L’attivista di Greenpeace Priya Pillai (cittadina indiana) all’inizio di gennaio avrebbe dovuto partecipare a un’audizione parlamentare nel Regno Unito riguardante la difesa delle popolazioni tribali in India e del loro territorio. Arrivata in aeroporto, ha scoperto di essere sulla lista nera delle persone non autorizzate a lasciare il paese. Due giorni fa, in tribunale, il Ministero degli Esteri ha spiegato il perché. Nuova puntata della serie “grandi democrazie”.

Su questo blog avevamo già parlato del rapporto burrascoso che l’amministrazione Modi (come quella del Congress prima di lui) ha con l’operato delle Ong in India, specie se straniere. Il caso di Pillai, se possibile, rafforza la preoccupazione sullo stato attuale delle pratiche democratiche di un paese che si fregia del titolo di “democrazia più grande del mondo”.
Lo scorso 11 gennaio Priya Pillai è stata bloccata all’aeroporto di Delhi prima che potesse imbarcarsi sul suo volo diretto a Londra, dove avrebbe dovuto parlare al parlamento inglese della vicenda della foresta di Mahan, in Madhya Pradesh.
Individuata come fonte di carbone per una centrale energetica di prossima realizzazione (proprietà: Essar e Hidalco, a sua volta controllata dal gruppo indiano Birla), una porzione di foresta millenaria sarebbe dovuta essere rasa al suolo per realizzare un progetto energetico del valore di 3,2 miliardi di dollari.
Sul territorio, come spesso succede, ci vivono comunità tribali e contadine che da secoli vivono delle risorse ambientali locali e, secondo la legge indiana, il permesso di procedere alla realizzazione di progetti inftastrutturali può arrivare solo in seguito al voto popolare dei residenti, ai quali verrà promesso un indennizzo per cedere i propri terreni.
Secondo Reuters, Greenpeace in passato ha denunciato episodi di minacce e ricatti ai danni della popolazione locale da parte di sgherri e politici vicini alla joint venture energetica, raccontando di mazzette e alcool regalati a chi avesse sostenuto il progetto, promesse di ritorsioni a chi invece si fosse espresso contrariamente. Pillai, l’11 gennaio, avrebbe dovuto recarsi a Londra per raccontare queste cose, salvo scoprire di essere all’interno di una Lookout Circular (Loc), una lista emanata dai servizi segreti indiani a tutte le autorità aeroportuali del paese, contenente i nomi di persone da bloccare per motivi di “sicurezza nazionale”.
Pillai decide di interpellare la giustizia indiana e due giorni fa, sulla stampa locale, è emerso il documento che il Ministero degli Esteri presenterà oggi in tribunale per giustificare la scelta di fermare l’attivista in aeroporto. Una lunga versione quasi integrale del documento la potete leggere qui, sul The Hindu.
In sintesi, il governo indiano ha proceduto alla restrizione della libertà personale di Pillai – che aveva biglietto aereo e visto di sei mesi valido per il Regno Unito – in quanto l’attivista stava andando a deporre contro gli interessi indiani (leggi: del governo indiano) di fronte a un’istituzione straniera. Queste istituzioni (parlamento inglese, americano, europeo…) si servono delle testimonianze di attivisti indiani per stilare rapporti “prevenuti” sul rispetto dei diritti umani in India, diventando quindi uno strumento “dell’occidente” per intralciare la cavalcata indiana verso il progresso e un maggior peso a livello internazionale.
L’affidavit degli Esteri, incredibilmente, cita gli esempi recenti di sanzioni estese a Iran, Russia e Corea del Nord, evidenziandone il risultato di aver rallentato la crescità dei suddetti paesi e di averne minato “la felicità della popolazione”.
Ricapitolando: il governo indiano blocca alla frontiera un cittadino indiano in modo insindacabile, senza dare spiegazioni immediate, poiché non vuole che quel cittadino vada a raccontare all’estero cosa succede nei territori dove le criticità della campagna per il progresso nazionale emergono di fronte ai diritti dei residenti, inserendo queste attività all’interno di un’ipotesi di “complotto interanzionale” ordito per screditare l’India davanti al resto del mondo, portando come esempi le “vittime” Russia, Corea del Nord e Iran.
Va tutto bene.
@majunteo
L’attivista di Greenpeace Priya Pillai (cittadina indiana) all’inizio di gennaio avrebbe dovuto partecipare a un’audizione parlamentare nel Regno Unito riguardante la difesa delle popolazioni tribali in India e del loro territorio. Arrivata in aeroporto, ha scoperto di essere sulla lista nera delle persone non autorizzate a lasciare il paese. Due giorni fa, in tribunale, il Ministero degli Esteri ha spiegato il perché. Nuova puntata della serie “grandi democrazie”.