Settantuno pagine, fitte di dettagli, numeri e testimonianze, per raccontare il nuovo scandalo che scuote l’Unione Africana e, in particolar modo, i suoi “caschi verdi”, i soldati impiegati nella missione di pace AMISOM in Somalia.

Secondo il report pubblicato pochi giorni fa da Human Rights Watch e presentato all’Hotel Panari di Nairobi, i “caschi verdi” avrebbero commesso pesanti abusi contro le donne, stuprandole e pagando giovani adolescenti in cambio di prestazioni sessuali.
Secondo HRW i responsabili degli stupri e delle violenze sarebbero da ricercare tra i soldati ugandesi e quelli burundesi. La maggior parte degli abusi sarebbero avvenuti nella grande base militare che comprende il porto e l’aeroporto di Mogadiscio e dove ha sede il quartier generale di AMISOM.
I soldati dell’Unione Africana, con l’appoggio di intermediari somali, avrebbero usato diverse tattiche, inclusi gli aiuti umanitari, per abusare di donne e ragazze vulnerabili.
I vertici dell’Unione Africana hanno affermato che sarà aperta un’indagine e che i responsabili, se giudicati colpevoli, verranno puniti. Ma le parole dei vertici dell’Unione Africana sembrano più frasi fatte che una reale e dura presa di posizione.
Finora l’impunità dei soldati l’ha fatta da padrone, con numerosi altri casi di violenze e abusi sessuali finiti nel dimenticatoio. La risposta dell’Unione Africana, per essere credibile, e per provare a mettere un freno a queste violenze, dev’essere forte, decisa ed esemplare. Solo così si può pensare di stoppare delle violenze che da troppo tempo sono coperti, o derubricati ad incidenti, dai vertici militari.
Anche perché, ed è bene ricordarlo, i soldati dell’Unione Africana hanno tutto da perdere: sono già stati vittime di attentati da parte di Al Shaabab e perdere l’appoggio della popolazione civile, in un’area così critica, potrebbe voler dire aumentare, e di molto, le difficoltà della loro missione.
Settantuno pagine, fitte di dettagli, numeri e testimonianze, per raccontare il nuovo scandalo che scuote l’Unione Africana e, in particolar modo, i suoi “caschi verdi”, i soldati impiegati nella missione di pace AMISOM in Somalia.