Arvind Kejriwal è il leader di Aam Aadmi Party, che significa “partito dell’uomo comune”. Nomen omen, Kejriwal si è sempre impegnato a mostrare la figura di un politico vicino alla gente comune, vicinissimo. Ma qualcosa, ultimamente, è andato storto.

Ad urne aperte la campagna elettorale continua ad impazzare e quella più divertente è di certo messa in scena dal team di Aap, impegnato in un road tour sfiancante alla ricerca di voti da rosicchiare a Bjp e Congress. Nelle ultime tappe è però tornata in voga la mania dello “schiaffone”, ovvero durante i bagni di folla di Kejriwal o compagni di partito – rigorosamente tenuti senza un servizio d’ordine ufficiale, per rimarcare la differenza tra la gente e i vip che si fanno proteggere dalla polizia – qualcuno riesce ad arrivare in prima fila, stringere la mano al politico di turno, a volte adornarlo con una ghirlanda e poi fa partire il ceffone.
Sulla tradizione indiana di iniziare una rissa a sberle si potrebbe scrivere un simpatico pamphlet illustrativo diviso in sezioni specifiche:
– Urla e avvicinamento all’avversario, con formazione di capannello di curiosi
– Minacce di violenza con sottinteso “ringrazia che c’è qualcuno che mi tiene”, anche se quel qualcuno all’inizio non c’è mai
– Gara di riflessi tra i due per la mano più veloce
– Lancio del ceffone, espressione stupita e interdetta della vittima, attesa, secondo ceffone
– Rissa, intervento del capannello, dispersione degli astanti
Tornando a Kejriwal, il leader di Aap ha collezionato ceffoni in Haryana, a Varanasi e, recentemente, qui a Delhi, quando un guidatore di riksha – base elettorale pesantemente schierata coi “grillini indiani” alle ultime elezioni locali – si è avvicinato al palchetto di Aap, ha stretto la mano al candidato premier e poi ha fatto partire lo schiaffo, inghiottito immediatamente dalla folla dei pro Aap.
I giornali si sono occupati diffusamente del fatto, soprattutto dando rilevanza alla reazione gandhiana di Kejriwal che oggi si è presentato a casa dello schiaffeggiatore per “perdonarlo”, dopo aver commentato a caldo sostenendo che la sequela di sberle pan indiane faceva parte di un più grande “complotto” per screditare il partito, siccome gli altri esponenti politici non vengono presi a sberle.
Risultato: le foto di Kejriwal che porta un bouquet di fiori al rikshawalla frustrato – arrabbiato poiché Aap non avrebbe mantenuto le promesse fatte ai guidatori di riksha nella capitale – campeggiano su tutte le homepage dei quotidiani nazionali, a corredare la professione di fede del fu aggressore, che ora considera Kejriwal “come un Dio”.
L’ilarità del tutto nasconde però un problema reale: per la legge dei grandi numeri, la probabilità di trovare un folle che non si limiti a schiaffeggiare Kejriwal aumenta ogni giorno, alimentata anche dallo spirito di emulazione. Insomma, c’è da ridere ma non troppo, come mostra questa collezione di sberloni ad Aap.
Arvind Kejriwal è il leader di Aam Aadmi Party, che significa “partito dell’uomo comune”. Nomen omen, Kejriwal si è sempre impegnato a mostrare la figura di un politico vicino alla gente comune, vicinissimo. Ma qualcosa, ultimamente, è andato storto.