Atene ha ottenuto solo incoraggiamenti e pochi spicci all’ultimo vertice Ue. E la pressione aumenta sulle isole egee, già sovraffollate. Gli sbarchi sono in ripresa, i trasferimenti pochi e l’accordo con Berlino prevede il ritorno dei migranti registrati in Grecia. E Orban chiede di più
Sono almeno due anni che la Grecia è stata scalzata dal ruolo di principale via di accesso per i migranti diretti in Europa. Dal 2015 a oggi, la portata dell’esodo ha subito un deciso ridimensionamento, spostando il baricentro verso ovest. Dopo il passaggio di 856.723 uomini, donne e bambini sull’Egeo nel 2015 e l’aprirsi di quella che ancora oggi chiamiamo “crisi”, per effetto dell’accordo tra Bruxelles e Ankara sulla gestione dei migranti (marzo 2016) i passaggi sull’Egeo si sono ridotti e l’attenzione è passata gradualmente sulla Via del Mediterraneo Centrale, diretta in Italia, principale accesso tra il 2016 e 2017. L’ultimo slittamento è emerso dai numeri degli arrivi di fine giugno, con la massima concentrazione – seppur di misura – sulla Spagna, così come spiegato pochi giorni fa da questa testata.
Madrid sembra dunque designata a sostituire l’Italia nel ruolo di testa di ponte per le migrazioni europee in partenza dal nord Africa. La svolta morbida del governo Sanchez è stata premiata dal plauso di parte degli altri leader europei, aggiungendo la Spagna al fronte dei “volenterosi”. Ruolo toccato gioco forza a Madrid vista la chiusura dei porti italiani ai barconi carichi di migranti in arrivo dalla Libia, disposta dal ministro dell’Interno Matteo Salvini. Sebbene alla Spagna tocchi la prima linea nel periodo di minor flusso – ma di massima disparità politica all’interno dell’Ue –, l’impressione è che l’apertura virtuosa di Sanchez abbia ridimensionato anche il ruolo del Paese, mai come ora vicino a Francia e Germania.
Ciò non vale per Atene, uscita dal vertice Ue con un ruolino aggiornato che la relega al compito di baluardo e di esempio dell’accoglienza europea, in cambio di robuste pacche sulle spalle. In realtà, oltre al plauso dell’Unione, si sono intravisti anche segnali concreti – si fa per dire – così come avvenuto all’indomani del vertice di Bruxelles di fine giugno, quando la Commissione Europea ha approvato un bonus d’emergenza di 45,6 milioni di euro a sostegno proprio di Spagna e Grecia.
Ad Atene spettano 20 milioni di euro, affidati a Unhcr che provvederà al miglioramento dei campi e delle strutture di accoglienza, in particolare sulle isole. Sia chiaro che si tratta di una cifra insignificante se rapportata ai costi reali dell’accoglienza, stimati nel 2015 in 1,6 miliardi di euro e all’epoca garantiti dalla stessa Commissione. Lo sanno a Bruxelles e lo sanno i politici e i cittadini greci, soprattutto quelli delle isole egee, di fatto abbandonati dagli altri Paesi dell’Unione – così come accaduto all’Italia – e costretti a sobbarcarsi l’onere dell’accoglienza senza reali prospettive di redistribuzione tra gli Stati membri.
Ecco che all’indomani del vertice di Bruxelles, il Primo Ministro greco Alexis Tsipras ha aggiunto sul piatto dei 20 milioni anche la conferma di prolungamento del regime di aliquota Iva ridotta per le cinque isole maggiormente interessate dagli arrivi: Lesbo, Samo, Chios, Kos e Leros. Dichiarazione criticata dagli amministratori delle isole egee convinti che la concessione sull’Iva sia la prova di un nuovo incremento del peso dell’accoglienza imposto alle isole, a partire dall’inaccettabile creazione di nuove strutture.
Il tutto in un momento segnato dalla netta ripresa dei passaggi. Secondo i dati del ministero dell’Interno, sulle isole egee si trovano ancora 17.771 persone tra migranti e richiedenti asilo, rispetto a una capacità di 6.338 persone. Lesbo si conferma il luogo più congestionato con 9.472 persone, segue Chios (2.054) Samo (3.887) Leros (1.054) Kos (1.199) e 114 in altre isole. Come ogni estate, il bilancio sulle isole è positivo, vale a dire che i nuovi arrivi superano i trasferimenti al continente, il tutto traducibile in un termine: sovraffollamento. Gli sbarchi infatti continuano, e come riporta UNHCR, nel primo semestre 2018 sono giunte in Grecia 13.717 persone, il 48% in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, 14.387 includendo la prima decade di luglio. Aumento più che sufficiente a intensificare la pressione sui campi del Dodecaneso, da cui nasce la percezione di abbandono e isolamento da tempo vissuta dai cittadini greci. Sensazione consolidata dall’intesa raggiunta durante il vertice di Bruxelles tra Tsipras e la cancelliera tedesca Angela Merkel, in base alla quale in futuro dovrebbe essere predisposto il rimpatrio dei migranti registrati in Grecia ma intercettati nei punti di transito sul confine tedesco.
L’accordo ha risposto almeno in parte alle richieste del ministro dell’Interno Horst Seehofer, leader del Unione Cristiano-Sociale in Baviera (Csu) e tassello cruciale del più debole governo mai guidato dalla Merkel. Ed è proprio Seehofer che ha recentemente incontrato il cancelliere austriaco Sebastian Kurz a Vienna per spiegare i dettagli della manovra sui flussi secondari pensata dal governo tedesco. Il leader dal Csu ha assicurato che «Né ora né in futuro renderemo l’Austria responsabile degli obblighi dell’Italia e della Grecia», annunciando la volontà condivisa assieme a Kurz di chiudere definitivamente i flussi di migranti in arrivo via Mediterraneo. Vale a dire che nelle aspettative di Seehofer, Atene dovrà farsi carico anche dei migranti e richiedenti asilo registrati in Grecia, ma giunti via Balcani in Germania.
La situazione potrebbe peggiorare ulteriormente. Sulla Grecia pende anche l’incognita del Primo Ministro ungherese Viktor Orbán, il quale la scorsa settimana durante un incontro con Angela Merkel a Berlino ha respinto in modo categorico la possibilità di potersi riprendere i migranti giunti in Germania via Ungheria. Dopo essersi eretto al ruolo di capitano della protezione dei confini tedesco e ungherese, Orbán ha espresso la volontà – condivisa da Sebastian Kurz e Christian Strache cui spetta la presidenza di turno del Consiglio dell’Unione – di trasferire tutti i nuovi migranti in arrivo in Grecia, inclusi quelli privi di documenti per i quali non è possibile dimostrare il Paese di primo ingresso. Sparata cui ha replicato il ministro alle Migrazioni ellenico, Dimitris Vitsas, accusando Orbán e Kurz di adottare un approccio fobico e assicurando che la Grecia non accetterà mai di trasformarsi in deposito di migranti.
@EmaConfortin
Atene ha ottenuto solo incoraggiamenti e pochi spicci all’ultimo vertice Ue. E la pressione aumenta sulle isole egee, già sovraffollate. Gli sbarchi sono in ripresa, i trasferimenti pochi e l’accordo con Berlino prevede il ritorno dei migranti registrati in Grecia. E Orban chiede di più