La infowar si sta svolgendo soprattutto sui social media. A Zelensky, in t-shirt verde su Instagram, risponde la propaganda russa su Telegram, che oltre a influenzare l’opinione pubblica russa punta anche a veicolare al mondo il progetto geopolitico di Putin
Tra l’Ucraina e la Russia si sta combattendo anche una guerra dell’informazione. È un tipo di guerra che ha una sua dimensione fisica, come dimostra l’abbattimento di una torre della televisione a Kiev e la decisione di SpaceX, l’azienda aerospaziale di Elon Musk, di dotare l’Ucraina dei dispositivi necessari alla connessione a Internet via satellite (fondamentale, nel caso in cui i russi dovessero limitare le comunicazioni tradizionali).
Ma la infowar si sta svolgendo soprattutto sui media. E se l’impressione generale è che la stia vincendo Volodymyr Zelensky, il Presidente ucraino, con i suoi video in maglietta verde su Instagram dove incoraggia i cittadini alla resistenza, bisogna ricordarsi di una cosa: l’apparato mediatico del Cremlino è forte e pervasivo, soprattutto in Russia, dove la popolazione ha un’opinione sulla guerra in corso pesantemente distorta dalla propaganda di regime.
Le parole della propaganda russa
A dirla tutta, “guerra” è una parola che nemmeno compare nella narrazione di Mosca. Gli organi di informazione di Stato – come ricostruito dal ricercatore Luca Lovisolo – utilizzano un altro termine, “operazione militare speciale”, che meglio si collega alla giustificazione data dal Cremlino per ordinare “l’invasione” (altra parola bandita): la necessità di liberare l’Ucraina dai nazisti che la governano (così dice Vladimir Putin, ma è una falsità). Non a caso, questi presunti nazisti – spiegava l’Economist – non vengono mai mostrati nei telegiornali; gli spettatori non ne conoscono il volto ma le loro azioni: torture, pestaggi, mutilazioni, ogni tipo di violenze.
La censura
Ne consegue che gran parte dei russi, informandosi attraverso la televisione e i quotidiani, non conosce la verità sulla guerra in Ucraina, ma solamente la versione che il Governo ha preparato per loro. Esistono sì delle emittenti e delle testate indipendenti, ma sono poche e il regime è intervenuto per censurarle: ci sono stati arresti di giornalisti, ad esempio di Novaja Gazeta; la stazione radio Echo di Mosca e il canale tv Dozhd/TV Rain sono stati bloccati.
Foreign Policy ha intervistato Alexey Kovalev, editor del giornale online Meduza: ha raccontato che, da quando è iniziato il conflitto in Ucraina, il traffico di utenti sul sito è aumentato, ma ha riconosciuto che i media ufficiali hanno una visibilità ben maggiore e raggiungono molte più persone.
Le proteste, la versione dei soldati e Anonymous
Le manifestazioni contro la guerra organizzate nei giorni scorsi in diverse parti della Russia, peraltro represse, e gli appelli alla pace da parte di personaggi famosi dimostrano che la propaganda e la censura non riescono a raggiungere ogni angolo dell’infosfera. Ma a protestare sono soprattutto i giovani e le élite acculturate, cioè coloro che hanno i mezzi per accedere ai media esteri e per comprenderli (è necessario conoscere l’inglese).
La realtà potrebbe aprire qualche altra breccia una volta che i soldati – o le loro salme – rientreranno in patria: stando alle ricostruzioni giornalistiche, anche di Novaja Gazeta, alcuni di loro pensavano di stare partecipando a un’esercitazione militare e non a una grande guerra contro l’Ucraina; le famiglie a casa credono lo stesso. Anche gli attacchi informatici compiuti dal gruppo di hacker Anonymous – rivolti anche verso le tv e i siti della stampa di Stato – potrebbero contribuire a indebolire la propaganda del Cremlino.
Il ruolo di Telegram
La propaganda russa sulla guerra in Ucraina non ha soltanto uno scopo difensivo, cioè controllare l’opinione pubblica nazionale, ma anche espansivo: serve, vale a dire, a influenzare le opinioni delle popolazioni estere, innanzitutto europee, e a conquistarne il favore, coerentemente con il progetto geopolitico di Putin.
L’applicazione di messaggistica Telegram, in particolare, viene sfruttata da Mosca come veicolo per la propria propaganda in tante lingue – russo, inglese, francese, spagnolo, italiano – attraverso canali dedicati. Oltre a quelli istituzionali, come RT e Sputnik, due dei più popolari sono “Donbass Insider” e “Bellum Acta”. Da Telegram, poi, la disinformazione pro-Russia si trasmette sugli altri social network, come Twitter o Facebook.