Per rafforzare le proprie capacità operative nell’estremo nord, gli Stati Uniti stanno investendo nel potenziamento infrastrutturale e nell’addestramento al combattimento. E anche Mosca, da anni, sta aumentando la sua presenza militare
Un mese fa Oleg Matveychev, membro della Duma di stato, la camera bassa del Parlamento russo, ha detto che l’Alaska dovrebbe tornare sotto il controllo della Russia (gli americani la acquistarono nel 1867) come risarcimento per il danno economico inflitto dagli Stati Uniti con le sanzioni. È una proposta irrealizzabile, ma racconta una cosa: l’importanza dell’Artico nel nuovo contesto di competizione tra le potenze.
A causa del riscaldamento globale, che scioglie il ghiaccio e libera giacimenti di risorse e vie di navigazione, il Grande Nord si è infatti guadagnato l’interesse dei Governi, da quelli costieri a quelli più distanti. Oltre alle opportunità per il commercio, il turismo, la pesca e l’estrazione di minerali e idrocarburi, l’Artico sta anche creando, per le nazioni che vi si affacciano, nuove frontiere marittime e nuove necessità di protezione dalle minacce militari.
Lo stretto di Bering e la libertà di navigazione
A dividere la Russia dagli Stati Uniti è lo stretto di Bering, con una distanza tra le due terreferme di una novantina di chilometri appena. Non è allora un caso se l’Alaska – come raccontava il New York Times – sia già uno degli stati più militarizzati d’America: oltre a ospitare diverse strutture del sistema di difesa missilistica nazionale, ci sono oltre ventimila soldati in servizio attivo assegnati alle basi di Eielson e Fort Wainwright (vicino la città di Fairbanks), di Elmendorf-Richardson (ad Anchorage) e di Kodiak (sull’omonima isola).
Al di là di qualche bislacca dichiarazione, non esiste il rischio concreto che la Russia attacchi gli Stati Uniti per annettere l’Alaska. È vero però che Mosca, da anni, sta aumentando la sua presenza militare nell’Artico e compiendo manovre aggressive: due anni fa tenne delle esercitazioni nel mare di Bering e ordinò a due pescherecci americani di liberare l’area, anche se si trovavano in acque statunitensi; ha più volte inviato aerei da guerra al limite dello spazio aereo di Washington.
Potrebbero nascere delle crisi per delle rivendicazioni territoriali, o per lo sfruttamento di riserve energetiche. La Russia ha intenzione di controllare la Rotta del Mare del Nord, una via commerciale che costeggia l’Artico russo e che potrebbe velocizzare il trasporto delle merci tra l’Asia e l’Europa. Gli americani si oppongono alle pretese russe di restringere a suo piacimento il passaggio delle navi per la rotta: la difesa della libertà di navigazione è uno dei princìpi della politica estera di Washington, che applica sia nei confronti dei rivali (verso la Cina nel Mar Cinese meridionale, per esempio) che degli alleati (il Canada e il Passaggio a nord-ovest).
Il piano degli Stati Uniti per le capacità militari nell’Artico
Per rafforzare le proprie capacità operative nelle ostili condizioni dell’estremo nord – temperature bassissime, complessità di movimento e di rifornimento, difficoltà a tenere alto il morale delle truppe –, gli Stati Uniti stanno investendo nel potenziamento infrastrutturale e nell’addestramento al combattimento. Si redigono documenti strategici e si fanno esercitazioni: c’è bisogno di riequilibrare il know-how per un ecosistema radicalmente diverso da quello desertico delle guerre in Afghanistan e Iraq; capire come costruire rifugi d’emergenza, come muoversi nella neve e tra i ghiacci in maniera efficace, come riscaldare e lubrificare i motori dei mezzi nel freddo, come garantire la salute dei soldati.
Il Governo federale sta investendo centinaia di milioni di dollari per ampliare il porto di Nome, sulla costa occidentale dell’Alaska, e farne un hub in acque profonde capace di accogliere le navi della Marina destinate al circolo artico. La Guardia costiera dovrebbe schierare nell’area tre nuove rompighiaccio. L’Aeronautica, invece, manderà nello stato decine di caccia stealth F-35: ce ne saranno più qui che “in qualsiasi altro luogo del mondo”, dice.
Per rafforzare le proprie capacità operative nell’estremo nord, gli Stati Uniti stanno investendo nel potenziamento infrastrutturale e nell’addestramento al combattimento. E anche Mosca, da anni, sta aumentando la sua presenza militare