A Lesbo e Chio si scontrano manifestanti e polizia per la costruzione di nuovi centri di detenzione per migranti. L’idea di Mitsotakis non piace
In questi giorni nelle isole greche di Lesbo e di Chio sono scoppiate delle proteste contro la costruzione di nuovi centri di detenzione per migranti. La situazione è presto degenerata, con scontri tra manifestanti e agenti di polizia e lanci di pietre e gas lacrimogeni. La Commissione europea ha invitato le autorità greche alla moderazione nella risposta.
Verso la fine dello scorso novembre il Governo di Atene, guidato da Kyriakos Mitsotakis, di centrodestra, aveva annunciato l’intenzione di chiudere i campi profughi sulle isole greche di Lesbo, Lero, Chio, Cos e Samo per realizzare invece dei centri di detenzione. Le isole si trovano nel mar Egeo, vicino alle coste turche, e sono quindi centrali nelle rotte migratorie tra la Turchia e l’Europa.
Attualmente i campi profughi nelle cinque isole ospitano circa 36mila persone, in situazioni di grave sovraffollamento che complicano l’accesso al cibo e alle cure mediche. La condizione dei migranti viene spesso paragonata a un limbo: non possono cioè lasciare l’isola in cui si trovano e muoversi per l’Unione europea finché la loro domanda di protezione non sia stata esaminata. Ma il sistema greco – poco efficiente e congestionato dalle tante richieste – li costringe a dover aspettare anche diversi anni prima di ricevere una risposta.
Il Primo Ministro Mitsotakis, in carica da luglio, ha adottato da subito una linea molto dura e restrittiva sull’immigrazione: ha promesso ad esempio di deportare oltre 10mila persone prima della fine dell’anno, ha approvato una legge per complicare l’ottenimento dell’asilo e ha annunciato la costruzione di una barriera galleggiante vicino Lesbo per bloccare i barconi. Chiede inoltre all’Unione europea di contribuire maggiormente alla gestione dei flussi migratori.
Mitsotakis ritiene che l’apertura di centri di detenzione chiusi al posto dei campi profughi possa permettere alla Grecia di gestire la situazione con maggiore efficacia. La proposta ha però sollevato l’opposizione non solo degli attivisti per i diritti umani, ma anche degli abitanti delle isole, che temono che queste nuove strutture diventino permanenti e che si sentono abbandonati sia da Atene che da Bruxelles.
In questi giorni nelle isole greche di Lesbo e di Chio sono scoppiate delle proteste contro la costruzione di nuovi centri di detenzione per migranti. La situazione è presto degenerata, con scontri tra manifestanti e agenti di polizia e lanci di pietre e gas lacrimogeni. La Commissione europea ha invitato le autorità greche alla moderazione nella risposta.
Verso la fine dello scorso novembre il Governo di Atene, guidato da Kyriakos Mitsotakis, di centrodestra, aveva annunciato l’intenzione di chiudere i campi profughi sulle isole greche di Lesbo, Lero, Chio, Cos e Samo per realizzare invece dei centri di detenzione. Le isole si trovano nel mar Egeo, vicino alle coste turche, e sono quindi centrali nelle rotte migratorie tra la Turchia e l’Europa.
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