Gli iscritti della Spd danno il via libera al quarto esecutivo Merkel. E il partito conquista pure il cruciale dicastero delle finanze, generando aspettative per una svolta anti-austerity ed europeista. Niente affatto scontata. E anche il centrismo merkeliano è a rischio
Berlino – Mentre l’Italia è scossa da un terremoto elettorale che dà inizio a un periodo d’incertezza politica, in Germania la situazione si è sbloccata. Non è stato facile: i tedeschi hanno votato il loro parlamento più di 5 mesi fa, ma il via libera ufficiale a un quarto governo Merkel è arrivato solo ieri mattina. Il passaggio decisivo è stata l’approvazione della Grande Coalizione da parte dei 463 mila iscritti al partito socialdemocratico. La nuova Grosse Koalition (GroKo) è stata approvata con il 66,02% dei Sì contro il 33,98% dei No.
Angela Merkel entrerà in carica il prossimo 14 marzo, aprendo l’era del suo quarto mandato consecutivo.
Il percorso verso l’esecutivo Merkel IV è stato però tortuoso e lascerà il segno sulla politica tedesca. La Spd ha vissuto uno psicodramma lungo mesi, iniziato con il peggior risultato elettorale dal 1949 a oggi: il 20,5% dei voti. Lo scorso 24 settembre, giorno delle elezioni, la prima intenzione di Martin Schulz era stata quella di andare all’opposizione, cercando di recuperare da là il proprio profilo politico. Ma dopo il clamoroso fallimento delle trattative per il governo “Jamaika” (un’inedita coalizione Cdu-Csu più Liberali e Verdi), a novembre i socialdemocratici si sono trovati costretti a scegliere tra la strategia di partito e la responsabilità istituzionale.
Una rumorosa minoranza della Spd, soprattutto rappresentata dall’ala giovanile degli Jusos, si è opposta con fermezza a una nuova partecipazione al governo. Per settimane, l’eventuale approvazione della GroKo è rimasta un’incognita. A inizio febbraio, poche ore dopo aver finalizzato il potenziale programma dell’esecutivo Merkel IV, è stato il Segretario Martin Schulz a fare un doppio passo indietro: prima dalla guida del partito, lasciata alla combattiva Andrea Nahles, e poi anche dall’ipotetico posto al ministero degli Esteri, una posizione a cui Schulz ambiva particolarmente, in nome della sua personale fede europeista.
Un governo (formalmente) molto socialdemocratico
Il sacrificio di Schulz non è stato forse decisivo per l’approvazione della GroKo, ma ha certamente blindato il risultato. L’ex presidente del parlamento europeo, a ben vedere, ha assunto un ruolo da capro espiatorio, nonostante il suo lavoro nelle trattative con la Cdu-Csu abbia dimostrato una certa abilità strategica. Agitando davanti a Merkel lo spauracchio di una bocciatura interna della GroKo, infatti, la Spd è riuscita ad aggiudicarsi ministeri chiave nel prossimo governo, portando a casa più di quello che era riuscita a conquistarsi nella grande coalizione del 2013.
Oltre a mantenere ministeri di primo piano come gli Esteri e il Lavoro, i socialdemocratici accederanno anche al cruciale dicastero delle finanze, che nella scorsa legislatura è stato il feudo intoccabile di Wolfgang Schäuble, probabilmente il più noto sostenitore del rigore e dell’austerity in Europa. Nel governo Merkel IV le finanze andranno nelle mani di Olaf Scholz, ambizioso ex sindaco di Amburgo e, anche, futuro Vice Cancelliere.
La speranza che questa sia una svolta in senso europeista è alta, non solo presso il più grande supporter estero della GroKo, il presidente francese Emmanuel Macron. Poche ore dopo l’approvazione del nuovo governo, infatti, anche il premier greco Alexis Tsipras ha subito chiamato Scholz, per congratularsi con lui ed esprimere la speranza che il suo ruolo sia decisivo «nel dare nuova forma alla politica tedesca in Europa, in direzione della crescita inclusiva e in opposizione all’austerity».
Tuttavia, se è vero che Scholz non è Schäuble, va ugualmente considerato che il nuovo Vizekanzler rimane un politico di formazione schroederiana, pragmaticamente liberale e improntato alla realpolitik dell’interesse nazionale tedesco (un indirizzo su cui potrebbe trovarsi molto in sintonia con il nuovo ministro dell’Economia, il cristiano-democratico Peter Altmaier, fedelissimo della Cancelliera). Non solo, malgrado il governo Merkel IV si presenti con una politica fiscale tendenzialmente espansiva, Scholz subirà una pressione considerevole per rispettare il dogma del pareggio di bilancio. Basti considerare che l’IW – Institut der deutschen Wirtschaft di Colonia, uno dei più autorevoli centri di ricerca economica del Paese, ha già criticato il programma del nuovo esecutivo, mettendone apertamente in dubbio l’effettiva capacità di non andare in rosso nei prossimi 4 anni.
Le speranze degli europeisti più appassionati, inoltre, potrebbero essere anche deluse dal prossimo ministro degli Esteri in quota Spd. Per certi versi, il primo colpo al nuovo corso europeista tedesco è già avvenuto proprio con l’estromissione di Martin Schulz. Qualunque sostituto proporranno i socialdemocratici all’Auswärtiges Amt, infatti, sarà difficile trovare qualcuno più convintamente filo-Ue dell’ex presidente del parlamento europeo. Del resto, non è da escludere che l’esclusione di Schulz dal governo Merkel IV non sia solo stata il frutto di dinamiche interne al partito, ma che rispecchi anche un’insofferenza generale verso un europeismo considerato troppo massimalista dalle parti di Berlino.
Al momento, i socialdemocratici più papabili per il ministero degli Esteri sono il ministro uscente Sigmar Gabriel, popolare in patria ma molto lontano dalla leadership del proprio partito, la ex ministro della Famiglia Katarina Barley e il ministro uscente della Giustizia Heiko Maas, oltre a un paio di nomi completamente nuovi. Guardando il programma della GroKo, ad ogni modo, il prossimo ministro degli Esteri determinerà gran parte della politica europea e internazionale nel tempo, passo dopo passo, probabilmente all’interno di quella tendenza al bilateralismo che sta ridefinendo i rapporti intra-europei (a partire da quello centrale franco-tedesco).
Il programma di governo, infatti, pur aprendosi con altisonanti richiami all’Europa, resta poco chiaro nei dettagli. Nel testo sono presenti l’impegno per la stabilizzazione finanziaria dell’eurozona, la trasformazione dello Sme in un fondo monetario europeo e, anche, un generico maggiore impegno economico tedesco per l’Unione europea. Premesse che possono potenzialmente svilupparsi in direzione europeista, ma che non assicurano ancora niente di particolarmente concreto.
Quanto durerà ancora il centrismo merkeliano?
Non stupisce che, di fronte all’attuale incertezza geoeconomica e geopolitica, la proverbiale cautela del merkelismo rimandi molti punti decisivi alla mera prassi governativa. Una cosa è certa: la Cancelliera non aveva mai iniziato un mandato in condizioni più difficili, al di là di quello che può essere il suo consenso personale nel Paese. La GroKo del 2013 partiva da un capitale elettorale del 67%, il prossimo Merkel IV può contare solo sul 53% dei voti (una percentuale che scende addirittura sotto alla maggioranza assoluta se si considerano gli attuali sondaggi).
L’estremismo di centro della Kanzlerin è stato a lungo un metodo di governo vincente, in anni in cui la Germania è cresciuta senza sosta, nonostante la peggiore crisi dell’Unione europea. Ma, oggi, malgrado il persistere di una congiuntura economica più che favorevole, per Merkel diventa difficile gestire posizioni interne che sono sempre più contrastanti tra di loro, ad esempio su questioni strutturali come la giustizia sociale, il mercato del lavoro, la produttività, l’immigrazione, le pensioni, il diritto alla salute, la crisi demografica e, anche, i rapporti con i partner europei.
La dottrina tedesca della “Führung aus der Mitte” (guida dal centro) può essere vista sia come metodo di governo nazionale sia come ipotesi di egemonia geopolitica non invasiva. Con l’ennesima Grosse Koalition, Angela Merkel cercherà di mantenere la Germania fedele a questa prospettiva. Sempre che il governo Merkel IV riesca a durare un’intera legislatura.
@lorenzomonfreg
Gli iscritti della Spd danno il via libera al quarto esecutivo Merkel. E il partito conquista pure il cruciale dicastero delle finanze, generando aspettative per una svolta anti-austerity ed europeista. Niente affatto scontata. E anche il centrismo merkeliano è a rischio