Chi ci è stato ne parla come un posto da sogno, anche da sogno lisergico. Chi non ci è stato, come chi scrive, la immagina dai racconti di altri, dai documentari, dalla musica e, ora, anche dalla guerra tra bande del narcotraffico locali contro i nigeriani.

La notizia è di una decina di giorni fa: un gruppo di ignoti ha ammazzato un cittadino nigeriano a Goa, un regolamento di conti tra bande. Si proietta quindi in una dimensione internazionale quello che chi ha un minimo di dimestichezza con le migrazioni stupefacenti di migliaia di giovani – dagli hippie in evoluzione continua fino ai new age e ai raver – conosceva già bene. A Goa, ex colonia portoghese, da almeno cinquant’anni ci si va per prendere il sole, fare il bagno e soprattutto lasciarsi alle spalle tutto quanto. Drogarsi, per raggiungere l’ultimo obiettivo, è un’opzione molto quotata.
L’aumento esponenziale di turismo del divertimento alternativo – facciamo i tromboni, chiamiamolo così – ha modificato radicalmente il tessuto sociale del luogo, con la nascita continua di luoghi e professionalità in grado di offrire quello che il turista va cercando.
Locali, club, discoteche, organizzazione di eventi, mercatini di paccottiglia freak e, inevitabilmente, spacciatori.
Se in tutti i campi di cui sopra il fatto di essere abitanti di Goa rappresenta un vantaggio – agganci burocratici, proprietà immobiliari, contatto con la comunità locale – recentemente per lo spaccio di cocaina le cose hanno preso una piega inaspettata, vedendo l’ascesa di una gang del narcotraffico nigeriana molto ben strutturata sul territorio.
Come scrive il Times of India, quotando un portavoce della polizia locale, i nigeriani si stanno mangiando il mercato del narcotraffico locale grazie a una struttura che offre cocaina quasi dal produttore al consumatore, abbattendo quindi i prezzi altrimenti destinati a gonfiarsi tra approvvigionamento della merce, mazzette alla polizia e ai politici, sistema di distribuzione in loco.
I nigeriani arrivano illegalmente in India con la cocaina, di qualità superiore a quella indiana, e la smerciano non curanti di tutte le regole non scritte di divisione delle zone e rispetto in vigore tra le organizzazioni criminali indiane. L’omicidio di Obado Uzoma Simeon era quindi un avvertimento: mettiamoci d’accordo e non pestiamoci i piedi.
Il caso ha spinto la comunità nigeriana locale a manifestare per le strade di Goa; in tutta risposta la polizia ha arrestato una cinquantina di nigeriani minacciando di rimpatriarli. Il confronto è deflagrato anche a livello diplomatico, con le autorità nigeriane preoccupate per l’incolumità degli oltre 40mila nigeriani residenti in India, preoccupazione speculare a quella indiana, considerando che in Nigeria, di indiani, ne vivono 800mila.
I potenziali problemi di ordine pubblico hanno fatto scattare l’allarme anche nella politica: il leader dell’opposizione locale oggi ha dichiarato alla stampa il proprio timore che Goa – governata dai nazionalisti del Bjp – possa fare la fine “del Messico o della Colombia”, ovvero cadere completamente nelle mani del narcotraffico.
Ricordo un passaggio illuminante di un bellissimo documentario su Goa (qui nell’unica versione completa disponibile online, in inglese sottotitolato in russo), dove l’allora chief minister della città si augurava una diminuzione del turismo alternativo con pochi soldi in tasca in favore di un incremento di turisti dai portafogli gonfi. Era il 2002 e le cose sembrano essere andate diversamente (ma guardatevi il documentario che è una meraviglia).
Chi ci è stato ne parla come un posto da sogno, anche da sogno lisergico. Chi non ci è stato, come chi scrive, la immagina dai racconti di altri, dai documentari, dalla musica e, ora, anche dalla guerra tra bande del narcotraffico locali contro i nigeriani.