Da quando AfD è entrato nel Bundestag, gli altri partiti hanno rifiutato ogni forma di collaborazione. Questo isolamento potrebbe ora concludersi e tra un anno AfD potrebbe affermarsi come primo partito in Turingia
Era il 6 febbraio 2013 quando, a pochi chilometri da Francoforte, un gruppo formato in gran parte da professori, economisti ed esponenti con un passato nella CDU di Angela Merkel lanciava il nuovo partito Alternative für Deutschland, Alternativa per la Germania. Da quel momento sono passati dieci anni, durante i quali la formazione — solitamente abbreviata come AfD — ha senza ombra di dubbio segnato la politica tedesca.
Se si pensa ad AfD, è immediata l’associazione con l’ultra destra: d’altronde, tra i suoi membri abbondano le posizioni razziste, omofobe e addirittura nostalgiche del nazismo, ed una parte del partito è stata addirittura messa sotto osservazione dai servizi segreti, in quanto accusata di estremismo di destra. Non è sempre stato così, però. Al momento della sua formazione, AfD si caratterizzava piuttosto per le sue idee euroscettiche e per l’insofferenza verso gli aiuti forniti ai Paesi europei più deboli e, in quegli anni, in odore di fallimento, come Grecia e Italia. Lo spostamento verso posizioni nazionaliste e identitarie è però iniziato subito ed è stato inarrestabile. Come scrive il collettivo giornalistico Kater, che si occupa di Germania, la radicalizzazione si è vista con il progressivo cambio di guida nella formazione: uno dopo l’altro, i leader iniziali hanno cercato senza successo di contenere l’avanzata dell’ala più estrema del partito, finendo poi per essere sconfitti ed abbandonare AfD.
La crisi migratoria del 2015 e la decisione della Germania di accogliere oltre un milione di richiedenti asilo hanno rappresentato poi un deciso punto di svolta, per lo spostamento a destra del partito ma anche per le sue ambizioni. AfD ha infatti da subito sfruttato la paura e la rabbia di una parte della popolazione che, soprattutto nell’Est del Paese, si era schierata contro l’arrivo dei profughi. Posizionandosi apertamente contro l’immigrazione e mostrandosi vicino a movimenti razzisti come Pegida, il partito ha fatto un balzo nei sondaggi: in breve tempo, è passato dall’essere stabilmente sotto la soglia di sbarramento del 5% a superare la doppia cifra, arrivando ad essere uno dei primi partiti nei Länder orientali.
Da quel momento, Alternative für Deutschland si è caratterizzata per essere un partito delle crisi. In ogni momento di stabilità, il suo gradimento ha infatti subito una flessione, tanto da far pensare alla possibilità che il partito perdesse rilevanza. Ma ogni calo è stato seguito da una crisi, che ha riportato la formazione a riacquistare i punti persi in precedenza: è successo con la pandemia, durante la quale AfD ha intercettato i voti della popolazione negazionista, e con l’invasione russa dell’Ucraina, che ha avvicinato al partito gli elettori meno convinti del sostegno a Kiev. In questi anni, infatti, l’estrema destra ha mostrato più volte la propria vicinanza a Mosca, tanto che negli ultimi giorni sembra che uno dei suoi parlamentari si sia recato segretamente in visita in Bielorussia, come denunciato dal media tedesco CORRECTIV.
A partire da quando AfD è entrata a far parte del Bundestag tedesco, tutti gli altri partiti si sono trovati d’accordo nel rifiutare ogni tipo di collaborazione con la formazione: impossibile avere obiettivi comuni o addirittura creare coalizioni con l’ultra destra. Attorno ad AfD si è quindi creato una sorta di cordone sanitario, non solo a livello federale ma anche nei singoli Länder, che ha impedito al partito di governare. L’accordo ha retto fino ad ora, nonostante non siano mancati i dubbi e le polemiche sull’opportunità di questa scelta, soprattutto da parte del partito di centrodestra della CDU. L’episodio più controverso risale al 2020, quando il conservatore Thomas Kemmerich è stato eletto ministro presidente in Turingia, con l’appoggio decisivo dell’estrema destra: dopo alcune ore di crisi, il partito ha scelto di fare un passo indietro e rinunciare all’alleanza, ma questo non è bastato per evitare le dimissioni della sua leader Annegret Kramp-Karrenbauer.
Molti osservatori, tuttavia, si chiedono ora quanto questa emarginazione potrà ancora durare. AfD ha infatti dimostrato di essere destinato a durare nella scena politica tedesca. Inoltre, con la coalizione tra Socialdemocratici, Verdi e Liberali al governo, la CDU si ritrova ad essere isolata all’opposizione, e quindi naturalmente portata a valutare la possibilità di un’apertura verso la destra. Infine, tra un anno si terranno le elezioni in Turingia, Land in cui AfD potrebbe affermarsi come primo partito: a quel punto, un cambio radicale dello scenario politico non sarebbe improbabile.