei giorni dell’incontro delle destre populiste europee a Coblenza, si è riacceso il dibattito sulle posizioni di Alternative für Deutschland in merito allo Stato di Israele e ai rapporti con le comunità ebraiche. L’intenzione dei vertici del partito è quella di accreditare AfD come una forza amica di Israele, ma tra i populisti continua a riemergere la tradizionale cultura della destra ultraconservatrice tedesca, incluso il più classico antisemitismo.
Pochi giorni fa, Marcus Pretzel, europarlamentare e Segretario di AfD nella Renania Settentrionale-Vestfalia, ha dichiarato che “Israele è il nostro futuro”, indicando lo stato ebraico come l’esempio da cui l’Europa dovrà imparare a relazionarsi con l’islamismo radicale. Lo scorso maggio, Pretzel, che è anche il marito di Frauke Petry (l’attuale Segretaria nazionale di AfD), si era già apertamente schierato in difesa del Governo Netanyahu e delle demolizioni di insediamenti palestinesi da parte dei bulldozer israeliani.
Il concetto di “israelizzazione” dell’Europa
Sono diversi i partiti populisti europei che stanno cercando di dimostrare il proprio sostegno a Israele e alle comunità ebraiche d’Europa. Un esempio è certamente il Front National francese: Marine Le Pen si è formalmente liberata dell’antisemitismo militante dei tempi di suo padre, arrivando a epurare la vecchia guardia del partito. Posizioni simili sono state assunte anche dall’olandese Geert Wilders, così come da altri appartenenti all’area politica dell’ENF.
Non è però difficile notare come sia il richiamo a un comune fronte anti-islamista la vera pietra angolare attorno alla quale ruotano certi posizionamenti del brand populista. Da qualche tempo, le nuove destre stanno attingendo al concetto di “israelizzazione dell’Europa”, con cui s’intende un possibile processo di necessaria militarizzazione delle città europee sul modello delle aree più conflittuali in Israele, a causa di un’eventuale crescita della minaccia terroristica di matrice islamista e dello scontro interetnico con le comunità islamiche in Europa.
Le posizioni come quella di Marcus Pretzel, quindi, sono innanzitutto un risultato del mix securitario/anti-islamista di Alternative für Deutschland.
L’anima etnonazionalista di AfD e l’antisemitismo
Non solo: è sufficiente osservare le reazioni social della galassia AfD alle dichiarazioni filo-israeliane di Pretzel per comprendere come queste siano condivise soltanto da una parte della base elettorale della formazione politica. Dopo le sue dichiarazioni, l’europarlamentare è stato accusato sui social media di essere al soldo di “lobby ebraiche”, mentre non manca chi lo ha direttamente definito un “agente provocatore” con l’obiettivo di dividere il partito.
Wolfgang Gedeon, deputato regionale del Baden-Württemberg, ha risposto alle ultime dichiarazioni di Pretzel con un articolo che descrive la presunta “metamorfosi di AfD in un partito sionista”. Proprio il caso di Herr Gedeon è emblematico del retroterra culturale di Alternative für Deutschland. Quest’estate, dopo che sono emersi i contenuti di numerose sue pubblicazioni violentemente antisemite, Gedeon è stato estromesso dal gruppo regionale AfD. L’espulsione, tuttavia, è avvenuta in maniera tutt’altro che limpida e si è sviluppata tra discussioni, tentennamenti, difese a oltranza, litigi e scissioni. Una tensione che ha dimostrato quanto gli scontri di potere interni al partito siano intrecciati con temi che definiscono l’identità stessa del populismo tedesco. Oggi, Gedeon dichiara che da esterno all’AfD può finalmente “dire quello che gli altri nel partito possono solo pensare”, facendo intendere che la solidarietà nei suoi confronti sia ancora maggiore di quella già nota.
Un caso ancora più significativo e recente è quello di Björn Höcke, Segretario dell’AfD in Turingia e uno dei volti più importanti del partito. Lo scorso 17 gennaio, durante un comizio in una birreria di Dresda, Höcke ha dichiarato che “i tedeschi sono il solo popolo ad aver piazzato un monumento alla vergogna nel centro della capitale”, con riferimento al memoriale per le vittime dell’Olocausto che si trova a Berlino. Tra le altre cose, Höcke ha aggiunto che la Germania dovrebbe “invertire a 180 gradi la politica della memoria” e iniziare a ricordare, piuttosto, le vittime tedesche della Seconda Guerra mondiale. Höcke si è così fatto promotore del paradigma secondo cui il legittimo ricordo delle vittime tedesche della Seconda Guerra mondiale si possa unicamente esercitare con forme di negazione della colpa nazionalsocialista e con una palese relativizzazione della Shoah e dei crimini nazisti. Si tratta di un paradigma che reimposta l’idea di una Germania nemica delle proprie vittime, secondo uno schema diametralmente opposto allo spirito democratico su cui è nata la Bundesrepublik contemporanea.
Le dichiarazioni del politico di AfD hanno sollevato durissime polemiche e almeno due membri del Parlamento tedesco hanno pubblicamente definito Höcke “un nazista” – un’accusa che in Germania non viene mai lanciata a cuor leggero. Anche all’interno di Alternative für Deutschland ci sono stati dei malumori, a partire da quello della Segretaria Petry, che ha definito il compagno di partito un distruttore del “volto democratico” di AfD. Dentro alla formazione, si è anche ipotizzata un’espulsione del Segretario della Turingia. Espulsione che, però, come prevedibile, non c’è stata. Il motivo è presto detto: Höcke è anche uno dei leader della corrente di destra interna all’AfD, denominata “Der Flügel”. Una corrente solida e forte, che porta molti voti al partito, perché radicata a una specifica realtà politica, vale a dire quell’etnonazionalismo ispirato ai concetti teutonici di “Blut und Boden” (“sangue e terra”), concetti di cui è pregna l’area post-völkisch dell’ultra-destra tedesca. Una galassia in cui l’antisemitismo è storicamente, visceralmente, necessariamente e strutturalmente presente, anche quando non ci sono teste rasate e non viene pubblicamente sventolata una simil-svastica.
Sono stati gli animatori politici di “Der Flügel”, più di tutti, ad aver dato forma alle martellanti campagne anti-Merkel e all’incessante proposta di un potere politico totalmente altro da quello attuale. Se si considera che la Repubblica Federale tedesca è il frutto post-bellico del rifiuto assoluto del nazionalsocialismo, si può immaginare come un progetto politico totalmente altro sia impostato su un rapporto differente con i crimini del passato – con tutto quello che ne consegue.
La preoccupazione della comunità ebraica in Germania
Insomma, una buona fetta dei populisti tedeschi sembra ben poco allineata con il rebranding democratico dell’attuale leadership, incluso quello che può essere definito un restyling filo-israeliano.
Certo, non solo la leadership, ma anche l’anima più movimentista del partito ha dato vita a tentativi di avvicinamento alle comunità ebraiche o alle associazioni filo-israeliane. Lo dimostra la comparsa, frutto di manifestazioni individuali o minoritarie, di bandiere israeliane ai rally del movimento anti-islamico Pegida, oppure l’aperto supporto per Israele di alcuni siti di riferimento dell’area AfD. Si tratta di iniziative che cercano approvazione in chi, nella comunità ebraica tedesca, teme le forme di antisemitismo presenti nelle culture d’origine dei migranti mediorientali e nordafricani.
Iniziative che, però, sono sempre state rispedite al mittente da parte del Consiglio Centrale degli Ebrei in Germania. Fin dall’inizio, infatti, il Consiglio ha pubblicamente osteggiato l’avanzata della nuova destra identitaria, esprimendo più volte sostegno alle comunità musulmane tedesche. Non solo. Secondo il Presidente dell’organo, Josef Schuster, sono in aumento gli ebrei che si sentono insicuri in Germania a causa delle possibili conseguenze della crescente lacerazione sociale nel Paese. Lacerazione che, dice Schuster, ha nei populisti i principali attori e propulsori politici, mentre le recenti dichiarazioni revisioniste di Björn Höcke vengono lette dal Presidente dell’organizzazione ebraica come la chiara dimostrazione del “vero volto di AfD”. Dello stesso avviso è uno dei più noti difensori della causa israeliana in Germania, l’ex Ambasciatore israeliano a Berlino, Shimon Stein. Il diplomatico ha decisamente criticato i tentativi di AfD di creare legami con i politici del suo Paese e ha dichiarato che le posizioni filo-israeliane dei populisti vengano usate strumentalmente, per mimetizzare un progetto politico tanto razzista quanto antisemita.
Un cortocircuito europeo
Da tempo, c’è chi sostiene che l’anti-sionismo non implichi obbligatoriamente l’antisemitismo. Negli ultimi due anni, Alternative für Deutschland è riuscita a creare qualcosa di addirittura opposto: sviluppare posizioni geopoliticamente filo-israeliane, ma appoggiate su radici riconoscibilmente antisemite. Una contraddizione così radicale da essere sostanzialmente insanabile.
Il tema dell’antisemitismo nel populismo europeo può essere visto come una spia di un’esplosiva eterogeneità all’interno delle nuove destre, in cui una comunicazione pubblica in nome della difesa delle libertà secolari dall’attacco dell’islamismo radicale va ad ancorarsi a una dottrina identitaria che con le libertà secolari ha un rapporto similmente negativo.
Si può notare come queste contraddizioni si siano anche sviluppate in uno scenario di debolezza del laicismo europeo di fronte all’islamismo radicale. Una debolezza che ha permesso alle destre populiste di utilizzare l’anti-islamismo come testa d’ariete per riportare nel discorso politico la propria originaria matrice ideologica.
Proprio nei giorni dell’incontro delle destre populiste europee a Coblenza, si è riacceso il dibattito sulle posizioni di Alternative für Deutschland in merito allo Stato di Israele e ai rapporti con le comunità ebraiche. L’intenzione dei vertici del partito è quella di accreditare AfD come una forza amica di Israele, ma tra i populisti continua a riemergere la tradizionale cultura della destra ultraconservatrice tedesca, incluso il più classico antisemitismo.
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