Da anni la destra radicale marcia per l’indipendenza. Ma ieri per il centenario la partecipazione era più ampia che mai. Il corteo ufficiale ha finito con unirsi a quello incendiario. E dopo aver promesso “tolleranza zero”, Il premier Morawiecki ha fatto finta di non vedere le croci uncinate
Varsavia – La Polonia ha celebrato i suoi cento anni d’indipendenza domenica 11 novembre ma lo ha fatto fra le polemiche e senza superare le proprie divisioni interne. Di fatto, quello che avrebbe dovuto essere un giorno per festeggiare una ricorrenza importante come il centesimo anniversario della conquista dell’indipendenza nazionale è stata una giornata tesa nella capitale. E, neppure in questa occasione, il governo polacco guidato da Diritto e Giustizia (PiS) ha saputo assumere una posizione netta prendendo le distanze da gruppi di nazionalisti razzisti e omofobi. Al contrario, domenica 11 novembre lungo le strade di Varsavia le più alte cariche dello Stato hanno sfilato a pochi metri di distanza da centinaia di bandiere di movimenti della destra radicale e neofascista.
È dal 2010 che tre formazioni dell’estrema destra polacca sfilano nel pieno centro di Varsavia in occasione dell’11 novembre. Una manifestazione nata come forma di protesta e prova di forza da parte di poche migliaia di nazionalisti razzisti e omofobi interessati soprattutto a scontrarsi con polizia, stranieri e antifascisti.
Tuttavia, dal 2015 in poi, alla Marsz Niepodległości (Marcia dell’Indipendenza) organizzata da Movimento Nazionale (Rn), Campo Radicale Nazionale (Onr) e Gioventù di tutta la Polonia (Mw) la partecipazione è cresciuta e si è allargata. Fra chi ha sfilato questa domenica 11 novembre accanto a bandiere di movimenti della destra radicale e croci uncinate c’erano famiglie, giovani coppie, suore e persino operai dei cantieri navali di Danzica.
Tuttavia, come accaduto nelle precedenti edizioni, gli organizzatori della manifestazione hanno invitato migliaia di esponenti di movimenti dell’estrema destra europea, anche se solo 400 di loro sono riusciti a raggiungere Varsavia, secondo il portale Wirtualna Polska. Folta e visibile la rappresentanza italiana di Forza Nuova, presenti anche bandiere e ospiti dell’ungherese Jobbik e del Partito Popolare Nostra Slovacchia oltre a esponenti di movimenti neofascisti spagnoli, francesi e svedesi. Un segno di rottura rispetto al passato è stato il rifiuto della Curia polacca a partecipare all’avvio della manifestazione che sarebbe dovuta cominciare con una messa per la madrepatria davanti alla sede del parlamento. Un diniego che non ha scoraggiato la componente ultracattolica dei manfestanti che ha esibito striscioni anti-abortisti con immagini di feti, l’effige di “Gesù Cristo re di Polonia” e celebrato una preghiera conclusiva dal palco accanto allo Stadio Nazionale.
Due manifestazioni per sfidare il divieto del sindaco
Mercoledì 7 novembre, il sindaco uscente di Varsavia, Hanna Gronkiewicz-Waltz – esponente del partito d’opposizione Piattaforma Civica (Po) che si è aggiudicato anche le ultime amministrative nella capitale – aveva vietato la Marsz Niepodległości per motivi di ordine pubblico. Immediato il ricorso degli organizzatori al tribunale distrettuale che, nel giro di 24 ore, ha ribaltato la decisione del primo cittadino autorizzando il corteo delle estreme destre. Nel frattempo, però, era già intervenuto il governo annunciando una manifestazione ufficiale “aperta a tutti i polacchi” per sostituire quella bandita dal sindaco e con la presenza del presidente Duda e del premier Morawiecki.
Una situazione caotica che si è protratta fino a domenica 11 novembre. In tarda mattinata si è svolta la consueta commemorazione ufficiale in piazza Piłsudski, con la presenza del presidente del Consiglio europeo ed ex premier polacco Donald Tusk e conclusa da un discorso del presidente della Repubblica, Andrzej Duda. Poco dopo, in due punti diversi di Varsavia sono cominciati un corteo anti-razzista e una dimostrazione in difesa della Costituzione, svoltesi entrambe in un clima pacifico e festoso. La preoccupazione dei varsaviani e del loro sindaco, tuttavia, era rivolta a Rondo Dmowski, da anni luogo di ritrovo della Marcia dell’Indipendenza.
Nel primo pomeriggio lungo la centrale via Jerozolimskie si notavano già due cortei, separati soltanto dalle barriere della linea tramviaria. Da un lato vi erano i partecipanti alla manifestazione governativa, compresi molti soldati, dall’altro quelli pronti a sfilare nell’evento organizzato dalla destra radicale con croci uncinate e bandiere di movimenti neofascisti in bella vista. Una scena paradossale nella foschia di un pomeriggio varsaviano resa ancora più fitta dal fumo prodotto da centinaia di bengala da stadio, illegali ma tollerati come ogni anno dalla polizia.
Il premier Morawiecki, che aveva assicurato tolleranza zero per simbologia neofascista o di estrema destra durante l’11 novembre, si trovava sul posto e ha fatto finta di nulla. Entrambi i gruppi hanno ascoltato le parole pronunciate dal presidente Duda che, parlando da un veicolo militare, si è augurato di «sfilare assieme sotto i nostri striscioni biancorossi in un’atmosfera gioiosa» e ha ricordato come «sotto la nostra bandiera c’è spazio per tutti. Dobbiamo essere uniti per la Polonia».
Alle 15 un primo corteo aperto dallo striscione “Per te, Polonia” sorretto da soldati e rappresentanti del governo è partito da Rondo Dmowski per attraversare la Vistola e raggiungere il piazzale antistante lo Stadio Nazionale. In prima fila il premier Morawiecki e il presidente di PiS, Jarosław Kaczyński. Assieme a loro, qualche migliaio di manifestanti intenti a sventolare bandiere polacche in quella che è stata la sfilata ufficiale bianco-rossa organizzata in fretta e furia dal governo. Meno di un’ora dopo e dal medesimo punto di partenza è iniziato il corteo – assai più affollato – organizzato dalle formazioni di estrema destra e aperto dallo striscione “Dio, onore e madrepatria”, motto dei nazionalisti polacchi.
«Avevamo capito che si sarebbe svolta una sola marcia, ma improvvisamente ne vediamo due. C’è qualcuno che le controlla? Noi ci stiamo occupando solo della marcia governativa-presidenziale che sfila accanto a questi simboli» ha commentato su Twitter il sindaco Gronkiewicz-Waltz postando una foto della manifestazione con un mare di bandiere verdi del Campo Radicale Nazionale.
Fra i 100mila e i 200mila partecipanti: qualche incidente
Nonostante la gioia auspicata dal presidente Duda, l’atmosfera del secondo corteo è stata tesa e rabbiosa, con petardi e slogan come “Pedofili e pederasti sono entusiasti dell’Ue”, “Chi vuole un negro se lo tenga a casa propria”, “Polonia non rossa né arcobaleno ma solo cattolica” e “Costituzione prostituzione” a romperne il silenzio. Il tutto contrassegnato dai bagliori rossi dei bengala e da striscioni come “Morte ai nemici della madrepatria”.
Tuttavia, molte delle scritte e dell’iconografia anti-rifugiati e anti-islamiche dell’edizione 2017 non si sono viste quest’anno e decine di migliaia di manifestanti si sono limitati a marciare sventolando bandiere polacche.
Fra gli episodi più violenti della Marsz Niepodległości 2018, ripresi dalle telecamere, si sono registrati l’aggressione del servizio d’ordine della marcia a un gruppo che durante il corteo ha tentato di srotolare uno striscione “Donne contro il fascismo” e il rogo di una bandiera dell’Ue rilanciato sui canali social della Gioventù di tutta la Polonia.
«Questa marcia si è svolta nonostante l’opposizione della sinistra, dei liberali e persino i tentativi del centrodestra di appropriarsene», ha detto a fine manifestazione il leader del Campo Radicale Nazionale, Tomasz Dorosz. E Robert Bąkiewicz, presidente del comitato organizzatore, ha paragonato l’evento a una «gigantesca messa papale», sostenendo che «l’Europa ha bisogno di una Polonia cattolica e forte».
Incerto il numero reale dei partecipanti. A cortei ancora in corso il ministro degli Interni Joachim Brudziński ha scritto su Twitter che «I polacchi che hanno risposto all’appello del presidente Duda e del premier Morawiecki partecipando alla manifestazione di oggi sono 200mila». Un messaggio significativo, perché ha omesso di specificare la presenza di due manifestazioni distinte: quella governativa e quella organizzata dalla destra radicale. Più generose le cifre comunicate ai media dagli organizzatori di quest’ultima che hanno parlato di 250mila persone presenti al loro corteo. Addirittura mezzo milione i partecipanti ipotizzati dal parlamentare di Kukiz ’15 ed ex fondatore della formazione di estrema destra Movimento Nazionale (Rn), Robert Winnicki, che ha definito la manifestazione la più grande in Polonia dal 1989. Centomila, invece, le presenze stimate dalle forze dell’ordine a fine giornata. Numeri che, se confermati, rappresenterebbero comunque un record per Marsz Niepodległości, superando i 60mila partecipanti dell’edizione 2017.
Su una cosa, tuttavia, si può concordare ed è che quest’anno l’11 novembre non ha accontentato nessuno, pur in assenza di incidenti drammatici o scontri. Il sindaco di Varsavia non è riuscita a scongiurare la presenza di migliaia di manifestanti dell’estrema destra nazionalista, omofoba e razzista alle celebrazioni per il centesimo anniversario dell’indipendenza. Il governo polacco guidato da Diritto e Giustizia (PiS) si è giocato la faccia sovrapponendosi in tono minore alla manifestazione organizzata dalle estreme destre e, di fatto, legittimandola ricalcandone il percorso. Infine nazionalisti e neofascisti locali hanno sfilato ugualmente ed esibito indisturbate i propri striscioni e vessilli ma lo hanno fatto accusando PiS di avere voluto oscurare il loro evento.
Alle otto di sera era già tutto finito. Mentre migliaia di manifestanti rincasavano con le loro bandiere arrotolate sulle spalle, volontari ripulivano le strade dalle bottiglie rotte e manipoli di ubriachi urlavano slogan omofobi e razzisti per le strade, fuochi d’artificio multicolori squarciavano il fumo prodotto dai bengala e rischiaravano il cielo sopra Varsavia. Almeno per una notte.
@LorenzoBerardi
Da anni la destra radicale marcia per l’indipendenza. Ma ieri per il centenario la partecipazione era più ampia che mai. Il corteo ufficiale ha finito con unirsi a quello incendiario. E dopo aver promesso “tolleranza zero”, Il premier Morawiecki ha fatto finta di non vedere le croci uncinate